• Capitolo VI •

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Era trascorsa una settimana dal giorno del test ma, per Skyler, era come se il tempo si fosse fermato da quando era stata portata al campo EZ1. Non riusciva a fare a meno di pensare perché quel balancer l'avesse risparmiata. Era stata, forse, la pietà? La compassione? No, non era possibile. Nessuno di quei sentimenti era conosciuto a quegli uomini. Allora perché, continuava a chiedersi, osservando i volti sbiaditi della gente.
Lei era diversa. Per tutta la vita, si era sempre sentita nel posto sbagliato al momento ancora più sbagliato. Inadeguata: era così che percepiva se stessa, in qualunque posto e in qualsiasi circostanza venisse catapultata. Amava osservare le persone, lo faceva da quando era appena una bambina e, ogni volta, riusciva a indagare dentro gli occhi dei passanti, trovandovi sempre reconditi sprazzi di malinconia o tristezza o, ancora, passione. Ed era proprio quello che cercava di fare in quel maledetto lager. Ma come ci si può illudere di trovare una sorgente d'acqua, scavando nell'arida sabbia del deserto? I volti di quegli uomini, quelle donne, quei bambini, sembravano essere ricoperti di cera. Un inconstistente nulla gravava sulle loro teste ed era come se chiunque, lì dentro, fosse stato inghiottito dalla sua stessa ombra.
Ma c'era una scintilla che era riusciata a cogliere, in mezzo a quel torpore, ed era quella che aveva attraversato, per un'istante, l'iride di B-273. Ne era sicura, non poteva essersi ingannata. Non aveva mai sbagliato in queste cose: c'era qualcosa in quel balancer che lei era riuscita a scrutare. Qualcosa di umano, qualcosa di vero.

***

"Tutti al padiglione A! Muovetevi!!!" urlò una guardia, irrompendo nel dormitorio.
"Cosa vogliono adesso?" si domandò Alan, con fare sospettoso.
"Lo scopriremo a breve..." rispose la ragazza, legandosi i capelli in una lunga coda di cavallo.
Gli uomini si accertarono che l'intera camerata si svuotasse, mentre la gente si dirigeva svogliatamente verso il padiglione A.
Ad accoglierli, sul piccolo palco ligneo, una fila ordinata di balancers. Erano circa trenta e tutti impeccabili nelle loro contrite e seriose espressioni. Blake scrutava i volti di chiunque entrasse in sala, occupando poco a poco le sedute ma, tra tutti, c'era un viso che gli provocava un tic al cervello. E, quel viso, era lo stesso che, per la prima volta, gli aveva fatto perdere il controllo.
Skyler ed Alan presero posto vicini. Il loro rapporto si rafforzava di giorno in giorno e la fiducia che ciascuno riponeva nell'altro era l'unica cosa che riusciva a farli andare avanti.
Le luci si fecero soffuse e l'enorme schermo tornò a scendere giù dal soffitto, coprendo la fila di balancers, rimasti, composti ed immobili, dietro.

"Buongiorno a tutti, credo che ormai voi abbiate memorizzato il mio volto. Sono Mr. Peace e, questa volta, vi parlo in diretta dalla Red Tower. È una splendida giornata, oggi, non trovate? Il sole splende alto in cielo e le temperature sono miti. Ma per voi questo giorno non sarà piacevole solo per il tempo, bensì per una notizia che, sono certo, accoglierà il vostro consenso: la vostra permanenza nel campo EZ1 è conclusa."

I due ragazzi si strinsero la mano.
"Non ci credo..." sussurrò, incredula, Skyler.
"Mio dio... finalmente." fece con un sospiro, Alan.

"Se oggi vi trovate in questa sala è perché siete giunti al termine della prima fase del programma di inserimento. Avete iniziato a prendere confidenza col reset-41, superando brillantemente i test cui siete stati sottoposti."

Skyler deglutì e ripensò al giorno del suo esame.

"Sono davvero orgoglioso di voi tutti, ero sicuro che avreste accolto la nostra causa. Sappiate che tutto quello che stiamo facendo è solo per il bene del nostro pianeta e del nostro popolo. E, per farne ufficialmente parte, siete tenuti ad affrontare il secondo ed ultimo step, che avrà inizio a partire proprio da questa mattina."

OSMIUM - Il pianeta senza amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora