VI. Amor iniquum est

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Nell'immagine: Scultura realizzata da Antonio Canova raffigurante Venere e Adone.

Era raro trovare Falco impreparato e distratto durante gli allenamenti, e il novellino lo sapeva meglio di chiunque altro. Per questo, quando capì che il campione non era con la testa nell'arena di prova, cercò di approfittarsi di quel piccolo vantaggio. Non poteva nulla contro la sua forza e la sua abilità, ma poteva giocare di astuzia.

Attaccò con la sua spada di legno, pensando stoltamente di riuscire a colpirlo, visto che non gli sembrava molto concentrato. Ma Falco aveva tanta più esperienza di lui e anche se effettivamente con la mente stava vagando altrove, intercettò il suo colpo qualche secondo prima che andasse affondo, lo schivò e con una spinta fece cadere il ragazzo a terra tra la polvere. La delusione di non essere riuscito a colpirlo neanche in un momento di debolezza fu tanta. Così tale che, non appena lo vide avvicinarsi con sguardo truce e pronto a punirlo per aver osato un tale gesto, tentò un colpo basso.

"Chi è la fanciulla che non smette di guardarti?" L'aveva notata ormai da svariati minuti, però non aveva detto nulla a Falco che, stando di spalle, non avrebbe potuto vederla. Aveva l'intuizione che quella frase sarebbe servita a farlo distrarre completamente dal combattimento. Ed infatti il campione, non attese neanche un istante, si voltò per guardare alle sue spalle gli spalti e scorgere se effettivamente il suo novellino avesse detto la verità. Nell'istante in cui ci mise ad osservare la folla, sperò vivamente che la fanciulla di cui parlava fosse Castria, e non una delle sue solito ammiratrici troppo insistenti. Ma se davvero lei era lì, di sicuro non sedeva tra le altre matrone pettegole, così voltò lo sguardo verso un angolo più lontano degli spalti.

E la trovò proprio lì, seduta ad un angolo con la sua amica lupa. Lo stava veramente osservando con decisione anche se, nell'istante in cui si accorse che Falco l'aveva scoperta, arrossì dall'imbarazzo. Gli piaceva quella sua natura un po' ambigua, sicura di sé ma allo stesso tempo anche timida. Le riservò un sorriso malizioso, un'istante prima di essere colpito al volto da un pugno ben assestato che lo confuse. Non tanto per il dolore, a cui era abituato, quanto perché non se lo era proprio aspettato. Chi aveva osato colpirlo? Quale folle aveva avuto il coraggio? Si voltò, con gli occhi inniettati di sangue e un'espressione che lasciava intendere che avrebbe elargito morte a chiunque lo aveva colpito.

La faccia strafottente e sorridente del ragazzino, contento per essere riuscito a sferrargli un pugno per la prima volta da quando aveva messo piede nell'accademia, lo fissava con un sorriso soddisfatto. Ciò lo fece innervosire anche di più. La rabbia per essere stato colpito da un novellino era solo mitigata un po' dall'ammirazione per il ragazzo, che aveva sfruttato la sua distrazione.

"Bravo, ti senti soddisfatto, ragazzino?" Solo l'idea che Castria aveva visto lo faceva imbufalire ancora di più, non poteva permettersi di passare per debole ai suoi occhi. Aveva un onore da salvaguarda e avrebbe impedito a quel piccoletto di renderlo ridicolo di fronte a tutti. Caricò il ragazzo con tutta la sua forza, colpendolo all'addome e prendendolo in contropiede. Il ragazzo, che era troppo intento a gioire per rendersi conto di cosa stava succedendo, cadde di nuovo a terra ma questa volta non fece neanche in tempo a rialzarsi perché vide Falco sovrastarlo dall'alto in basso. Aveva gli occhi spiritati e il suo atteggiamento non prometteva nulla di buono. Si gustò la sua espressione spaventata, con gli occhi sbarrati, mentre alzava la spada sulla testa, con uno slancio, per poi farla cadere e conficcare sul terreno a pochi centimetri dalla suo capo. In quei brevi istante, in cui il ragazzo credette davvero di essere colpito in pieno volto, il cuore gli saltò alla gola e sudò freddo. Per un attimo aveva visto la morte in faccia, e invece subito dopo Falco se ne era andato. Non rimase neanche vedere la faccia rassicurata del ragazzo, che tirava un lungo sospiro di sollievo, perché già si era voltato, pronto a raggiungere Castria. Ormai non c'era più nulla che gli importava oltre a quella ragazza che non smetteva di guardarlo. Alle sue spalle il novellino si tirò su a sedere, ancora un po' sconvolto per lo spavento subito, e lo sentì urlargli contro:
"E comunque il mio nome è Aimeric, no ragazzino!" Lo ignorò, come era solito fare, e a passo svelto attraversò l'arena.

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