• Capitolo LXVI •

721 58 14
                                    

L'alba si alzò lenta sulle alte fronde della foresta, insieme a una leggera nebbia che depositava goccioline di rugiada sull'erba incolta.
Zorah si svegliò dal torpore del sonno che l'aveva risucchiata la sera precedente e si diresse verso lo stanzino principale, provocando piccoli scricchiolii tra le assi del parquet polveroso.
Blake dormiva sulla stessa brandina in cui giaceva inerme la povera ragazza. Il suo corpo si era scomodamente adattato al misero spazio libero e, dalla sua posizione, sembrava che l'avesse tenuta d'occhio per tutta la notte, così come si fa con la rosa più preziosa.
La donna contemplò per qualche attimo quella scena che, adesso, le si presentava davanti gli occhi ed uno strano senso di tenerezza le strinse il petto.
Riteneva paradossale quella situazione, nonché le circostanze avvenute tra i due. Nutriva rabbia e un profondo senso di ingiustizia per sé stessa e per tutta la povera gente che non avrebbe mai potuto permettersi di provare certe sensazioni per un altro essere umano. Le sembrava una beffa e, durante la notte, aveva seriamente valutato l'invito di Blake ad andarsene: ma non lo fece.
Era sempre stata una brava persona, in fondo. Sarebbe stata vista in eterno da chiunque come l'ex prostituta che fa carriera, ma a lei questo non importava. Sapeva di avere molta più dignità morale di tutti gli uomini d'affari e i generali che aveva incontrato durante gli anni sul suo cammino e questo le bastò per decidere di non abbandonarli.

Cercò di muoversi cautamente verso il piccolo fornello posto all'angolo della baracca e, dopo aver smanettato qualche minuto, riuscì a renderlo funzionante. Recuperò quindi un piccolo pentolino in latta e lo riempì di acqua e di qualche erbetta aromatica che aveva raccolto il giorno prima.

Il rumore del metallo destò facilmente il balancer dal suo sonno leggero. Alzò il petto, col viso ancora ammaccato dalla stanchezza, e si rese conto che la schiena gli faceva più male del solito. Ma il dolore fisico non era minimamente paragonabile a quello di ritrovarsi accanto Skyler, nello stesso immutato stato vegetativo. Il suo viso era pallido come quello di una statua di c'era, ma l'espressione era serena. Rimase a fissarla per qualche minuto, quasi sperando che aprisse miracolosamente gli occhi proprio durante quegli istanti, poi sgattaiolò via dal letto e osservò gli alberi dal vetro appannato della piccola finestra adiacente la porta.
Zorah lo guardò fare, mentre versava l'acqua bollente dentro delle ciotoline, ma non disse nulla.
Non capiva per quanto tempo ancora sarebbe durata la permanenza nella foresta di Axor. Skyler era a tutti gli effetti morta e l'insistenza che il balancer continuava a manifestare le sembravano essere i deliri di un uomo profondamente innamorato che non voleva rassegnarsi alla triste realtà dei fatti.

Blake frugò nelle tasche e prese fra indice e pollice una sigaretta che portò alle labbra, i suoi occhi erano scavati dal dolore.
"Sei ancora qui?" le chiese poi, accendendo la stecca.
"In fondo sapevi che non me ne sarei andata..." sistemò le due ciotole, sul tavolo.
"Già."
Buttò via una nuvola di fumo e poggiò la testa contro la parete lastricata in legno.
"Perché le hai detto di Beth."
La donna alzò il mento e sentì una morsa allo stomaco, "Merda..."
Si allontanò dal tavolo col viso mortificato di chi sa di aver fatto solo casini, "Sono stata una stupida... credevo che la picchiassi."
Il ragazzo corrugò la fronte, "Giochi troppo con la fantasia per i miei gusti..."
Deglutì e lo guardò con una certa preoccupazione, "...Tu come stai?"
Blake osservò la sigaretta, facendola muovere tra le dita.
"Non mi va di parlarne." spostò il viso su Skyler, "Devo capire cosa è successo e cosa posso fare. Fino a quel momento non avrò pace."
Zorah annuì e tornò al tavolo, "Beh, bevi una tazza di questo infuso. È molto amaro ma ci darà un pò di energie."
"Non mi va." rispose lui, senza troppo interesse.
"Morirai assiderato, Blake." insistette, "L'ultima cosa che abbiamo bevuto è stato quel maledetto champagne al Galà!"

