Capitolo Sessantadue

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Capitolo Sessantadue

Avevo ragione. Quella mattina mi svegliai con un vuoto accanto. Mi ero raggomitolata nelle lenzuola calde respirando il suo profumo come se lui fosse lì. Ma non era lì.

Mi sentivo in colpa per la tragedia che avevo fatto ieri, sbattendogli la porta del bagno in faccia. Era solo ... diventato troppo per me da sopportare. Quando mi sono sentita debole e indifesa, ho dato di matto. Desideravo solo essere stata in grado di gestire meglio la situazione. Ci saremmo potuti mettere seduti e parlare di come mi sentivo riguardo alle circostanze che avevano portato a quel punto. È ironico: quante volte avevo dato consigli a coppie sposate eppure io li ignoravo del tutto.

Il medico si era preoccupato quando aveva sentito la durata dei miei sintomi insieme al mal di testa persistente. Mi prescrisse alcuni esami del sangue, e anche una risonanza magnetica alla testa. Non aveva rivelato alcun sospetto, nonostante una certa agitazione sembrava essere celata sotto la sua espressione quando mi accompagnarono alla stanza adibita per la risonanza. Nel giro di qualche settimana avrei ricevuto i risultati.

Generalmente ero ipocondriaca, ma a giunta a questo punto della mia vita non battevo ciglio. Non mi sarei soffermata a preoccuparmi della risonanza e dei suoi possibili esiti, o se si trattava semplicemente di un qualcosa dovuto allo stress.

Mi sentivo la testa leggera mentre camminavo per raggiungere una caffetteria nelle vicinanze. Probabilmente era a causa del prelievo anche se una parte di me credeva che fosse da attribuirsi ai pensieri che mi ronzavano per la testa che mi tiravano giù.

La piccola caffetteria all'angolo di due strade tranquille era quasi vuota fatta eccezione per due o tre persone. Un cameriere si affrettò a raggiungermi quando occupai il tavolo accanto alla finestra.

"Avete del caffè?" Brontolai, sollevando un gomito sul tavolo e poggiandovi sopra la testa.

Lui sorrise, guardandosi intorno all'interno della caffetteria. "Si, signorina, credo che questa caffetteria venda caffè." Il suo accendo inglese del nord mi colse di sorpresa. Mi misi dritta sulla sedia.

"Vieni dall'Inghilterra?"

"Corretto di nuovo. Sono inglese e parlo con un accento inglese e vendiamo caffè in questa caffetteria. Stai bene?" Guardandomi mi sorrise. Non potei fare a meno di sorridere leggermente.

"Scusami. È stata una settimana impegnativa." Arricciai le mani in grembo, facendo un respiro profondo mentre pensavo a cosa ordinare. "Cosa c'è nel menù del giorno?"

"Cheescake, se ti può piacere dopo questa settimana impegnativa. Comunque io ti consiglierei-"

La suoneria del mio cellulare lo interruppe. Chiuse le labbra con un sorriso educato. Io sospirai tra me e me. "Scusa un momento."

Distolsi lo sguardo dai suoi occhi color nocciola per vedere comparire sullo schermo del cellulare un'immagine tenera di Harry e Darcy. Risposi curiosa. Di solito non mi chiamava mai durante il giorno.

"Ho una pausa di mezz'ora. Dove sei?" Volevo rispondergli che anche io potevo essere impegnata, ma entrambi sapevamo che si trattava di una bugia. "In una piccola caffetteria..."

Il cameriere mi sussurrò l'indirizzo divertito. Gli sorrisi grata e lo ripetei a Harry.

"Allora, cosa ti porto?"

"Un caffè. Forte," mormorai.

Harry arrivò pochi minuti dopo, con una valigetta che oscillava al suo fianco. Scrutò la piccola caffetteria prima che i suoi occhi si posassero su di me e si fece strada tra i tavoli.

Distract and sedate [Italian Translation]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora