«Rain?» la voce di Sunshine mi giunge alle spalle, facendomi sussultare.
Mi giro nella sua direzione, un sorriso sincero stampato sul volto, la mano alzata in segno di saluto. «Ehilà. Cosa ci fai qui?» continuo a tenere su il mio sorriso, un po' meno sincero rispetto a prima.«Ci lavoro» spiega, «E tu invece cosa ci fai qui?» domanda curiosa, piegando la testa di lato così tanto che i suoi capelli biondi, legati in un'alta coda di cavallo, dondolano a destra e a sinistra e a destra e a sinistra.
«Bella domanda!» esclamo, guardandomi intorno. Cerco aiuto con lo sguardo in direzione dei ragazzi posti al mio fianco, ma entrambi fanno spallucce, facendomi intendere che non hanno intenzione di pararmi il culo. «Mi piacciono gli ospedali» dico allora, mentre i due ragazzi tossicchiano per trattenere le risate.
«Anche a me» risponde Sunshine, lasciandoci senza parole.
«Davvero?» mormoro, aggrottando la fronte.«Mi piace aiutare la gente» si corregge immediatamente, mentre le guance le si colorano di rosso per l'imbarazzo. Io, d'altro canto, la fisso con orgoglio: Sunshine è e sarà sempre una delle persone più buone e più pure che io abbia mai avuto il piacere e l'onore di conoscere.
«È una bella cosa» sospiro e le porgo un sorriso, certamente più vicino ad una smorfia.
«A te perché piacciono?»
«Perché...» mi gratto la testa e mi guardo attorno, «Perché mi piacerebbe fare l'architetto, in futuro, e costruire ospedali è una delle cose che vorrei fare maggiormente. Sai, così che tutte le persone possano avere tutte le cure necessarie, e quindi evitare il sovraffollamento delle strutture» blatero, facendo strani gesti con le mani, invocando chissà quale ricordo e mostrando chissà quale interesse. In realtà, non so neanche fare i castelli di sabbia con paletta e secchiello. Sono sempre stata capace di farli crollare col mio solo sguardo. Be', adesso so anche il motivo di tale crollo, perlomeno.«È stato un piacere rivederti, Rain, e anche rivedere te, Calum, ma adesso devo proprio andare» il dispiacere è ben visibile sul suo volto.
«Ti andrebbe di andare a pranzo insieme?» le domando incerta, «Solo io e te» aggiungo.
«Certo, ma devo dirti una cosa» mi mordicchio il labbro inferiore e le faccio segno di continuare a parlare, «A me piacciono i ragazzi.»
Calum e Michael scoppiano a ridere così forte che molti degli infermieri e dei pazienti si girano nella nostra direzione, chi con espressione stizzita, chi con sguardo ilare.
«Anche a me» metto subito in chiaro, mandando sottovoce a quel paese i due ragazzi.
«Oh, allora perfetto. Ci ritroviamo all'una qui fuori?» chiede, indicando l'uscita dell'ospedale. Annuisco e la saluto velocemente, per poi andare via con i due cretini al mio fianco. Mi trattengo dal tirarli per le orecchie solo perché gli sguardi di tutti sono ancora puntati su di noi.
Appena siamo fuori, Calum controlla l'orario sul suo cellulare e poi ci mostra lo schermo luminoso per far sapere anche a noi l'ora. Sono ancora le 11:30, e il mio pranzo è previsto per le due, visti gli impegni lavorativi di mia sorella, che non ha idea di essere mia sorella.
«E adesso che facciamo?» domanda proprio il moro, asciugandosi le lacrime dagli occhi per lo scoppio di risa precedente.
«Direi di continuare a dare una sistemata alla casa, che ne dite?» propongo, nonostante io sia stanca e loro siano stanchi.
«Che ne dici di parlarci di Carlo?» propone invece Michael, facendomi l'occhiolino e dandomi una gomitata scherzosa sul braccio.
Sbuffo e alzo gli occhi al cielo. «Cosa dovrei dirvi?»«Da quanto tempo vi conoscete?»
Faccio velocemente i calcoli a mente, per poi dare una veloce risposta al biondo. «Circa dodici anni.»«E sono dodici anni che tolleri i suoi sproloqui?» Calum sbarra gli occhi e tossisce, dopo essersi affogato con la sua stessa saliva per la sorpresa causata dalla mia risposta.
«Non è che fosse così loquace a dieci anni, eh. Lo è diventato col tempo. Esattamente quando ho deciso di mettermi con lui. E lasciarlo, poi, per lo stesso motivo» espongo i miei ragionamenti ad alta voce, con tanto di mano sul mento e occhi pensierosi, persi in tempi lontani (ovvero l'anno scorso).
«Per quanto tempo siete stati insieme?» Michael poggia le mani sulle ginocchia, per guardarmi meglio, sistemandosi scomodamente sulla panchina su cui abbiamo deciso di sederci, visto che siamo dei procrastinatori nati e di fare qualcosa di utile nella vita non se ne parla proprio.
«Non molto. Credo un anno.»
«Certo che hai una memoria di merda» borbotta Calum.«Non ricordo le cose a cui non do importanza, scusami» faccio una smorfia e mi passo una mano tra i capelli, sempre e comunque annodati e gonfi.
«Non dai importanza al tuo primo ragazzo?» chiede sconvolto.
«E chi ti ha detto che lui sia stato il mio primo ragazzo?» trattengo una risatina ironica e alzo gli occhi al cielo. Prima o poi i miei bulbi oculari si rifiuteranno di fissare sempre verso l'alto e mi manderanno a quel paese, andandosene via e lasciandomi da sola, al buio.«Non lo è stato?»
«Certo che no.»
«E chi è stato il tuo primo ragazzo, allora?» riprende in mano la conversazione Michael, sempre più interessato alla mia vita.«Logan. Bel nome, bel viso, bel fisico, ma...» mormoro, indicando verso il basso con gli indici e scuotendo la testa, visibilmente delusa.
«Cosa?» dicono Michael e Calum all'unisono, trattenendosi dal ridere ancora una volta.
«Non siamo stati realmente una coppia, in realtà. Mi aveva proposto di essere amici di letto» inizio a raccontare, notando le espressioni curiose e sconvolte allo stesso tempo dei ragazzi, «Ma, sapete com'è, per essere amici di letto serve qualcosa» borbotto.
«Quanti anni avevi?»
«Quindici.»Rivivo mentalmente il giorno in cui Logan mi invitò a casa sua, cercando di farmi diventare la sua ragazza, senza riuscirci, per poi propormi di essere amici di letto. A quei tempi, poco m'importava (di qualunque cosa), perciò accettai, e, dopo mille baci ben approfonditi, gli sfilai via i boxer, rimanendo delusa da ciò che mi trovai di fronte. Non dimenticherò mai quella delusione così viva nel cuore, né il suo viso quando gli scoppiai a ridere davanti. Ero una stronza, sì, pure fin troppo.
Alzo lo sguardo verso i ragazzi con un sorrisetto stampato sul volto a causa dei ricordi, e noto i loro occhi sbarrati puntati su di me.
«Quindici?» Michael cerca una conferma nel mio viso, che arriva subito con un leggero "sì" quasi sospirato e lasciato andar via nel vento.
«Non ho fatto sesso a quindici anni» mi difendo subito dopo, nonostante la vita sessuale in questione sia la mia e proprio per questo non dovrei giustificarmi con nessuno.
«Con chi è stata la tua prima volta?»
«Mi spiegate cosa cazzo ve ne fotte?» borbotto, stanca di rispondere alle loro domande invadenti.«Nulla» risponde subito sulla difensiva Calum, per poi bofonchiare parole che non riesco a recepire.
«Bene» sbotto.
«Bene» ripete lui, facendomi sospirare.Michael sospira a sua volta e si schiarisce la gola per poter parlare. Lo attendo, ma la sua affermazione mi lascia così spiazzata e basita che avrei preferito non sentirla. «Sapete cosa? Ho voglia di assaggiare le cavallette.»
🌸🌸🌸
HOOOLA!
Come state? Come procede la vostra vita?Cosa ne pensate di questo capitolo? Cosa pensate che accadrà al pranzo tra le due ragazze? E credete che Michael assaggerà mai le cavallette?
Fatemelo sapere con un commento! E ricordatevi di stellinare il capitolo e di condividere la storia sui vostri social. Se vi va, ovviamente.Vi ricordo che ho un'altra storia in corso, su Michael, ovvero Freaking me out, e mi farebbe tanto piacere se passaste a darle un'occhiata.
Vi ringrazio per tutto il vostro supporto.
A presto.
- Tatia;PS. Dite che ce la farò a pubblicare una OS che ho scritto una settimana fa?
Ditemi che giorno vi piacerebbe leggerla, dai.
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Rain || 5SOS
Fanfiction«Buon anno nuovo, Rain!» alza il suo bicchiere di plastica al cielo, facendo dondolare così tanto il liquido al suo interno che mi finisce in testa. «Che schifo» dico solamente. Che il 2017 cominci. Facendo schifo. ⭐️ Iniziata: 21/11/16 Completata...