In quell'istante fu come se un cortocircuito avesse generato una scintilla dentro la testa del ragazzo, che arrestò immediatamente la mano a mezzo petto, con la sigaretta ancora accesa.
"Cosa... cosa hai detto?"
"Che morirai di sete se non bevi qualcosa." ripetè lei, con tono di rimprovero.
"No... intendo dopo. Lo champagne..."
"...Si?"
La donna rimase interdetta a guardarlo.
Blake si staccò dalla parete ed iniziò a muoversi freneticamente dentro lo stanzino.
"È stato il governatore Harley a passarle il calice... non è stata lei a prenderlo... " il suo respiro iniziò a farsi più intenso.
"Aspetta... frena." disse lei, lasciando perdere l'infuso, "Stai dicendo che hanno messo qualcosa dentro al suo bicchiere?! È... è assurdo..."
Il ragazzo tornò a guardare Skyler e il suo viso mutò in un'espressione di profondo sconforto e rabbia.
Andò a inginocchiarsi proprio ai piedi del letto e le prese una mano, "Ti prego... no..." sibilò, tremando.
"Blake... che sta succedendo..." chiese la donna, iniziando a rendersi conto di ciò che era realmente accaduto.
"Ti prego..." continuava lui, mentre una lacrima scorreva via.
Zorah gli si avvicinò a piccoli passi e pose il palmo sulla spalla del balancer, ancora a terra.
Blake sembrò per un attimo ritornare in sé e, asciugandosi gli occhi, chiese a Zorah di portargli un panno. Tirò allora fuori il suo coltellino e incise lentamente il braccio della giovane, in modo che il sangue fluisse lungo l'avambraccio.
"Cosa... cosa diavolo stai facendo?" Zorah sgranò gli occhi.
Il ragazzo non sentì una sola parola, ormai totalmente risucchiato dal pensiero di sapere se i suoi sospetti fossero fondati.
Bagnò le dita di sangue e ne annusò l'odore. Fu in quel momento che comprese di essere precipitato dentro a un pozzo nero dal quale non c'era speranza di uscire. Tutto iniziò a prendere forma tra i mille pensieri: la cerimonia, la presenza di Skyler a Parabellum, il Galà.
La testa prese a girargli e un forte senso di nausea ne sbiancò il viso, tanto che dovette poggiarsi al cornicione della porta che dava sull'altra piccola camera. Zorah gli corse incontro, aiutandolo a sostenersi.
"Sapevano tutto..." le disse, con un filo di fiato, "Hanno organizzato questa... questa messinscena per lei."
"Adesso calmati..." rispose la donna, ma il giovane la scansò per tuffarsi nuovamente ai piedi di Skyler.
"Mi dispiace..." sibilò tra singhiozzi atroci che spezzavano il cuore, "Mi dispiace tanto..."
Zorah si strinse tra le braccia e, dinnanzi a un tale strazio, anche i suoi occhi divennero lucidi.
"È finita... stavolta è davvero finita..." aggiunse lui, poggiando la fronte su quella della ragazza.
Si mise nuovamente in piedi e osservò Zorah, con occhi assenti.
"Vai via da qui... Sei ancora in tempo per raggiungere la città prima del tramonto. Dopodiché sarai libera di informare le autorità sulla mia posizione. Dì che ti avevo presa in ostaggio e che sei riuscita a fuggire, non ci vorrà molto per crederlo vero. Non ti succederà nulla, hai la mia parola."
"No. Io non me ne vado."
Blake avanzò di un passo, "Ma non lo capisci?! È FINITA!" aprì le braccia, con la vista ancora appannata dal pianto, "Sapevano tutto... tutto di noi. Sono stati loro a portarmela via, LORO! Lei è... lei è morta. E non c'è più alcun motivo per cui continuare. Non ho più nulla... nulla."
Barcollò verso Skyler e le adagiò un leggerissimo bacio sulla fronte poi, senza guardare Zorah, aprì la porta e si spostò sull'uscio.
"E tu... tu cosa farai?" chiese allora la donna, turbata e spaventata.
Osservò l'enorme distesa intricata di alberi, "Credo..." deglutì, "Credo che camminerò un pò."
"Blake..." disse subito lei, fissandolo con insistenza "Non fare stronzate."
Scese la scaletta in legno e si girò a guardarla, "Prendi le tue cose e inizia ad avviarti." serrò poi la mandibola, "Grazie per essermi rimasta fedele. Non penso che altri lo avrebbero fatto."

