• Capitolo XX •

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La pallina da tennis rimbalzava contro il soffitto, scandendo i minuti che passavano lenti dentro quella camera da letto. Blake smise di lanciarla e guardò l'orologio sul comodino: le 7.26 del mattino. Si alzò con fare pigro e analizzò la stanza. Camicie da portare in lavanderia giacevano sulla moquette e scatoloni pieni di vecchia roba sporgevano da un'anta dell'armadio. Dio... quel posto gli sembrava giorno dopo giorno sempre più un porcile e quel disordine iniziava a procurargli un fastidioso prurito di malessere. Era giunto il momento di mettere a posto, pensò, non c'erano più scuse per rimandare. Qualcosa dentro quel ragazzo stava cambiando e quella apparente semplice voglia di far ordine ne era un chiaro segno. Per tutti, tranne che per lui.
Un vecchio studio aveva affermato che la gente disordinata rappresentasse, semplicemente, coloro che si trovavano in pace con sé stessi e col mondo e che non avevano bisogno certo di ordine attorno per fare chiarezza dentro di loro; al contrario, era stato rilevato che le persone più ordinate, tenessero ad acquisire un atteggiamento maniacale per ovviare al disordine mentale presente, invece, nella loro testa. Se solo Blake fosse stato al corrente di quella statistica, avrebbe facilmente intuito che la sua voglia di ripulire casa nascondeva, in realtà, l'esigenza di ovviare all'estrema confusione in cui nuotava da parecchie settimane.

Ancora a petto nudo, iniziò a ripulire, prima partendo dai vestiti, poi organizzando meglio le cianfrusaglie gettate un po' ovunque dentro casa ed, infine, spolverando ogni superficie che gli capitava davanti. Una lucidatura al parquet concluse al meglio l'opera quasi miracolosa che era avvenuta dentro quelle quattro mura, dopo due anni di puro caos.
Contemplò il lavoro finito e non gli sembrò quasi vero di essere riuscito a farlo. Quelle camere sembravano addirittura impersonali, prive del suo tatto, senza il consueto disordine.
Andò a prendere un bicchiere d'acqua fresca e si rese conto che erano appena le dieci e metà mattinata doveva ancora essere riempita, in qualche modo. Non gli volle molto per capire come, ma sapeva che sarebbe stata una pessima idea.
Indossò il cappotto e scese velocemente nel seminterrato, dove la sua moto lo attendeva impaziente.

***

Parcheggiò a qualche isolato da casa di Skyler, per evitare di dare troppo dell'occhio, e durante il tragitto a piedi si fermò all'interno di un cafè della zona. Raggiunse, infine, il palazzo e lo osservò, per un attimo, da fuori.
Una parte di sé gli intimava di posare in un angolino del marciapiede i caffè fumanti e fare marcia indietro fino a casa; l'altra, decisamente più consistente, gli suggeriva di stringere fra le mani il sacchetto di carta e rinchiudersi subito dentro l'ascensore.
Si ritrovò, dopo pochi minuti, davanti la porta della ragazza ma, stavolta lasciò che fosse lei ad aprirgli. Skyler corse ad infilarsi la vestaglia e digitò il codice. Il portellone si aprì, facendoli trovare l'uno di fronte all'altro.
Blake alzò leggermente il braccio col sacchetto della caffetteria, "Posso entrare?" chiese, mantenendosi oltre il cornicione.
"Non ti sei mai fatto troppi problemi a riguardo..." commentò lei, guardandolo e ritornando a letto.
Il ragazzo fece ingresso in camera, posando i caffè sopra la scrivania, "Dovresti alzare le tende e fare entrare un po' di luce." suggerì, immergendosi nella penombra.
"Dici?..." gli rispose, quasi fregandosene.
Sospirò e si tolse il cappotto, dirigendosi verso la finestra e spalancando le tendine. Raggi di luce penetrarono con violenza la stanza e la ragazza, a quel punto, si barricò sotto al piumone.
B-273 ne afferrò un lembo e lo tirò via, costringendola a restarne senza. Fu una sorpresa, per lui, scoprirla in canotta e slip. La maglia aderiva bene sulla pelle, lasciando intravedere leggermente la forma del piccolo ma rotondo seno, privo di top sotto. Blake rimase paralizzato ad osservarla, in un misto di imbarazzo ed incapacità di sbloccare quell'attimo.
"Cos'è?... Non hai mai visto una donna seminuda?" gli fece, innervosita, riprendendo possesso della coperta.
Blake deglutì e distolse lo sguardo, ormai troppo tardi.
"Immagino proprio di no..." Skyler lo scrutò, pensando a quanto fosse strano.
"Non ci sai fare proprio, vero?" riprese, quasi provocandolo.
"Ti ho portato del caffè caldo." le rispose, ignorandola.
"Sono certa che tu non abbia nemmeno mai baciato qualcuno..." insistette la ragazza, scoprendosi di nuovo.
A che gioco stava giocando? Questo, forse, non lo sapeva nemmeno lei. Ma era paradossalmente più facile giocarsi tutte le carte a disposizione quando il farmaco le resettava pure il senso di vergogna.
Blake fece istintivamente un passo indietro, fissando la parete. Poi, lanciò un'occhiata alla calda bevanda sul tavolo, "Ti consiglio di berla in fretta, prima che si raffreddi."
Skyler abbozzò un sorrisino, "È lo stesso consiglio che potrei dare io a te, adesso..." allargò leggermente le gambe, poggiando la schiena sul cuscino ed osservandolo maliziosa.
Le palpebre del ragazzo tremarono e la gola si fece secca. Prese la vestaglia e gliela gettò, con rabbia, addosso.
"Copriti." sancì, netto.
Sbuffò, "Allora sei un tipo a cui non piacciono le cose troppo facili... Apprezzabile."
Si vestì e si alzò dal letto, avvicinandosi al suo orecchio "E, comunque, so che avresti voluto." gli sussurrò, per poi dirigersi subito in cucina.
Blake chiuse gli occhi e strinse i denti. La seguì nell'altra stanza, "Smettila immediatamente di rivolgerti così a me."
Skyler portò alla bocca un toast, addentandolo "Hey, rilassati. Stavo scherzando."
"Beh, noto con piacere che il nuovo dosaggio ti abbia fatto diventare una simpaticona."
"No, Blake. Semplicemente più stronza." intervenne lei, "E ti ringrazio per questo... perché adesso so cosa significa essere te!"
Lo fulminò, gettando la fetta di pane sulla mensola e rituffandosi sul corridoio.
Il ragazzo la fermò, serrandole il polso "Ascoltami, adesso." le disse, severo, facendola arrestare di fronte al suo volto "Sono un balancer, ma la mia pazienza ha comunque un limite... che tu stai rischiando di farmi oltrepassare."
Skyler lo guardò, con l'aria di chi non ha più nulla da perdere "E cosa vuoi farmi?... Vuoi, forse, picchiarmi... prendermi a schiaffi... a calci?! Beh, accomodati pure e tira forte sullo stomaco... perché vorrei tanto sentire dolore. Lo vorrei tanto, davvero." concluse, con la voce un po' rotta.
Blake la fissò, irrigidito, e lasciò la presa, scagliando un potente destro contro alla parete.
"Merda!" urlò, nell'impeto.
La ragazza lo guardò fare, spettatrice inerme di quella reazione, e si allontanò in camera.
Lui le andò dietro, silenziosamente, con l'espressione di chi non sa più a cosa aggrapparsi. Aspettò che lei si sedesse sul letto, poi le si avvicinò, mettendosi in ginocchio.
"Fammi vedere a che punto sono le ferite..." le fece, con tono più calmo, quasi stanco.
Skyler alzò le maniche della vestaglia: delle bende le fasciavano i polsi.
Blake le staccò cautamente, mentre la ragazza faceva qualche smorfia di dolore.
"Stanno cicatrizzando bene..." disse, deglutendo ed osservandole le braccia.
"Scusa per prima..." sussurrò lei, d'improvviso.
"No, non scusarti..." rispose, bagnandole le cicatrici con del disinfettante, "Hai ragione, sono uno stronzo."
"No, non lo sei."
Blake alzò lo sguardo a cercare i suoi occhi.
"Non lo sei affatto, Blake." ribadì, sottovoce.
"...Tu non sai nulla di me."
Skyler lo guardò, mentre gli puliva le ferite "...E allora spiegami perché, invece, ho come l'impressione di conoscerti da sempre."
In quel momento una fitta lo colpì al fianco e rimase in silenzio.
"Lo percepisci anche tu..." proseguì la ragazza, continuando a fissarlo.
"Ciò che avverto non importa a nessuno." sancì, lui.
"A me sì." rispose subito.
Blake le rimise la fasciatura e si alzò in piedi, "Credimi. A te non importa nulla. Non ti importa proprio nulla."
Si allontanò, indossando il cappotto.
"Che significa questo?!" Skyler si tirò su.
"Credi che io mi beva il fatto che tu voglia essere mia amica?!..." gli disse, sprezzante.
Un nodo strinse la gola della ragazza,
"Perché dovrei mentirti..."
"Perché sei sola e ti senti persa. Potrebbe esserci stato chiunque al mio posto e tu ti saresti comportata allo stesso identico modo."
Skyler corrugò la fronte e allargò le braccia, "Di cosa mi stai accusando, Blake?!"
Il ragazzo abbassò la testa, per poi rialzarla "Tu non hai bisogno della MIA presenza. Tu hai solo bisogno di UNA presenza."
Rimase inizialmente in silenzio, "...E se anche fosse?! Sarebbe un problema per te?!"
Blake si lasciò scappare un nervoso sorriso e si allontanò, "Cristo, lo sapevo!"
"È UN PROBLEMA PER TE, BLAKE?!" gli disse, alzando la voce.
"SÌ!!! LO È, CAZZO! LO È!!!" le urlò, istintivamente, lui.
Il silenzio scese improvvisamente dentro la piccola stanza, stendendo un velo di disagio su ogni mobile che la riempiva.
B-273 portò le mani sugli occhi, sfregandoli "...Io vado via." disse, con un filo di voce.
La ragazza non rispose e si limitò a fissare il pavimento, cercando di mantenere il controllo del suo respiro.
Blake, allora, aprì la porta ed uscì velocemente, precipitandosi sulle scale. Arrivò in strada e i suoi passi si fecero sempre più rapidi fino a correre, senza neanche accorgersene.
Giunse, esausto, vicino ad un semaforo e si appoggiò, col braccio, al palo giallo, allentandosi il nodo della cravatta.
La fronte sudava e i suoi battiti erano letteralmente impazziti. Qualcuno gli passò accanto, guardandolo chi con sospetto, chi stranito.
Cercò di riprendersi ed attivò il suo auricolare.
"Pronto? Mi ricevi?..."
"Salve, B-273. In cosa posso aiutarti?"
"Prenotami una postazione al poligono, per favore. Ho bisogno di sparare qualche colpo..." disse, ansimante, asciugandosi le tempie.
"Nessun problema. Ma... tutto bene? Sembri strano."
Blake deglutì, continuando a respirare a fatica ed osservando le auto attraversare le strisce pedonali.
"B-273... mi senti?"
Una luce attraversò rapidamente il suo iride.
"Pronto?... Mi ricevi?!..."
Staccò la chiamata e si diresse verso la moto.

" Staccò la chiamata e si diresse verso la moto

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