Capitolo Nove

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Capitolo Nove

"Hazel ..."

La voce dall'altro capo era priva di qualsiasi brandello di felicità. Era carica di una malinconia opprimente, così angosciosa.

"Chi parla?" mormorai. Una sensazione nauseabonda si impossessò del mio stomaco mentre facevo delle ipotesi.

"Sono Harry."

Il nodo che sentivo allo stomaco si sciolse, ma si presentò una strana timidezza. Non lo avevo visto dalla scorsa notte. Infatti mi ero convinta che non lo avrei più rivisto.

Cercai di non far sembrare la mia voce angosciata, invece venne fuori un sospiro. "Cosa vuoi?"

"Mio padre." Tirò su con il naso. "Lui .. lui ha avuto un attacco di cuore."

"Harry" esordii mentre mi mettevo in piedi barcollante e arrancavo verso la camera da letto "dove sei?"

**

Avevo i capelli in disordine davanti agli occhi. Me li tolsi dal viso, cercando attentamente tra le persone che erano nell'ospedale il banco accettazioni. Mi affrettai a raggiungerlo e l'uomo si trattenne dall'aggrottare le sopracciglia al mio aspetto disorientato.

"George Styles. Dov'è?"

Una voce monotona disse. "È un suo familiare?"

"Dovrei essere sulla lista. Hazel Rodgers."

Trovò il mio nome e indicò una porta lungo il corridoio. Corsi per raggiungerla, evitando a stento una donna che camminava nella direzione opposta.

Feci irruzione e subito notai Harry curvo al fianco di suo padre che dormiva, mentre la sua faccia era in ombra. Dietro di lui la luce del mattino filtrava lieve nella stanza, formando un'aura intorno alla sua figura. Era quasi come se non potesse essere la stessa persona di venerdì notte. Non con la sua espressione. Mi accorsi subito che stava pregando.

Mi spostai al lato del letto e i miei occhi furono presi da George addormentato sul letto. Il monitor indicava il battito del cuore, ma il suo corpo sembrava morto. La sua espressione era troppo tranquilla.

"Non volevo chiamarti." Tirò su con il naso. "Io –io non lo so perché l'ho fatto."

"Dov'è Darcy?" Feci il giro del letto per raggiungere il lato dove si trovava lui e lo vidi irrigidirsi al mio movimento.

"Era a un pigiama party con un'amica. Non ha bisogno di questo" mormorò, asciugandosi gli occhi iniettati di sangue. Le sue labbra erano arrossate e le guance erano rosse come al club. La sua arroganza da ubriaco lo aveva indebolito, anche se vederlo adesso fece emergere un altro lato di me.

Presi piano la sua mano e lui un po' fu obbligato a farlo, un po' mi ignorò. Era calda, grande abbastanza per racchiudere completamente la mia.

"Perché è qui, Harry?" chiesi con voce dolce.

"Per colpa mia."

Mi appoggiai al suo fianco e scossi la testa. "Questo non può essere vero. Stai solo cercando di trovare una scusa –"

"No" mi interruppe. Anche se non mi stava ancora spingendo via, fece in modo di prendere le distanze da me. "Abbiamo litigato. Ha avuto un attacco di cuore."

Non replicai. Tenevo solo la sua mano nella mia mentre le mie spalle toccavano il suo bicipite. Non mi guardava, non iniziava una conversazione. Osservava soltanto suo padre.

Volevo dirgli che suo padre lo amava, che George sarebbe stato bene. Non riuscivo a farlo.

"Dove sono la tua gonna e i tuoi tacchi alti?" mormorò.

"Li ho lasciati a casa."

"Perché lo avresti fatto dopo la scorsa notte?"

Sospirai e strinsi piano la sua mano nella mia. Era un gesto che dava calore da un uomo freddo come lui. "Sembrava che avessi bisogno di qualcuno con te."

Si zittì mentre i suoi occhi rimanevano fissi su George. Io feci lo stesso, chiedendomi cosa passava nella mente del vecchio uomo. Probabilmente sarebbe stato sorpreso di vedere Harry che per poco non piangeva e mi teneva per mano accanto al suo letto. Io lo ero di certo.

Pensai come erano fatti gli ospedali. Eccoci, al fianco di George dopo un attacco di cuore. Vicino a noi poteva esserci un incidente d'auto, lungo il corridoio un nuovo nato da una madre sfinita e un padre. Dove vanno a finire tutte queste emozioni? L'energia potrebbe filtrare tra i muri e raccogliersi su ogni scena di vita o di morte? Io ero in piedi nella nostra stanza, e pensavo quasi che riuscivo a sentirlo. Un ospedale è un luogo che ospita solo la verità; emozioni crude incise all'intero di ogni anima.

La sua voce mi colse di sorpresa, essendo così roca. "Sono tornato a casa in mattinata e lui era seduto sul divano. Ha detto che mi ha aspettato per tutta la notte."

"Per cosa avete litigato?" mormorai.

"Lui .." percepii le sue dita agitarsi tra le mie. "Non importa."

"Questo non è il momento di mostrarti riservato con la tua psicologa."

"Questo non è neppure il momento per un'altra lite" ribatté, lasciando andare la mia mano.

Liberai un sospiro pesante e mi aggrappai alle sbarre fredde del letto d'ospedale. "Hai ragione." La mia mano pizzicava per il cambiamento di temperatura, anche se probabilmente era più di quello.

"Pensi che starà bene?" Sussurrò Harry. Mi voltai per alzare lo sguardo sulla sua mascella tesa e piena di domande come se stesse trattenendo le lacrime.

"Si. Certo." Abbassai lo sguardo su George che dormiva tranquillo sotto le coperte pesanti. "Sei tu quello di cui mi preoccupo, Harry."

"Io non sono in un letto d'ospedale" borbottò. "Sarebbe potuto morire."

"Non sempre la morte è la fine, né il peggior stato d'essere."

"Ma lui ha detto anche –"

Ci immobilizzammo entrambi al suono del monitor. Continuava a fare bip in sottofondo sin da quando li avevo raggiunti. Il ritmo cominciò ad aumentare. "Che sta succedendo?" Urlò Harry in modo frenetico. Si lanciò al lato di suo padre mentre il corpo dell'uomo tremava in maniera incontrollata. Il battito del cuore sul monitor precipitò e io guardavo terrorizzata la scena in corso.

Harry teneva stretta la mano di George mentre il suo corpo andava in arresto e ansimava. Gli occhi dell'uomo erano sbarrati e rivolti al soffitto come se qualcuno fosse lì sopra. Inarcò la schiena e un ultimo respiro affannoso si liberò dai suoi polmoni prima di collassare sulle lenzuola. Harry stava urlando ma io non riuscivo a sentire le sue parole, percepivo solo il suono del monitor. Batteva come un tamburo nelle mie orecchie, frastornandomi, fino a quando non si fermò. Cessò di esistere senza avvertimento, senza rimpianto.

La linea del monitor era piatta.


Distract and sedate [Italian Translation]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora