• Capitolo IV •

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Una sensazione di disorientamento prese il controllo di Skyler. Le immagini apparivano confuse e il fervore che, da sempre, le infuocava prepotentemente gli occhi si era assopito, lasciando posto ad un tenue riflesso opaco.
Quando il sole era, ormai, calato da parecchie ore, fu trascinata nuovamente al dormitorio. Un silenzio quasi surreale regnava fra le pungenti coperte marroni e un timido raggio di Luna metteva in luce i piccoli lapilli di polvere che vagavano nell'aria.
La ragazza percorse lentamente il corridoio, fino a raggiungere il suo letto. Vi si sdraiò a pancia in su, tenendo fissi gli occhi al soffitto.
"Finalmente sei tornata." sussurrò Alan, alzando il petto dal materasso.
Skyler non rispose e continuò a guardare silenziosamente un punto indefinito.
"Vorrei poterti dire che mi dispiace. Ma la verità è che non provo dispiacere." continuò lui.
"È normale, lo capisco. Peter?"
"Non vuole avere più nulla a che fare con noi, ha detto che di questo passo lo faremo ammazzare."
La ragazza si infilò sotto le coperte, "Forse non ha tutti i torti."
Gli occhi di Alan caddero sulla mano bendata, "Cosa ti è successo?"
"Non è niente."
Uscì da sotto il letto un fazzolettino, dentro al quale era avvolto un tozzo di pane secco.
"Tieni, sono riuscito a prendere questo dalla cena. Non è molto, ma meglio di niente."
"Non ho fame, Alan. Adesso voglio solo riposare." replicò con estremo distacco.
"Ho dovuto fare una scelta, Skyler. Lo capisci questo?" proseguì lui.
"Non devi giustificarti. È quello che ti avevo detto. Hai fatto la scelta più giusta." chiuse gli occhi e cercò di focalizzarsi sull'immagine del suo prato.
Amava quel giardino. Suo padre vi aveva piantato delle piante di rosmarino che inebriavano l'ingresso di casa. Ma, nel buio della notte, il ripensare a quell'odore non la fece viaggiare nel tempo, a quei giorni felici, prima che le bombe distruggessero il cortile e tutti i suoi ricordi. L'indifferenza prevalse su tutto.
"Credo che dovremmo lasciar perdere... questa volta ti hanno risparmiata, ma non penso che saranno per sempre così clementi." aggiunse il ragazzo, mantenendo costante il tono di voce.
Skyler riaprì gli occhi e l'immagine della verde erbetta sfumò nell'oscurità, "Mi avranno pure preso l'istinto, l'anima. Ma non li permetterò di prendersi anche la mia libertà." ammonì, decisa.

***

Il mattino seguente, la sveglia di Blake suonò troppo presto. Buttò un braccio sul comodino, arrestando l'assordante allarme. Si rigirò ancora qualche minuto fra le lenzuola, desiderando come non mai che il tempo tornasse indietro di qualche ora, per continuare a riposare indisturbato. I pensieri furono rapidamente interrotti dal bip del suo auricolare, gettato qualche metro più in là, sulla grigia moquette. Il ragazzo si affacciò col busto dal caldo letto e l'afferrò goffamente, portandolo all'orecchio.
"Sì... qui B-273."
"Chiamo dalla Red Tower, Mr. Peace gradirebbe un incontro con lei." disse una voce maschile, ben impostata.
Blake fece immediatamente uno scatto in avanti, mettendosi in posizione seduta, "Mr. Peace vuole incontrarmi? Sono... sono lusingato."
"Alle 9 in punto, mi raccomando."
"Ma certo... certo. Alle 9 sarò lì."
Terminata la breve conversazione, il ragazzo saltò energeticamente giù dal letto, correndo verso il guardaroba. I completi erano appesi e disposti quasi in maniera ossessiva: ciascun capo era ordinato in base a modello e colore, formando una scala cromatica che, in realtà, rispondeva solo ai toni del nero, grigio e bianco. Del resto, vestirsi in modo vivace e colorato era una scelta malvista lì ad Osmium. I colori suscitavano emozioni, riportavano a galla ricordi, profumi e sensazioni seppelliti nei cassetti dell'oblio.
Blake scelse uno dei suoi completi preferiti ed iniziò meticolosamente a prepararsi: infilò i pantaloni in pregiato cotone nero, strinse la cintura di cuoio che gli cingeva la vita, appena sotto gli obliqui marcati, poi iniziò ad abbottonare la camicia bianca, dal basso verso l'alto, passando dall'ombelico fino al tonico petto color latte. Per concludere, mise ai polsi dei gemelli in argento e strinse il colletto in un sottile cravattino in seta. Completò il tutto, indossando una giacca sagomata che gli metteva in risalto le larghe spalle e un paio di scarpe in vernice lucida.
Osservò il risultato allo specchio: era quasi del tutto soddisfatto, ma mancava ancora qualcosa. Mise, allora, sul palmo una goccia di gel e portò all'indietro i capelli. Adesso era perfetto. La classe era una delle poche cose a cui non avrebbe mai potuto rinunciare.

OSMIUM - Il pianeta senza amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora