Chapter Seventeen

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Quando, da piccola, mia madre mi faceva intuire che il segreto di famiglia dovesse rimanere tale, io annuivo e le dicevo che sì, avevo capito e che non ne avrei mai e poi mai fatto parola con nessuno. Perché ero piccola e assentire alle regole dei miei genitori mi sembrava più che giusto, perché loro mi compravano le macchinine e i soldatini e tante uova di Pasqua per Pasqua; quindi, perché andargli contro?

Ma adesso, che non sono più piccola, che di macchinine e soldatini non ne voglio più sapere e che le uova di Pasqua me le devo comprare da sola, andargli contro ha senso. Non che io vorrei andargli contro, sia chiaro, ma una cosa tira l'altra e adesso sono proprio costretta a farlo.

No, okay, in realtà parlare del mio mondo con Calum è stata una mia scelta, però... non c'è un però. È così, è accaduto, le parole sono fuoriuscite dalle mie labbra e non ho avuto modo di bloccarle. Fine della storia.

Osservo Calum, nel salotto della mia vecchia casa, in piedi di fronte a me, con le braccia incrociate al petto e lo sguardo già vittorioso.

«Cosa vuoi che faccia?» domando, le mani sudaticce così come la fronte, imperlata, appunto, di sudore.
«Travestimi da Winx con la magia» inarca le sopracciglia e questa volta lo sguardo vittorioso lo metto su io.

Chiudo gli occhi, prendo un bel respiro profondo e inizio ad immaginare Calum con addosso il vestitino di Bloom (probabilmente la Winx più importante). Apro la bocca e sussurro qualche parola, per poi gesticolare a casaccio. E aprire gli occhi. Calum è di fronte a me, con gli stessi vestiti di prima. Ridacchia e io scuoto la testa. «Ti stavo prendendo per il culo» dico, accennando un sorrisetto ironico, per poi fare un veloce gesto con la mano e cambiare i vestiti di Calum con quelli della famosa Winx. «Vai a guardarti allo specchio» gli faccio un occhiolino, mentre il suo sguardo è a meta tra il terrorizzato e il confuso.

Ritorna poco dopo, ma lo sguardo è sempre lo stesso, se non più terrorizzato di prima. «Come hai fatto?» chiede, toccando il tessuto della minigonna azzurrina/verde acqua che sta indossando. Il colore dei vestiti di Bloom non l'ho mai capito.

«Siediti» gli faccio un cenno verso il divano, aspettando che si sieda, per poi accomodarmi a mia volta. «Sono una maga» spiego, giocherellando con i capelli a causa dell'ansia.

«Questo lo avevo intuito» borbotta, osservando stizzito la sua gonnellina che gli lascia le cosce scoperte, più pelose di quelle di Chewbecca.

«E allora cosa vuoi che ti dica?»
«Anche Sunshine lo è? E i tuoi genitori? Esistono altre persone come te al mondo?» chiede a raffica, con sguardo eccessivamente curioso e interessato.

«Solo una persona può essere maga in una famiglia. Nella mia, avrebbe dovuto essere Sunshine. Sai, intelligente, bella, studiosa. E invece, al mio diciottesimo compleanno, ho fatto una magia davanti a tutti i miei compagni, per sbaglio. Io non ne avevo idea, i miei genitori nemmeno. Proprio credendo che fosse Sunshine la prescelta, a me non avevano mai dato importanza, mai uno sguardo in più, una carezza in più» mormoro, rabbuiandomi leggermente.
«Mi dispiace.»

«Tranquillo. Preferivo così, preferivo essere una normale adolescente, preferivo uscire con gli amici e divertirmi, senza troppi pensieri per la testa, senza troppi problemi o responsabilità» spiego, ricordando tutte le nottate passate fuori, mentre Sunshine era buttata sui libri di magia a studiare. E mi faceva pena, ai tempi. E mi faccio pena io, adesso. Nonostante io continui a passare le nottate fuori e i libri neanche li guardi col binocolo.

«I tuoi genitori sono dei maghi?»
«No, ma mia nonna lo era» prendo un sospiro e poi cerco di spiegargli alla bell'e meglio come funziona il mio mondo, «I miei figli non lo saranno. Ma i figli dei miei figli sì.»

«Quanti siete, al mondo?»
«Miliardi. Esiste un'immensa scuola di magia, vicino al parco nazionale di Denali, in Alaska, ma i non-maghi non possono vederla, ovviamente.»

«Ci sei mai stata?»
«No, noi maghi ci andiamo se commettiamo crimini, se i nostri genitori ci rifiutano o se abbiamo compiuto una certa età. E l'età si basa sulla forza della nostra famiglia» è dura spiegare questa parte della mia vita, fatta di leggi, di storia, di gente perlopiù inutile.

«A quale età sarai costretta ad andarci?»
Deglutisco e chiudo gli occhi, affranta. «Diciannove anni.»
«E quando compirai diciannove anni?»
«Il 13 Settembre.»

🌸🌸🌸

HOLAAA!
Come state?
Io ho un po' voglia di morire, che novità.

Cosa ne pensate di questo capitolo?
So che la situazione è complicata da capire e a volte mi confondo pure io...
Ma col tempo tutto si spiegherà bene. Spero.

Grazie mille per tutto e ci ritroviamo giovedì con Freaking me out. Mi raccomando, passate da quest'ultima. Se lo fate vi regalo un biscotto con gocce di cioccolato.

#Staytuned 😎
A presto.
- Tatia;

Rain || 5SOSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora