• Capitolo VII •

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Dopo quasi 45 minuti di viaggio, Skyler fu condotta da un militare in quello che sarebbe stato il suo nuovo appartamento. Il portellone si aprì e la vista di un'asettica stanza, dall'arredamento più che minimalista ed impersonale, le si presentò davanti gli occhi. La ragazza studiò l'ambiente con distacco.
"Sono le 20.30, fa la tua somministrazione." sancì la guardia, rimanendo impalata davanti alla porta.
Skyler caricò velocemente la pistola, portandola al collo, "Come faccio a trovare un lavoro?", l'ago trafisse la pelle.
"Non è compito mio rispondere a questa domanda. Più tardi passerà il balancer a cui sei stata assegnata." l'uomo fece dietrofront e uscì dalla piccola abitazione.
La ragazza, così, si ritrovò completamente sola, immersa nel silenzio di un ambiente che non le apparteneva e che non le trasmetteva familiarità né, tantomeno, calore. Si guardò per qualche minuto attorno, prima strisciando la mano sulla bianca scrivania, poi provando a molleggiare sopra il nuovo letto. Infine, diede una sbirciata alla lunga finestra che attraversava la parete: decine di cupi grattacieli padroneggiavano il cielo, mentre delle piccole case ed un intreccio di strade illuminate riuscivano ad intravedersi, spostando lo sguardo all'ingiù.
La ragazza, a quel punto, ancora vestita, si sdraiò sul materasso, unendo le mani sulla pancia e cercando di concentrarsi su qualcosa di positivo: avrebbe cercato un lavoro e ne avrebbe fatto la sua distrazione, un modo per tirare avanti fino a quando non avrebbe trovato la giusta soluzione per uscire da quell'incubo che l'aveva inghiottita.
I pensieri si fecero più confusi e la stanchezza ebbe la meglio. Skyler si addormentò, lasciando che le ore scorressero indistintamente.
Verso l'una di notte, fu improvvisamente destata dal rumore di qualcuno che bussava contro la porta.
"Sono il balancer B-273, sono venuto per un veloce sopralluogo."
Skyler scese dal letto e, a piccoli e lenti passi, si avvicinò alla porta.
"C'è nessuno?!..." continuò, lui.
La ragazza poggiò la testa sul portellone, "Sì... sono W-1022."
"Questo lo so già, apra la porta per favore."
Skyler tastò un pulsante adiacente, lasciando che le due ante metalliche scorressero via.
Appena il suo sguardo incrociò quello della ragazza, portò indietro le spalle.
Un istante di silenzio intervallò quel momento.
"...Sono il tuo tutor." esordì lui, fissandola freddamente.
"Cos'è? Già Natale?" rispose sarcastica lei, senza distogliere lo sguardo.
Blake entrò nella stanza, "Il senso dell'umorismo è una di quelle cose che, a voi whiners, riesce proprio male. Dovrebbe essere la prima cosa che sarebbe utile azzerare."
Skyler si mise seduta sul letto, "E che mi dici dell'essere dei fottuti stronzi, invece?"
Blake tirò fuori dalla tasca un pacchetto di sigarette, "Inizia ad imparare a portarmi rispetto, se non vuoi che il tuo soggiorno qui si trasformi in un incubo."
"Perché, non lo è già?!"
Accese la stecca, "Ti assicuro che potrebbe essere molto peggio."
La ragazza lo guardò fare, "Non mi fanno paura le tue minacce... e comunque, non voglio fumo in camera mia."
Blake ne buttò fuori una bella boccata, "Iniziamo a mettere delle regole."
Fece due passi verso di lei, "Io faccio quello che mi pare, perché io conto qualcosa qui dentro, mentre tu hai la stessa importanza che potrebbe avere una macchia di umidità sul soffitto."
Un altro passo, "Le mie parole non ti fanno paura, per il semplice fatto che una sostanza chimica, all'interno del tuo sistema circolatorio, non te lo permette. Ma, sta certa, che dovresti seriamente averne."
"Dimmi solo cosa devo fare per trovare un lavoro e poi puoi anche andartene." sancì, netta.
"Passami un posacenere prima."
Skyler lo osservò, fulminandolo.
"Vuoi, forse, che ti sporchi il pavimento?" proseguì Blake, con fare velatamente divertito.
La ragazza scattò verso un tavolino posto all'angolo e afferrò il posacenere.
Stese un braccio verso di lui, sedendosi nuovamente a letto, "Adesso posso sapere come fare?"
Blake picchiettò col dito indice sulla sigaretta, facendo cadere la cenere, "Non devi fare nulla di diverso da ciò che avresti fatto sulla Terra. Fatti un giro e datti da fare."
"Io stavo per laurearmi in fisioterapia. È questo ciò che voglio fare."
Il ragazzo accennò un sorriso, "È arrivato quel momento in cui dovrei commuovermi, sentendoti dire frasi del tipo 'voglio debellare dal mondo le contratture muscolari per renderlo un posto migliore'...?!"
Skyler rimase seria, "C'è poco da ridere. Ho dedicato anni per raggiungere l'obiettivo e non voglio che tutto sfumi così."
"Ed io ho speso la mia intera vita per diventare ciò che sono e non intendo più ascoltare ancora un minuto i tuoi lamenti." stroncò lui, scandendo con fermezza ogni singola parola.
La ragazza si zittì.
Spense la cicca, "A me non interessa nulla dei tuoi sogni da Miss America. Mi importa solo che tu sia ben disposta a collaborare e a non mettermi i bastoni tra le ruote."
Si diresse verso il portellone, "Questa è la mia grande occasione per fare il salto di qualità. E sta sicura che non ti permetterò di creare gli stessi problemi che hai provocato al campo."
Skyler si guardò le mani, poi alzò lo sguardo "...Sei sempre stato così?"
Blake rimase per qualche secondo interdetto, "Così come?!..."
La ragazza non rispose, ma continuò a fissarlo dritto in faccia.
"COSÌ COME?!" ribadì, alzando la voce, lui.
"Non volevo farti innervosire." rispose lei, quasi sussurrando.
"IO NON SONO NERV..." Blake si arrestò.
Schiarì la voce e deglutì, "Devo andare. Ho altri otto whiners da controllare."
Girò le spalle, "Appena esco, blocca la porta digitando il codice 62094. Ho lasciato sul tavolo una busta con del denaro che ti servirà per sopravvivere circa una settimana. La nostra valuta si chiama osm ma, se vuoi ulteriori chiarimenti, basta recarsi al centro informazioni della Red Tower, che potrai raggiungere in 10 minuti... attraverso la metro."
Fece una pausa, "...Buonanotte, W-1022."
Lei abbassò lo sguardo e annuì. Il ragazzo lasciò, allora, l'appartamento e Skyler rimase almeno tre minuti a fissare la porta, ormai, chiusa.

