Capitolo 29

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Così si sentiva umiliata e afflitta e piena di rimorsi, pur non sapendo precisamente neanche lei per cosa. Cominciava a desiderare la stima di lui, ora che non ci poteva più sperare: avrebbe voluto avere sue notizie, ora che non c’era più probabilità di averne. Ebbe la certezza che con lui sarebbe stata felice, ora che non era più probabile che si incontrassero.
~Orgoglio e pregiudizio.

Mi strinsi nelle braccia, mentre la tempesta continuava ad infuriare fuori. Tenevo gli occhi fissi sul televisore, senza guardarlo davvero.

Non avrei mai capito Jason, ma non c'era motivo per cui dovevo capirlo. Non appartenevamo allo stesso mondo, avevamo due strade segnate completamente diverse.

Questa continua nostra attrazione, che ci portava ad incontrarci e a scontrarci, doveva finire.

Aspettai la fine della tempesta guardandola infuriare da dietro la finestra dalle pesanti tende. Quando il vento si calmò e la pioggia smise di cadere a secchiate, era quasi l'alba. Sentivo le mie palpebre farsi sempre più pesanti, ma non potevo dormire; stavo semplicemente aspettando il momento adatto per andarmene.

<<Destiny, cosa sta facendo?>>.

Ada sbucò alle mie spalle, con una vestaglia simile alla mia, con i capelli disordinati raccolti in una crocchia bassa e lo sguardo indagatore. Passò velocemente lo sguardo sul mio corpo, scosso ormai da brividi che riconoscevo da anni. Il suo sguardo si accigliò.

<<Ti senti bene?>> mi chiese allarmata.

Annuii, cercando di deglutire. Arretrai istintivamente verso la porta d'ingresso. <<La tempesta è finita. Ed io devo uscire di qui>> dissi, con fatica.

<<Ma, Destiny... ormai aspetti che sorga il sole e si riposi, ha proprio una brutta cera. Poi non può mica uscire in vestaglia>> disse, con un piccolo risolino che non ricambiai.

In quel momento iniziai a sentire un piccolo fischio provenire dalle mie orecchie.

Ma perché il panico doveva assalirmi nei momenti meno opportuni? Non volevo farmi vedere da Jason in quello stato, già una volta ero stata sul punto di crollare davanti a lui, di avere una crisi di panico, non potevo rischiare che accadesse di nuovo. Già mi considerava strana, cosa avrebbe pensato nel vedermi nel pieno di una crisi di panico?

<<Ada tu non capisci. Io devo andarmene adesso. Ma grazie per tutto>> sussurrai, poi senza aspettare una risposta, uscii in fretta da quella casa.

Ero scalza ed il contatto della terra fredda e bagnata mi fece rabbrividire, ma non mi importò; appena varcai quella soglia mi sentii subito meglio.

Iniziai a camminare velocemente, stringendomi nelle braccia per il freddo pungente. Le strade erano quasi allagate, i rami degli alberi, ormai caduti occupavano gran parte delle carreggiate, piccoli cancelletti e staccionate rimanevano inermi, scaraventate al suolo.

Più camminavo, inzuppandomi i piedi e l'orlo della vestaglia, più andava meglio. Se non fosse stato così freddo, sarebbe stata l'ideale, quella passeggiata.

Il cielo rimaneva cupo e nuvoloso, mentre dietro il fitto manto di nuvole il sole cercava di sorgere.

Ad un tratto un lampo squarciò nuovamente il cielo, illuminando teatralmente le vie circostanti.

Nello stesso momento, sentii una voce chiamarmi da dietro, ma non ne ero molto sicura perché un tuono interruppe la quiete che c'era stata fino a quel momento.

<<Dee!>> sentii urlare di nuovo. A quel punto capii che non lo stavo immaginando, e capii anche che Jason mi stava rincorrendo. Iniziai a correre il più velocemente possibile, cercando di non inciampare nella vestaglia.

Incompresi ~The Misunderstood Series Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora