capitolo 14

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Luke continuò a guidare per trenta minuti, finché io non presi parola.

- Luke, dove stiamo andando? - sbuffai

- Ti porto in un posto che ti piacerà- dichiarò lui, semplicemente.

- più indizi no, eh? Magari mi vuoi uccidere, magari mi vuoi abbandonare nel bel mezzo del nulla, magari mi vuoi dar in pasto ai cani, magar...- venni interrotta da lui

- magari ti taglio la lingua e faccio un favore al mondo- finì molto sarcastico.

- ascoltami bene, stai calma. Ti voglio portare in un bel posto. Ormai fra poco siamo arrivati. Vedi di stare zitta o ti abbandonano veramente qua sulla strada. - concluse

- sempre a dar ordini, tu- dissi spazientita.

Continuare a litigare non portava annulla, perciò mi misi comoda sul mio posto e ammirai il paesaggio che scorreva al nostro passaggio.

Il cielo poco prima azzurro si stava trasformando in un romantico tramonto, il tempo passava velocemente, gli stormi di uccelli iniziavano a ritirarsi nei nidi per il freddo serale, mentre i più coraggiosi continuavano a volare.

Mi sentivo come l'uccello coraggioso numero tre. Aveva una grande apertura alare, un colore nero corvino che potevi guardare per ore e delle piume molto curate, ma nonostante tutte le sue doti da playboy, stava in disparte da tutto il gruppo e cercava di guardarsi intorno fregandosene dei compagni di vita, cercando di esplorare il mondo. Uno spirito libero, pensai. Almeno lui poteva volare.

Ritornai alla realtà quando l'auto si fermò, ma prima che potessi guardarmi intorno Luke mi bendò gli occhi con una benda in cotone.

- sicuro di non volermi ammazzare, Smith? - ridacchiai.

- sarei uno stupido, sapendo che hai ancora la tua pistola al fianco, McLauren. - ragionò per una volta.

- arguto il ragazzo. Non me lo aspettavo, complimenti-

- avevi dubbi sulla mia intelligenza, Ally? - mi guardò male.

- sì Luke, molti- conclusi con un sorrisino strafottente.

Mi fece scendere dalla macchina con cautela, tenendomi con la mano sinistra sul fianco e con la destra sul braccio, guidandomi verso un posto a me sconosciuto.

Dopo dieci minuti di lamentele da parte mia e centinaia dei suoi sbuffi spazientiti dal mio essere così insistente, Luke si fermò.

Stese un qualcosa che dal rumore sembrava una tovaglia o un asciugamano, per poi levarmi la benda.

Quello che si presentò a me fu uno spettacolo straordinario, il più bello che avessi mai visto: il tramonto dipingeva sull'acqua fresca e limpida dei colori caldi, dal rosso al giallo, dall'arancione ad un misto di sfumature di azzurro, blu, celeste e violetto.

Luke mi aveva portata sulla spiaggia più incontaminata dall'uomo, dato che c'eravamo solo noi su quell'enorme appezzamento di riva oceanica.

- Ci venivo da piccolo con i miei genitori- parlò lui.

- beato tu che li hai ancora- dissi scoraggiata e piena di rabbia.

- che gli è successo, ai tuoi intendo? - chiese lui insicuro, come se non fosse sicuro di dover fare questa domanda.

Decisi di sfogarmi, neanche Lucas e Sophia sapevano la storia per interno. Era ora di avere un alleato con me, i due gangsters più forti della California e della Florida uniti. Sapevo che lui mi sarebbe stato d'aiuto, eravamo simili nonostante tutto.

- mia mamma lavorava come professoressa nel nostro liceo. Era brava, sai!? Le avevano diagnosticato un tumore all'encefalo troppo tardi, ormai all'ultimo stadio. Non voleva più andare dal medico per il mal di testa, sentendosi dire sempre che era solo una forte emicrania. Gliel'hanno scoperto quando ormai aveva pochi giorni di vita, se non ore. - conclusi, trattenendo le lacrime.

- e tu che hai fatto? - chiese lui.

- sono stata male per parecchio tempo. Papà non dormiva la notte, io piangevo 24 ore su 24, mia sorella minore ormai non sapeva più cosa pensare, non riusciva a capire la gravità della situazione, era troppo piccola al tempo Quando sono entrata nel giro, note le mie abilità ad hackerare e rintracciare persone sono riuscita a risalire allo studio medico dove andava mia madre. Rubai la sua cartella clinica e di alcune persone trasferendole al ministero della salute e alla polizia, che per negligenza e presunto omicidio arrestò il medico.

Il suo studio prese fuoco la notte del quinto anniversario dalla morte di mia mamma. - sorrisi al pensiero di quell'edificio in fiamme, ricordando la molotov che spaccò il vetro dell'ufficio del medico.

Era stata una liberazione, una visione vederlo ardere, bruciare e riscaldare la zona circostante, nel freddo inverno. Come se fosse una grande stufa in un gelo perenne.

- e tuo padre, Ally? - indagò con maggiore sicurezza.

- lui era un giudice penale. L'hanno ucciso Jason Spruff, Dravor West e Kayl Toth, i tre mercenari. La sparatoria coinvolse anche mia sorella minore, rimasta uccisa da un proiettile al cuore destinato invece a mio padre. Così sono rimasta da sola. - crollai nel pianto.

Quando si parlava della mia piccola sorellina non mi trattenevo, scoppiavo in pianti.

Senza preavviso Luke mi abbracciò, coccolandomi tra le sue muscolose e tatuate braccia. Intrecciai le mie al suo collo, avvicinandomi maggiormente a lui, mentre lui mi stringeva di più i fianchi. Appoggiai il volto sul suo collo, respirando il suo profumo, un misto di acqua di colonia e tabacco, inalandole l'odore che mi fece rilassare.

Ci staccammo dall'abbraccio durato quasi ore, mentre ci rimettemmo seduti, guardando il tramonto.

- so cosa si prova. Non ti dirò 'mi dispiace, passerà tutto', perché non è assolutamente vero. Ho perso mio fratello maggiore l'anno scorso per overdose e mix di eroina e alcol. Lui era un festaiolo, solo che non capiva mai il limite. Poi si sa, alcol e droga non vanno d'accordo. Lo trovarono steso a terra dell'appartamento di suoi amici ridotti quasi al suo stesso stato. Uno nella mano destra aveva una bottiglia di vodka, nell'altra una siringa ancora mezza piena. - parlò con angoscia, ricordando quei fermo immagine impressi nella sua memoria.

- per questo non ti droghi? - chiesi io, non ricordando di averlo visto anche solo con una canna in mano nonostante la tentazione che ci circondava nel nostro lavoro.

- esatto. Da quando ho visto mio fratello in quello stato, ho smesso con tutto. Fumo una sigaretta ogni tanto, solo per sbollire la rabbia- convinto pronunciò le parole.

- abbiamo qualcosa in comune, Smith- ridacchiai io.

Passammo i successivi venti minuti a chiacchierare, parlare di come ci andava la vita. Sembravamo amici, forse.

Mentre entrambi guardavamo l'acqua ormai illuminata da poca luce, madre natura ci meravigliò con uno dei suoi più spettacolari spettacoli: un delfino saltava fuori dall'acqua, schizzando gocce ovunque.

E mentre guardavamo quello spettacolo, Luke prese parola.

- mi dispiace- annunciò.

- per cosa? - chiesi confusa.

- per averti fatta cadere-.

E zitti zitti tornammo a casa, salutandoci poi davanti a scuola. Mi diressi verso la mia auto, pronta a tornare a casa a coccolare Queen e King e fare una sana dormita.

*Spazio autrice*

Ben 1150 parole, diciamo che è lo 'speciale' perché siamo #2 in azione.
Madò non ci credo
Grazie mille ragazze, veramente. Grazie di cuore. Non ho parole.
Spero vi sia piaciuto,

Baci, lety♥

la ragazza ribelle|| Letizia VenturiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora