XXV. Ego nolo tibi

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"Mi avete fatto chiamare, padrone", esordì Aimeric entrato nell'ufficio di Apollonio, dritto nella postura e fissando un punto non ben definito dietro alla testa del suo dominus. Era sicuro che volesse parlare di Falco e la cosa lo aveva agitato non poco. Una parte di lui si era pentito di averle stipulato quell'accordo con lui ma poi alla fine sapeva che non avrebbe mai potuto rifiutarsi. E poi si era fatto promettere che non sarebbe successo niente al gladiatore e del padrone di fidava. Non perché fosse una persona tanto onesta, ma semplicemente perché Falco era il suo miglior combattente e non conveniva neanche a lui che morisse o che rimanesse invalido per sempre.

Eppure la voce della coscienza non riusciva a farlo stare in pace, neanche in presenza di Apollonio che, tutto sorridente, osservava per la prima veramente uno dei suoi ultimi acquisti. Sceglieva sempre accuratamente gli schiavi da allenare e doveva ammettere che aveva sempre fatto un gran bel lavoro. E il germanico che aveva davanti ne era una delle tante testimonianze.

"Ti ho chiamato, così presto, per avvisarti che oggi combatterai nell'arena per la prima volta... si tratta solo di un incontro di apertura, niente di veramente importante, ma tutti i più grandi idoli dell'arena hanno iniziato proprio così". Il ragazzo neanche lo stava più ascoltando, rimasto alla prima notizia, con un sorriso quasi ingenuo sul volto e la gioia di poter finalmente dimostrare quello che valeva.

Sperava di potersi fare bello davanti agli occhi degli altri gladiatori, del maestro, ma soprattutto di Falco che ancora non credeva abbastanza in lui. Gli avrebbe fatto capire che aveva torto, che lui aveva la stoffa per diventare un gladiatore perfino bravo quanto lui. E forse lo avrebbe visto come più di un ragazzo sbruffone ed impaziente. Erano solo fantasie, ma perché non sperare? Ed era così concentrato sui sogni di gloria che il padrone dovette richiamarlo più volte per attirare la sua attenzione.

Apollonio ne aveva visti tanti di aspiranti gladiatori passare nella sua scuola. Alcuni di loro aveva brillato, altri erano scomparsi nell'ombra. Ma poche volte aveva visto quello sguardo perso, tra le immagini della gloria e di riscatto. L'ultima volta era stato proprio Falco a dare lo stesso valore ad un semplice combattimento, ed ironia della sorte si ritrova di fronte proprio il suo allievo. Sapeva di poter usare quella sua fiducia, quella sua tenacia e quella sua voglia di diventare famoso a suo favore.

E per questo il suo sorriso si allargò ancora di più quando aggiunse: "Ma tu dovrai rispettare gli accordi". E l'espressione di pura gioia sfumò dal volto del ragazzo, proprio come era sopraggiunta. Apollonio gli stava dando l'opportunità di scegliere, non glielo stava imponendo, sapendo però che per un ragazzo come Aimeric alla fine non c'era molto scelta. Che cosa gli rimaneva se non il combattimento nell'arena? E come potesse vivere il resto dei suoi giorni sapendo di aver avuto l'opportunità di essere grande ed averla lasciata andare via?

In fin dei conti, nonostante gli stesse dando l'opportunità di tirarsi indietro, Aimeric sapeva che era solo un illusione. Nessuno schiavo, tanto meno lui, era libero di scegliere.

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