Quella consapevolezza, quel terrore, mi fece tremare dalla testa ai piedi.
Non era il caso di perdere la concentrazione mentre guidavo per le vie della città, così deviai senza sapere per bene che strada stessi percorrendo. Svoltai sulla destra, verso una strada più deserta e delimitata ai lati dalla fitta vegetazione. Decelerai di un paio di chilometri orari, onde evitare qualche sbandamento. Non sapevo perché mi ero permessa di ripercorrere con la mente quell'episodio del mio passato, la nascita di tutti i miei problemi. I ricordi di quando ero piccola li tenevo accantonati in un piccolo angolo remoto della mia testa, cercando di non farli uscire mai; mi provocavano solo dolore. Ogni tanto emergevano in qualche sogno, in qualche incubo, rovinandomi tutta la giornata a seguire. Però sapevo bene, anche se non li ripercorrevo con la memoria, che erano lì. Presenti e onnipresenti. Reminiscenze del mio passato, ricordi violenti, infelici, solitari. Erano sempre lì, trepidanti, in attesa di uscire violenti a scombussolarmi ancora, ancora, ancora e ancora. Non potevo permetterlo, non volevo permetterlo.
Ma come si fa a cancellare il passato? Come si fa a bloccare completamente i ricordi che bruciano, impressi nella mente, e che scombussolano ogni parte del proprio essere? Ancora non lo sapevo. In realtà, non credevo ci fosse un modo possibile per dimenticare e basta. Un modo per non sentire l'eco di quelle sensazioni scatenate dai ricordi.
Senza nemmeno accorgermene parcheggiai nel fitto bosco, in prossimità della strada sterrata dove iniziava il sentiero. Sentivo il petto schiacciato dal peso di quel primo attacco di panico, e rivedevo con il bastardo occhio della mente tutto ciò che esso aveva comportato, tutti gli attacchi di panico che erano arrivati dopo. Durante la notte, durante il giorno, a scuola, a casa, al parco, alle giostre, al mare, al compleanno di un compagno di classe alle elementari, al supermercato vicino al reparto frutta, in pasticceria mentre compravo qualche dolcetto, al parco mentre cercavo di divertirmi.
Quando andai a vivere con David ero così felice, così entusiasta di avere la possibilità di riscrivere la mia vita, di essere finalmente parte integrante di una famiglia anche se composta da mio fratello, la sua ragazza ed i suoi amici e non dai miei genitori e i miei fratelli. Era comunque una famiglia, una grande ed allargata famiglia. Ma così non era stato. La qualità della mia vita era migliorata tantissimo, ma perché l'ansia e gli attacchi di panico erano sempre lì?
Cercavo di camminare, mentre sentivo il mio respiro spezzarsi con più frequenza. I battiti del mio cuore galoppavano così velocemente che avevo la sensazione di star per vomitare il cuore, lo stomaco, tutti gli organi.
Non di nuovo.Lasciami in pace, ansia.
Non posso più vivere così.
Non posso più sopravviverti.Senza accorgermene caddi a terra, sbattendo con le ginocchia sul terreno umido e marrone, ricoperto da qualche fogliolina caduta inerme dagli immensi alberi. Il petto mi bruciava, la testa mi bruciava. Mi slacciai i bottoni della mia camicetta color cipria, cercando dell'aria che non riuscivo ad inspirare nel modo esatto.
Sapevo che in quei momenti dovevo fare dei respiri profondi e lenti, ma proprio non ci riuscivo; la sensazione di bruciore era più forte di tutto il resto.
Ecco cosa succedeva quando lasciavo andare a briglia sciolta la mia mente. Mi riportava dei pensieri che dovevano rimanere chiusi dentro di me, se non volevo ritrovarmi in quelle circostanze.
Emisi un piccolo urlo, mentre la sensazione di vomitare si faceva più pressante.
Sentii dei passi poco lontani, ma non riuscivo ad alzarmi e andarmene. Affondai le dita intorno ai miei fianchi, cercando di combattere la sensazione di spezzarmi; stavo davvero peggiorando.
<<Dee!>>.
Qualcuno mi stava chiamando, ed i passi si facevano sempre più vicini.
<<Cosa stai facendo? Con chi sei qui?>>. La voce era proprio dietro di me, sempre più allarmata.
Me lo stavo immaginando o Jason era proprio lì? Gli diedi un rapido sguardo, vergognandomi di farmi vedere in quello stato.<<Dee, con chi sei? Cosa ti è successo, ti sei fatta male?>> mi chiese, inginocchiandosi davanti a me. Era passato appena un giorno dall'ultima volta che l'avevo visto, e quasi mi ero dimenticata di come potessero essere luminosi e ipnotici i suoi occhi. Le sue labbra piene erano contratte in un espressione spaventata, evidenziando la sua fossetta sul mento.
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Incompresi ~The Misunderstood Series
Romance> esclamò, inchiodandomi con i suoi occhi profondi. I suoi capelli erano sparati in tutte le direzioni, per quante volte ci aveva passato le mani in mezzo. L'ombra di un sorriso aleggiava sulle sue labbra, evidenziando ancor di più la fossetta sul m...