***

"Dove diavolo sei andato, Blake..." continuava a ripetere Zorah da circa un'ora, dondolandosi sullo sgabello cigolante.
Aveva di fronte la ragazza, ferma e immobile come un sasso in fondo al lago, come un raro cimelio posato a vista a prendere polvere. Non avrebbe ascoltato la richiesta del balancer nemmeno stavolta. Aveva deciso che sarebbe rimasta lì fino alla fine, qualunque fosse stata la natura di quest'ultima. Sapeva che, adesso, a Blake era rimasta solo lei, così come sapeva che a lei era rimasta solo Skyler, l'unico volto amico passato fugacemente dalla sua vita.
La osservò ancora per qualche minuto, muovendo nervosamente le gambe, e decise di avvicinarsi.
"Ehi..." le disse, a bassa voce, come se fosse quasi un'intima confessione, "Non so esattamente cosa intendesse Blake quando diceva di sentirti ancora... ancora connessa a lui." si bagnò le labbra, "Ma è bello pensare che sia proprio così."
Si sistemò meglio a un passo dal suo volto, "Se puoi davvero sentirmi... ti prego... ti prego, svegliati."
Sospirò, sentendosi irrimediabilmente stupida, "Se muori tu, muore anche lui. Lo capisci questo?! Io perdo un'amica e tu perdi lui."
Iniziò a muovere la testa, sconfitta "Ma cosa sto facendo?! È morta, cazzo."
Si alzò, la testa le faceva male da morire. Tornò a sedersi e cercò di tenere gli occhi chiusi, senza nemmeno accorgersi di abbandonarsi lentamente al sonno e alla stanchezza.

***

Blake caricò la pistola con un solo colpo.
"Avevo la luce, adesso c'è solo il buio." diceva tra sé e sé.
Gli usignoli echeggiavano il loro canto per interi chilometri di foresta e la luce pallida del sole fendeva le chiome degli alberi come una spada che si pianta al suolo.
Tutto era pace, ma non nel cuore del balancer.
"SOLO IL BUIO!" urlò, stringendo l'arma dentro al pugno.
Avanzò tra gli arbusti, sudato e ansimante, "ERA QUESTO CHE VOLEVATE?! AVETE VINTO VOI! LEI È MORTA!!!"
Poggiò esausto la schiena contro un tronco, "...E adesso lo sono anche io."
Il sale scorreva via dagli occhi, "Non ho mai avuto libertà di scelta..." alzò la pistola all'altezza della testa e adagiò la canna fredda sulla tempia, "...Ma stavolta sarò io a decidere."

"...BLAKE!!!"
Le grida di Zorah percossero i rami, fino a turbare la serenità degli uccellini che volarono via, provocando un violento rumore di ali.
Il ragazzo abbassò il braccio e ruotò la testa verso la direzione del suono.
La donna continuava a chiamarlo a gran voce, mentre il sole iniziava già a tramontare. Blake, allora, incominciò a correre verso di lei ad una tale velocità da non sentire nemmeno i rami che, aggrovigliati, gli graffiavano mani e viso.
La donna gli si fiondò addosso, spaventata ma incredula al medesimo tempo.
"È VIVA, BLAKE! SI È SVEGLIATA... SKYLER SI È SVEGLIATA!"

OSMIUM - Il pianeta senza amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora