Aveva smesso di piovere così come aveva cominciato, all'improvviso. Si era alzato un leggero venticello, che spazzava delicatamente qua e là alcune foglie silenziose. Gigì indossava un paio di jeans ed un maglioncino nero; la tenuta meno vistosa che le avessi mai visto addosso.
<<Cosa vuoi?>> le chiesi, più incuriosita che sprezzante. Per un attimo temetti che fosse venuta per vendicarsi della squalifica da capitano cheerleader ma poi, riflettendo, capii che se avesse voluto farmi pagare qualcosa, non l'avrebbe di certo fatto sulla soglia di casa mia.
<<Devo parlare con te>> ripeté, con tono basso e sbrigativo. Qualsiasi cosa volesse, io non volevo sentirla. Non volevo più perdere tempo con lei e con quella maledetta squadra, perché erano tutte fuori di testa. E davano a noi delle matte! Scossi la testa, e mi apprestai ad entrare ma qualcuno spalancò la porta da dentro. David comparve nella mia visuale, scuro in volto e incazzato nero.
Prepariamo i funerali, gente! Già mi immaginavo gli articoli di giornale:
Giallo, ragazzina di diciassettanni misteriosamente scomparsa da casa, uccisa o semplicemente evasa? Una sola testimone dai capelli rossi giura di averla vista rientrare in casa dopo averle rifiutato un dialogo pacifico.
<<Ehilà>> buttai giù lì, scuotendo una mano. <<Che ci fai sveglio?>> gli chiesi con un sorriso tirato, provando ad inventarmi qualche scusa da dire li su due piedi.
<<Io non so cosa devo fare con te>> sibiliò, aprendo di più la porta. <<Le punizioni non sortiscono alcun effetto. Dopo quello che hai fatto stamattina, ti sei presa pure il lusso di disubbedire. Da domani torni da papà>> sentenziò, ancora con voce monotona.
Mi si gelò il sangue ed indietreggiai di parecchi passi. <<Dav, smettila di fare così. Posso spiegare, io...>>.
<<No Destiny. Non c'è più niente da spiegare, sei dura di testa, lo sei sempre stata, ma adesso hai oltrepassato il limite. Tutto quello che faccio lo faccio per te, ma tu non vuoi capire!>> esclamò, aprendo ancor di più la porta e facendomi segno di entrare.
No, non poteva mandarmi da papà, a Long Beach. Non avevo nessuno, lì. Sapeva quanto odiavo quel posto. Non avevo nemmeno lui, come avrei fatto ad andare avanti? Sentii l'ansia montarmi dentro e le mani iniziare a tremare per la terza volta, quella sera. Stavo peggiorando.
Un lampo di comprensione passò negli occhi di David, ma fu breve e non abbastanza intenso da fargli abbassare i toni e rimangiare le parole dette.
Cosa potevo fare per fargli cambiare idea? Avevo combinato un casino, su un casino, su un casino.
<<Ehm... Signor Cooper, signore?>>. Gigì si schiarì la voce, avvicinandosi a noi. Comparì nel campo visuale di David, che non l'aveva ancora vista. David la guardò educatamente distaccato, salutandola con un cenno del capo.
<<Sono Gigì. Gigì Brentwood>> si presentò lei, facendosi ancora più avanti.
Perfetto. Potevo andare a fare le valigie da subito allora!
La guardai male, ma lei finse di non accorgersene.
David la guardò sorpreso, poi indurì la sua espressione. <<Ah. La ragazza che stamattina insieme a mia sorella è ad Ivy si è pestata nel giardino della scuola>> commentò, incrociando le braccia.
Lei annuì. <<Sì, sono io. Volevo dirle che mi dispiace che di mezzo ci sia andata Destiny, stamattina. Insomma, io e lei non siamo amiche, nonostante ciò ha cercato di dividere me e Ivy, ma purtroppo il preside non l'ha voluta nemmeno ascoltare, la sua versione. So che comunque sicuramente lei non approva che abbia fatto a botte con Candice, che è mia amica, ma è stata lei a tirarla in mezzo. Lo so, l'ho visto. E le chiedo scusa da parte sua. Suppongo che Destiny sia in punizione, ma ho bisogno di parlare e chiarire con lei la questione di stamattina, con il suo permesso signor Cooper. Siamo qui fuori apposta>>.
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Incompresi ~The Misunderstood Series
Romance> esclamò, inchiodandomi con i suoi occhi profondi. I suoi capelli erano sparati in tutte le direzioni, per quante volte ci aveva passato le mani in mezzo. L'ombra di un sorriso aleggiava sulle sue labbra, evidenziando ancor di più la fossetta sul m...