Epilogo

3.5K 207 117
                                    

Tre anni dopo, Verona.

Il clangore delle spade che cozzavano l'una sull'altra ormai era un suono a cui Castria aveva fatto l'abitudine. Lei che non aveva mai sopportato la violenza e che si rifiutava di entrare in un'arena, si era ritrovata a vivere affianco ad una scuola di gladiatori, sposata ad un lanista. Ed era felice.

Affacciandosi alla finestra, dal piccolo balcone che dava proprio sull'arena di allenamento, poté vedere la schiena dritta e larga di Falco appoggiato ad una colonna che osservava i gladiatori sotto di lui.

Avendo vissuto in quel modo prima di loro, era l'unico in grado di poter comprendere cosa era meglio e cosa no e in poco tempo era diventato il lanista più abile, ma anche il più giusto.

Al suo servizio aveva voluto solo liberti, in grado di poter scegliere da soli il proprio destino, proprio perché sapeva che cosa significava essere schiavo. E per questo aveva offerto a Parmenione un lavoro come maestro.

L'uomo non era mai stato un gladiatore ma sapeva come combattere e sopravvivere e dopo averli aiutati a fuggire i rapporti con Longino si erano raffreddati. Falco quindi si era trovato in dovere di aiutarlo e poco dopo il loro arrivo a Verona, anche il liberto li aveva raggiunti, insieme a Eliona che ormai gestiva la casa.

Solo una schiava era presente all'interno della loro casa. Clielia infatti era troppo giovane e per legge non poteva essere affrancata, almeno non ancora.

La fanciulla era rimasta la serva personale di Castria e con il tempo era anche venuta a conoscenza della verità su Parmenione. All'inizio non aveva preso bene il fatto che fosse suo padre, ma con insistenza il liberto era riuscito ad entrare nel suo cuore.

Circondati solo da persone fidate, a cui Castria voleva molto bene e proprio per questo si sentiva al sicuro. Oltre al fatto che il suo uomo le avrebbe sempre garantito la felicità promessa.

Uscì sul balcone, con una missiva in mano, e andò incontro a suo marito, ancora troppo concentrato sugli allenamenti per notarla.

Solo quando fu al suo fianco lui si rese conto di non essere solo, si voltò e le regalò un sorriso dolce e amorevole. Si era fatta crescere un po' di barba, proprio perché quando era sotto alle direttive di Apollonio era costretto a rasarsi tutti i giorni. Non molta però, solo a coprirgli un po' il mento e quel tanto che bastava per pizzicare la pelle di Castria ogni volta che la stringeva a sé o la baciava.

"Abbiamo ricevuto una lettera, da mia madre", affermò lei con un sorriso comprensivo. Non appena lo disse l'espressione di Falco mutò e il suo sorriso scomparve.

Non era ancora riuscito a farai ben volere dai genitori di Castria, anche se Lucilla sembrava molto più propensa a chiudere un occhio sulla faccenda della fuga. Lei ancora scriveva alla figlia, e si era perfino detta aperta nel conoscere Falco.

Ma Longino non riusciva proprio a mandare giù il tradimento, non solo della figlia ma anche del suo braccio destro. Ed incolpava Falco di tutto.

Perciò poteva capire che suo marito non moriva dalla voglia di sentire che cosa stava succedendo a Roma. Ma lei comunque glielo disse.

"Mi ha raccontato di Quintilia e Rubilio", era felice e al settimo cielo ogni volta che leggeva le lettera della madre perché così poteva sapere come stavano i loro amici, e Falco non l'avrebbe privata di quella piccola gioia.

"Sono felici insieme e Rubilio è riuscito a trasformare Aimeric nel nuovo campione della scuola. Sembra che adesso si faccia chiamare Invictus", sapeva che parlare del suo maestro, e del novellino che aveva addestrato, avrebbe riacceso l'entusiasmo e la curiosità in Falco. 

Ave CaesarDove le storie prendono vita. Scoprilo ora