Uccidete. Quella. Maledetta. Sveglia.
Alzai un braccio che pesava quanto un macigno e diedi un colpo al telefono di Ivy che trillava nel mio orecchio. Aprii appena gli occhi per vedere che ore fossero.
Dovevamo alzarci per andare a scuola, ma proprio non ce la facevo, così mi riaddormentai.
Dopo quelli che mi parvero dieci minuti una risata mi svegliò. Aprii gli occhi e trovai Tyler e Scott ai piedi del nostro letto a parlare con Ivy.
Mugugnai qualcosa e poi rimisi la testa sotto il cuscino, per escludere le loro voci
<<Andiamo, dormigliona. Sono le undici del mattino, sveglia>> esclamò Tyler.Già le undici? Sbuffando riemersi da sotto le coperte e li guardai. Tyler aveva i capelli biondi arruffati e gli occhi vivaci come sempre, e come Scott al suo fianco era seduto senza maglietta. I muscoli da giocatori e da chi si allenava quotidianamente guizzavano ad ogni movimento. Sbattei le palpebre più volte per riemergere dai miei pensieri sui loro corpi.
<<Non rischiate di uscire dalla squadra, se fate troppe assenze?> chiesi in maniera acida.
<<Di mattina sei ancora più fastidiosa, te l'hanno mai detto?>> chiese Scott, ficcandosi in bocca un croissant.
<<Qualche volta, e a te hanno mai detto che...>>.
<<Comunque>> si intromise Tyler, cercando di interrompere il nostro battibecco. <<Un'assenza non è la fine del mondo>> sentenziò, passandomi una tazza fumante di caffè.
La sera prima avevamo iniziato a bere fino a non ricordarci più come ci chiamavamo e ovviamente Tyler e Scott non potevano di certo guidare ubriachi, così si erano fermati a dormire da Ivy, nella stanza degli ospiti.
<<All'una dovete andarvene>> disse Ivy, stiracchiandosi. <<Sean torna verso le due del pomeriggio ed io devo sistemare il porcile che abbiamo lasciato>>.
C'erano carte di cibo sparse per tutto il pavimento, bottiglie vuote e cicche di sigarette ovunque.
<<Mmh, quindi abbiamo ancora qualche altra ora per riprendere il nostro discorso>> decretò Scott, alzando ripetutamente le sopraciglia.
Io alzai gli occhi al cielo e uscii dalla stanza, incurante di avere addosso solo una vecchia lunga maglietta di Sean, che Ivy usava per dormire.
Scesi di sotto e iniziai ad aprire le dispense, in cerca delle mia ciambelle preferite. Non mi piacevano i croissant, né i cornetti né i cibi fatti con troppa pasta sfoglia.
<<Proprio non lo sopporti, eh?>> mi chiese Tyler che mi aveva seguito fino in cucina, per lasciare soli Ivy e Scott.
<<Scott?>> chiesi, e lui annuì divertito.
<<Diciamo che un giocatore di football palestrato e pieno di sé non rientra nella mia cerchia di persone preferite con cui fare amicizia>> spiegai con disinvoltura.
<<Quindi nemmeno io>> rispose lui, portandosi una mano al cuore e fingendo un malore.
<<Tu non sembri pieno di te>> risposi, alzando le spalle.
<<L'apparenza inganna>> disse ammiccando. Mi piaceva l'autoironia di Tyler.
<<Come devono essere le persone, per fare amicizia con te?>> mi chiese, prendendo un sorso di caffè dalla sua tazza e guardandomi le gambe quando le accavallai.
<<In nessun modo. A me...non viene facile, fare amicizia>>.
<<Chissà perché l'ho notato>> borbottò, alzando gli occhi al cielo
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Incompresi ~The Misunderstood Series
Romance> esclamò, inchiodandomi con i suoi occhi profondi. I suoi capelli erano sparati in tutte le direzioni, per quante volte ci aveva passato le mani in mezzo. L'ombra di un sorriso aleggiava sulle sue labbra, evidenziando ancor di più la fossetta sul m...