Sono passati ormai dieci anni da quel giorno, ma nonostante tutto me lo ricordo come fosse ieri. Era la prima volta che mi sentivo bella, bella veramente. Avevo un vestito lungo e bianco, come da tradizione. Io ventiduenne e lui ventinovenne. Una coppia strana ma innamorata.
I primi a raggiungere Jiri all'altare furono Alice e i nostri due maschietti che avrebbero dovuto portare le nostre fedi. La navata la percorsi con mio nonno, visibilmente emozionato. La celebrazione durò poco più di un'ora e poi ci dirigemmo tutti verso il ristorante dove avevamo prenotato. Non eravamo tantissimi: solo gli amici più stretti.
Je e Simo si erano offerti di tenere i bimbi per lasciarci tranquilli la nostra prima notte di nozze che passammo festeggiando e dichiarandoci amore reciproco come solo noi sapevamo fare. Durante quella notte diedi a quello che era appena diventato mio marito una notizia: da li a nove mesi saremmo diventati genitori di nuovo. Infatti il 18 ottobre nacque la nostra terzogenita: Marta.
Ora siamo una famiglia unitissima: Jiri, all'ennesimo infortunio subito all'età di 32 anni ha deciso di abbandonare la pallavolo giocata dedicandosi allo studio di schemi, formazioni cercando di diventare un valido allenatore. Attualmente è il secondo di quello che per lui è stato per anni il suo punto di riferimento: Chicco Blengini. Grazie a lui, mio marito ha ritrovato la fiducia in quello sport che ama tanto ed è riuscito a riconquistarsi anche la maglia della nazionale, partecipando alle olimpiadi di Rio. Ogni tanto gli viene la malinconia e vorrebbe tornarci su quel campo da giocatore, ma sa che quell'ultimo infortunio non era come gli altri: era tosto, non era facile da superare e che anche a distanza di 3 anni ogni tanto sentiva ancora dei dolori a quel ginocchio maledetto. Si lo malediceva, soprattutto i primi mesi. Non l'aveva presa bene perché sosteneva che doveva essere lui a decidere di abbandonare e non doveva essere costretto. Ho combattuto contro il suo malumore per parecchio. Stava tutto il giorno in palestra a vedere i compagni che si allenavano, senza capire che così si stava solo facendo più male. L'unica che riuscì ad aiutarlo fu Alice. Un giorno si avvicinò a lui con una palla in mano e gli disse: "Jiri, io ho sempre detto a tutti che il più bravo a giocare a pallavolo era Simone, ma in realtà non l'ho mai pensato. Io ho sempre saputo che eri tu il più forte. Io ho sempre voluto diventare come te, e io copiavo te non Simo. Lui se n'era accorto sai? Ma gli stava bene perché anche lui sapeva che te eri il più forte. Tu perché ad ogni problema ti rialzavi e continuavi a combattere. Tu perché hai accettato me, tu perché ami mia sorella, tu perché ami questa palla, tu perché solo noi sappiamo quante lacrime hai versato per questo sport che ti deve tanto, ti deve tutto. Tu perché sei un campione, perché non tutti sarebbero riusciti a farsi tanti di quegli anni in panchina solo perché il tuo ginocchio non funzionava. Tu perché sei speciale ed hai sempre un consiglio per me. Tu perché sai capirmi, più di quanto possa fare mia sorella perché lei non ama questa palla come la amiamo noi. Tu perché nonostante questo periodo schifoso, qui in casa non fai sentire la tua mancanza e soprattutto non lo fai pesare ad Andre. Tu perché sei maledettamente testardo da non capire che chiunque è disposto ad aiutarti a sostenerti, ma hai deciso di soffrire da solo, in silenzio. Tu perché sei il migliore e basta. Quindi adesso ti alzi, vieni con me ad allenamento e aiuti il mio coach. So che i primi tempi saranno difficili perché sul quel campo sei abituato ad esserci in un altro modo, ma è la cosa migliore. Io sono sicura che tu diventerai un grande allenatore, perché tu ami questo sport e non puoi abbandonarlo. E adesso sono io a chiederti una cosa: non farlo. Non abbandonare la pallavolo. Le hai dato tanto e lei ti ha tolto tanto. Ma sono sicura che adesso potrà ridarti ciò che ti ha tolto."
Io avevo assistito a quella scena e come una stupida mi ero messa a piangere: la mia sorellina a soli 12 anni era riuscita a fare un discorso infinito a Jiri. Era riuscita a far tornare all'ex schiacciatore quella luce negli occhi che nemmeno io sapevo dargli. Quella luce che sapeva dargli solo la pallavolo. E io amavo quella luce. Io amo quella luce.
Senza Alice adesso non saremmo qui sulle tribune del palazzetto di Civitanova. Siamo qui tutti: Marco, Federico, Marta, Alice ed io. Siamo qui a sostenere Jiri che si sta giocando con la sua squadra insieme a Chicco la finale scudetto. Siamo qui perché amiamo vedere quella luce e quella voglia che Jiri ha. Siamo qui perché amiamo quell'uomo: chi come marito, chi come padre e chi come un uomo speciale che per tutto questo tempo le ha fatto da papà.
Spazio Autrice: siamo arrivati alla fine di questa storia. Spero davvero che vi sia piaciuta perchè ci ho messo davvero me stessa mentre la scrivevo. Non sempre, anzi quasi mai, sono stata puntualee ho aggiornato con puntualità e regolarità, ma giuro che mi sono impegnata per farlo il più possibile e non farvi aspettare troppo per leggere le parti successive. Non sempre ce l'ho fatta, e per questo mi scuso per l'ultima volta su questa storia e vi dico solo che tra qualche giorno inizierò una nuova storia con la quale mi prenderò uno o due appuntamamenti fissi all asettimana per pubblicare in quanto l'ho già scritta, appunto per non farvi apsettare più così tanto. Spero che passerete a leggere anche la prossima storia. quindi vi aspetto e vi ringrazio nuvamente tutti, uno ad uno. Grazie davvero di cuore, senza voi, tutto questo sarebbe stato una fallimento, invece voi l'avete reso una piccola soddisfazione. Siete davvero fantastici, GRAZIE! <3
STAI LEGGENDO
Sogno o realtà?
أدب الهواةAndrea è una ragazza di periferia di ormai diciotto anni. Lei non è la classica bella ragazza e per questo soffre. Fortunatamente ha delle amiche vicino a lei che le vogliono bene e la aiutano con la sua autostima. Un giorno però la sua vita viene c...