CAPITOLO 37

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<<mi porti a vedere papà?>>

<<ok, adesso però bevi un po' di acqua e stai qui con loro intanto io vado a sentire dove l'hanno messo di stanza>>

Lo vedo allontanarsi e tra le lacrime che riempiono i miei occhi vedo che nella sala dove ci troviamo ci sono una gran parte dei giocatori e preparatori della Lube. Non ho forze per ringraziarli a voce, così li guardo con uno sguardo pieno di riconoscimento nei loro confronti.

Finalmente troviamo la stanza, Jiri mi lascia entrare da sola in quella stanza dove risuonano i vari bip che testimoniano il fatto che mio papà sia ancora vivo. Non so cosa dire e quindi mi metto ad accarezzargli le mani e i polsi. Poco dopo entra l'infermiera che mi comunica che il tempo a mia disposizione era terminato, così lo bacio in fronte, gli punzecchio un po' la barba e raggiungo Kovar fuori dalla stanza.

<<come sta?>>

<<non lo so Jì, ha uno sguardo così sofferente. È pieno di tagli ed è avvolto in tantissime garze, alcune piene di sangue. Non l'ho mai visto così debole. Jì lui era forte, anche più di te. Non può star così male>>

<<lui non era forte, lui è forte ed infatti sta combattendo ancora. Io sono convinto che stia lottando per te e Alice. Non posso dirti che si salverà, ma posso sperarlo>>

Torniamo dagli altri e io non piango più a dirotto come prima, mi scendono solo lacrime silenziose che lascio scorrere sulla faccia e che asciugo una volta ogni tanto con le maniche della felpa che indosso.

Dentro di me sento come un vuoto che crea un dolore immenso. Inspiegabile.

Sono seduta a fianco del letto di Alice con vicino il mio uomo e fisso il vuoto da ormai una buona mezz'ora.

<<glielo dovrai dire>> rompe il silenzio Jiri

<<lo so, quello che non so è come. Come posso dire ad una bimba di tre anni e mezzo che della sua famiglia le sono rimasta solo io e mezzo papà? Che tra l'altro danno ormai per morto anche lui? Come Jiri, come? Dimmelo perché io proprio non ne ho idea.>>

Mi attira a se e mi abbraccia per consolarmi.

<<glielo diremo insieme. Io sono qui ad aiutarti e non ho intenzione di andarmene>>

<<tu hai la squadra, hai la pallavolo e gli allenamenti. Devi tornare a Macerata>>

<<io resto qui con te, non me ne vado. Il coach e gli altri li ho già avvisati e loro mi hanno promesso di dedicarci la vittoria di settimana prossima>>

<<ma almeno loro, sono andati a riposarsi? Non è necessario che rimangano qui. Hanno appena finito di giocare una partita.>>

<<hanno deciso di rimanere qui fino a domattina, poi torneranno a Macerata>>

Veniamo interrotti dal toc toc della porta. Si apre ed entrano Giulia, Elisa, Matteo ed il resto della compagnia. Passano tutti ad abbracciarmi e poi escono dalla stanza. Tutti tranne Eli e Giu che rimangono in stanza con noi. Non vola una mosca in quella stanza: guardiamo tutti Alice mentre dorme.

Mi alzo di scatto e mi avvio verso la porta. Mi guardano tutti e tre con uno sguardo come per chiedermi dove sto andando ma non aprono bocca e mi lasciano andare. Menomale. Mi incammino verso la fine del corridoio e, seguendo le indicazioni dei vari reparti mi ritrovo proprio di fronte alla porta dove ero diretta.

Entro e faccio il segno della croce. Sono andata in chiesa. Avanzo verso l'altare e mi inginocchio sul primo banco della fila. Inizio a pregare e, simultaneamente, a piangere.

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