XII. Vita in forum

4.5K 211 57
                                    

Il forum* era un tripudio di cittadini romani, e non, provenienti da ogni estrazione sociale. Schiavi intenti a comprare per i loro padroni, matrone alla ricerca di un semplice passa tempo e commercianti desiderosi di vendere le loro merci al miglior prezzo. Il quadriportico, con le colonne in travertino finemente decorate, ospitava le varie botteghe, dove si metteva in mostra la merce di ogni genere. Al centro della piazza un grande altare sacrificale in marmo che fungeva solo da ornamento decorativo. Le voci si accavallano l'un l'altra, rendendo difficile carpire le singole conversazioni e creando un immenso caleidoscopio di toni, parole e accenti. Era come ascoltare un coro dove ogni voce cantava a sé, in totale disaccordo con il gruppo.

Gli odori, che si potevano percepire all'interno della piazza, erano altrettanto vari. Profumi costosi e dall'aroma di fiori, spezie appese ai portici in bella mostra, che al sole emanavano fragranze indescrivibili. Misti all'odore delle pietanze e dei prodotti che alcune botteghe vendevano. Diversi odori inconciliabili fra di loro, ma tutti accomunati da un'unica cosa. L'intensità, così forte da pungere il naso, della loro fragranza.

Falco era uscito altre volte dalla scuola di gladiatori, ma solo quando il suo dominus aveva necessità d'intimorire qualcuno. Lui, con la sola presenza incuteva terrore ai nemici di Apollonio, o ai suoi clientes. La maggior parte delle volte non c'era neanche bisogno di minacciare. Perciò, il gladiatore conosceva molto bene i vicoli bui e deserti della grande città, ma era poco abituato a camminare tra la calca e a vedere tutti quei colori e quella vivacità.

In un certo senso, quella folla affamata di vitalità e piena di ardore, agli occhi di Falco sembrava come gli spettatori nell'arena. Con l'unica differenza che se i primi si affannavano per comprare, i secondi lo faceva per vedere il sangue. Se c'era una cosa che aveva imparato, in tutti quegli anni da schiavo, dell'indole dei Romani è che facevano tutto, anche una cosa banale come comprare cibo con totale fervore. Vide una donna, una popolana, litigare con un commerciante furiosamente. Gridava, per farsi sentire da tutti, che l'aveva raggirata e le aveva dato una merce scadente. Strattonava l'uomo tirandolo per la tunica e lo prendeva a pugni sul petto ma lui non sembrava troppo sorpreso. Con gesti decisi la spintonava, cercando di tenerla lontana.

Gli altri non facevano caso a quella scena ma Falco, che non era abituato ad osservare una scena del genere, non riusciva a distogliere lo sguardo. Non sopportava la vista di una donna in difficoltà, che non riusciva a farsi valere soltanto perché più debole. La sua parte più virile avrebbe voluto intervenire in suo soccorso, ma la sua condizione di schiavo gli impediva anche di compiere buone azione. Strinse i pugni e cercò d'ignorare la scena, anche se la donna gridava sempre più forte. Fino a quando il mercante stanco dei continui attacchi, la spinse via con violenza. La donna rovinò a terra, in mezzo alla folla che solo in quel momento si era resa conto di quello che era successo ma che era già tornata ai propri impegni.

Falco si voltò verso la sua patrona, che aveva visto di sfuggita la scena. Gli bastò fissarla intensamente negli occhi per farle capire che le stava chiedendo il permesso. E Quintilia, la domina più buona e giusta con cui avesse mai avuto a che fare, acconsentì con un solo gesto della mano. A lui servì come pretesto per avvicinarsi ai due con veloci falcate, prima che il mercante, come una furia, si avventasse sulla donna. Nessuno seppe che cosa aveva intenzione di fare perché il gladiatore si mise tra lui e la donna.

Quintilia gli aveva fatto indossare un mantello, che gli copriva gran parte del corpo e il capo, per non dare troppo nell'occhio. Ma in realtà agli occhi del mercante la figura alta e nerboruta che aveva davanti era ancora più inquietante con quel mantello scuro.

A Falco bastò alzare leggermente la testa, per mostrare alla luce del sole una parte del viso ed inarcare le sopracciglia in un chiaro invito a farsi avanti. Il mercante, che stupido non era, arretrò presto di due passi ed invece di affrontare il nemico, si affrettò a dichiararsi sconfitto.
"Non farmi del male, ti però! Ecco tieni, queste sono le stoffe che mi chiedeva... Ma ti prego non farmi del male" supplicò con voce flebile, allungando verso di lui una stoffa color rosso, quasi con timore che lui potesse staccargli le braccia a morsi.

Ave CaesarDove le storie prendono vita. Scoprilo ora