***

I primi raggi del nuovo giorno colpirono il viso della ragazza, che si grattò il naso e schiuse gli occhi. Un capitolo della sua vita stava iniziando a scriversi e Skyler sperava solo di riempirlo di belle pagine.
Si vestì in fretta: dentro l'armadio era presente qualche capo scuro. Indossò una felpa grigia con cappuccio e dei jeans neri che le stavano un po' larghi in vita. Mise, poi, sulle spalle un giacchino in pelle e uscì di casa.
L'aria era densa e i fumi che venivano sparati dalle grate la rendevano, in certi tratti, irrespirabile. Il cielo era quasi impossibile da scorgere, in mezzo a quel pullulare di grattacieli massicci, ed un frenetico rumore di auto e clacson risuonava in qualsiasi angolo della città. A Skyler sembrò di percorrere le strade di una New York più cupa, più metallica e meno colorata. Entrò in una serie di negozi della zona, ma nessuno sembrava interessato. Tentò pure all'interno di uno studio medico, ma la segreteria non fece altro che guardarla con perplessità, inventandosi la scusa che il dottore non fosse presente. Scese, allora, velocemente le scale della metro vicino casa, aspettando di prendere il primo treno che le capitava sotto tiro. La gente sembrava quasi assonnata, attonita. Nessuno curiosava, guardandosi in giro. Tutti rimanevano impassibili nelle loro posizioni, o a leggere il giornale o a fissare il nulla davanti ai loro nasi.
Un rombo, in galleria, annunciò l'imminente arrivo del treno. I capelli della ragazza volarono all'indietro ed i vagoni iniziarono ad occupare i binari.
Skyler salì sull'ultimo, sedendosi in disparte in un angolino. Le fermate scorrevano veloci, ma lei non aveva la minima idea di dove scendere. Decise, allora, di sceglierne una a caso e scese dal vagone, uscendo così dalla stazione. Appena salì in superficie, un quartiere abbastanza isolato le si presentò davanti.
"Merda..." disse tra sé e sé, stringendosi all'interno del giubbino.
Percorse lentamente il marciapiede, guardandosi intorno, mentre un fischio di vento le soffiava nelle orecchie.
Osservò una vetrata: il negozio sembrava aperto, così decise di fare un tentativo.
"Salve..." si accorse che non c'era nessuno, "Ehilà...?!"
Un vecchio si affacciò da una porticina e la osservò con aria stranita, "Ragazzina, il locale è chiuso."
"Ehm, ma la porta era aperta..." rispose, timidamente, lei.
"E a me che accidenti importa?!"
Skyler fece qualche passo avanti, "Ho letto che cercate un'aiutante... c'era scritto sul foglio attaccato alla vetrina..."
Il vecchio si asciugò le mani sul grembiule, "Ah sì... ma non mi serve più nessuno. Torna a casa, ragazza."
Fece per sparire nuovamente dietro la porta.
"La prego! Mi dia una possibilità!... Ho attraversato l'intera città per arrivare fin qui...", guardò una vecchia credenza stracolma di bicchieri, "E poi, non credo che i clienti impazziscano nel vedere così tanta polvere..." concluse, sperando di essere stata convincente.
L'uomo osservò il mobiletto e ci pensò su, abbastanza titubante.
"Ho davvero bisogno di un lavoro..." fece lei, dando il colpo di grazia.
"...E va bene, maledizione. Ma è solo una prova. Chiaro?"
Skyler si lasciò andare ad un sorrisone eccitato, "Non se ne pentirà, signore!"
"Uhm..." disse lui, borbottando "...Non mi piace signore... chiamami Connor."
"Okay, Connor. Io sono W-1022."
Il vecchio fece una smorfia, stizzita "Oh, al diavolo! Quale è il tuo vero nome, ragazza?"
"Skyler Anderson..." rispose, sorridente.
"Ebbene, Anderson. Inizi domani, chiaro?"
"Sono prontissima signo... cioè, Connor."

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