73. Sapere e sono qui.

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Canzone per il capitolo:

Russian Roulette – Rihanna.

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“ And I'm terrified but I'm not leaving
He says close your eyes
Sometimes it helps
That he's here means he's never lost...”

Cheryl's Pov.

Il via e vai di dottori mi sta dando alla testa. Non hanno fatto altro che controllare ogni singola parte del mio corpo, monitorato i battiti del mio cuore ad ogni minuto che passava, controllato i miei riflessi, chiesto se avessi dolori alla testa. Mi hanno chiesto qual è l'ultima cosa che ricordavo, quale parte del corpo mi doleva di più e quale di meno. Se abbia qualche problema a muovere le mie gambe o se sento dolori apparentemente strani all'addome. Tutte queste domande stanno decisamente alimentando il mio mal di testa, e anche se ho risposto a tutto mi sono stancata di ripetere come un robot che mi sento solamente un po' spossata e debole. Capisco le loro necessità nel controllarmi, ho subito un'operazione complicata e pesante – parole del dottore baffuto – e adesso, devono solo accertarsi che stia bene e che non abbia nessun'altra complicazione.

Annuisco quando un'infermiera mi chiede gentilmente se voglia dell'acqua e poggio la mia schiena sul cuscino dietro la mia testa.

I cuscini dell'ospedale sono proprio scomodi, per niente morbidi – a differenza dei miei in casa mia – e spessi almeno un mio braccio. Per non parlare del materasso, che nonostante sia reclinabile è del tutto scomodo. Preferirei dormire a terra o su una sedia, probabilmente soffrirei gli stessi dolori.

Lancio un'occhiata all'ago sul mio braccio e sbuffo quando quest'ultimo mi reca un pizzico di fastidio. In questi giorni non ho mangiato proprio nulla, giustamente, ma non posso continuare a nutrirmi con bottiglie di flebo. Sento proprio il bisogno di mangiare qualcosa che non sia liquido, magari un'enorme pizza piena di salame piccante.

Si, una pizza, decisamente.

« Ha capito?».

Sbatto le palpebre voltandomi verso l'uomo baffuto e l'infermiera, e scrollo le spalle, «Mi scusi, ero distratta.» accenno un sorriso timido.

Il medico mi sorride, « Stavo dicendo che adesso, Gwen, le controllerà la ferita al fianco destro.».

Deglutisco, « F-ferita?» domando incerta. D'altronde, nessuno mi ha ancora resa partecipe di ciò che mi è successo. Qualche ora prima, circa, hanno mandato via Harry dalla mia stanza per i controlli appena conclusi e di conseguenza non ho avuto modo di sapere.

« Ha ragione, non le abbiamo detto nulla...» mormora più a se stesso che a me, si avvicina al lettino e inserisce entrambe mani nel suo camice bianco, « Ha subito un'aggressione, ma questo penso che se lo ricorda.» alza un sopracciglio.

Annuisco abbassando il capo, « Ricordo alcuni momenti, ma poi ho un vuoto e-e non...» gioco nervosamente con le mie mani e sospiro, « Non ricordo cosa mi è successo dopo.».

« La mente tende, molte volte, a cancellare i ricordi più dolorosi o inabissarli in una parte remota del cervello, tornando a galla solo dopo un po' di tempo. Nel suo caso, era sicuramente svenuta, quindi è più che logico che non si ricordi nulla.» afferma, «Non vorrei essere duro ma credo che debba sapere in quali condizioni era arrivata qui quasi una settimana fa.» dice senza mezzi termini.

SIGN OF THE DESTINY |H.S.|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora