• Capitolo XCIII •

751 40 4
                                    

Salve lettori! Questo è un capitolo multimediale. So che molti di voi hanno difficoltà a riprodurre i brani durante la lettura. Il problema è che Wattpad non permette la riproduzione continua per gli Android. Per cui vi consiglio di avviare il brano direttamente da Spotify (o app simili) per superare questo disagio, giunti al TERZO spaccato del capitolo. Buona lettura!

Che quella mattina fosse, tra tutte, una delle più cariche di sussulti e sospiri del cuore, era vivido e lampante negli occhi di Skyler. L'emozione era densa e colava lentamente dalle pareti della sua camera umida, mentre la giovane pettinava lentamente i capelli che da settimane avevano ripreso a crescere fino ad arrivare alle spalle. La luce del mattino era chiarissima, quasi rarefatta, e le illuminava il viso donandole un'aura angelica e solenne. Zorah aprì piano la porta e affacciò la testa a guardarla.
"Entra pure..." disse Skyler, sorridendole "In fondo, non tutte le damigelle possono vantare di aver visto la sposa per due giorni di fila."
La donna avanzò nella stanza, "Di certo non tutte possono dire di averne vista una così bella." prese a sedere sul letto, accanto alla giovane, e fece scivolare la mano sulla sua, stringendogliela, "È un sollievo vederti finalmente felice."
"Credi sia una follia?"
"Sì." rispose senza alcun dubbio Zorah, "Ed è per questo che i tuoi occhi brillano. La felicità è anche questo, amica mia. Camminare sul filo e godersi la vertigine."
La ragazza accennò un sorriso, ammaliata dai discorsi fluttuanti in cui ogni tanto la donna inciampava. Zorah poi le scostò una ciocca di capelli, portandola ai lati del viso, "Dai, fatti dare una mano." riprese, saltando sul letto e mettendosi alle sue spalle.
Con il palmo sinistro le prese i capelli e con la mano destra iniziò a spazzolare delicatamente la ragazza.
"Non mi sembra vero, Zorah." commentò, d'un tratto, infrangendo quel labile silenzio appena creatosi.
I denti di legno della spazzola si trascinarono lungo le ciocche, provocando un fruscio di vento.
"Ti assicuro che Blake è ancora più agitato di te."
"Lo hai visto?" chiese subito lei, portando in fuori il petto, "Ti ha detto qualcosa?"
La donna inarcò le labbra, continuando a pettinarla, "No, era visibilmente teso. Suppongo che non sappia gestire così tante sensazioni in una sola volta."
La ragazza si schiuse in un tenero sorriso, "No, immagino di no. Ma proverò a insegnargli anche questo. Abbiamo una vita intera davanti..."
Il suo sguardo, tuttavia, si adombrò improvvisamente.
"Tutto bene?" chiese, allora, Zorah.
Skyler giunse le mani sulle gambe, "Si... si. È solo che mi sono resa conto di aver detto una sciocchezza."
La donna arrestò i movimenti della spazzola, "Avrete un futuro radioso, Skyler. Non temere nulla."
"Lo dici perché vuoi tranquillizzarmi o perché lo pensi davvero?" replicò, buttando giù un groppo, "Mr. Peace non è sparito, Zorah. È solo più lontano, ma c'è. Certe notti lo sogno e mi sembra quasi di sentirlo arrivare fin qui, lui e quel maledetto bastone che ticchetta contro il parquet."
"Ascoltami adesso." disse l'amica, ponendosi davanti a lei, "Lui non vi troverà. È chiaro? E francamente... chi può dire che vi stia cercando? Credimi, sono certa che abbia cose più importanti a cui pensare adesso. Hai sentito cosa raccontava Blake? È malato, Skyler. I suoi giorni sono contati."
"No... è troppo facile..." sussurrò lei, come incapace di sbrogliare l'intricata matassa di quei pensieri, "Non sarebbe da lui lasciare che le cose vadano semplicemente così. Blake è un diamante per Mr. Peace, forse la cosa più cara che abbia mai avuto."

Un veloce bussare alla porta della camera interruppe repentinamente la tensione di quel momento.
Joshua si fece avanti, con un piccolo bouquet di fiori selvatici tra le mani.
"Blake mi ha chiesto il favore di farti avere questi." le disse, portando in avanti il braccio, "Gli ho risposto di sì solo perché so che adori i germogli di campo."
Skyler liberò un sospiro commosso e un'espressione spiazzata, alzandosi dalla brandina e avviandosi verso il ragazzo.
Afferrò delicatamente il mazzo di fiori e lo osservò con sincera gratitudine.
"Non sai quanto io apprezzi la tua presenza in un giorno così importante per me. Grazie Joshua."
"Non lo faccio per lui." sottolineò ancora una volta, osservandola con una distinta consapevolezza, "Ma perché ti voglio bene e perché Zorah non mi rivolgerebbe più la parola se cercassi di sabotare la cosa."
"Avresti dovuto dire addio al sesso, mio caro." intervenne l'amica, ironica.
La ragazza si lasciò andare ad un sorriso, coinvolgendo anche Joshua che tuttavia si ricompose presto, "Caleb ha il cuore spezzato. Ma non lo darà mai a vedere, lo conosco troppo bene."
Skyler deglutì, imbarazzata, "È più forte di quanto lui stesso possa pensare. Se la caverà, ne sono certa."
"E in quanto a te... te la caverai?"
Alzò lo sguardo verso i suoi occhi, "Sì, sta tranquillo. Che tu possa immaginarlo o meno, il posto più sicuro in cui potrei essere al momento è proprio quello accanto a Blake." pose fermamente la mano sul suo avambraccio, "Lui mi ama, Joshua. Ha chiuso definitivamente con quel mondo."
L'uomo buttò via un lieve sospiro, "Spero che tu abbia ragione, Skyler. Ma non posso celarti il mio scetticismo al riguardo. Un uomo non cambia così facilmente, non dopo un passato del genere."
"Adesso basta con le paranoie." intervenne Zorah, avvicinandosi ai due, mentre la giovane sposa continuava a fissare con una certa amarezza il volto diffidente del ragazzo.
La donna cacciò goffamente via dalla camera il compagno, sostenendo che fosse quasi giunta l'ora di andare ed iniziando a muoversi freneticamente avanti e indietro per la stanza, controllando infine che gli ultimi ritocchi all'abito cadessero perfettamente addosso alla ragazza.
Accostò il viso alla finestra e si rese conto che l'altezza del sole segnava circa le dieci del mattino.
"Credo sia l'ora di incamminarsi, amica mia."
Skyler si voltò in uno scatto repentino, appendendo le labbra alle ultime sillabe di Zorah. Percepiva il sangue iniziare a fluire lungo le tempie e il petto gonfiarsi di ansia e frenesia.
Accennò, allora, un sì con la testa e si avvicinò alla donna. Si scambiarono uno sguardo più che eloquente per poi aggrapparsi in un abbraccio carico di commozione.
Una lacrima volò giù dal viso della giovane, insieme a un petalo che dal bouquet ricadde sul pavimento polveroso.
"Ti voglio bene, Zorah." le disse, strizzando gli occhi.
"Cammina sempre a testa alta, tesoro. Non c'è nulla che tu debba rimproverarti. Hai capito?" replicò lei, guardandola dritta in viso.
Skyler asciugò una goccia che pendeva giù dalla punta del naso e ricambiò quello sguardo.
"Non è colpa di nessuno se vi amate. Non è colpa di nessuno. È chiaro?" rafforzò.
La ragazza strinse la mandibola e riuscì a resistere alla vertigine di quei maledetti sensi di colpa che per anni l'avevano tormentata, "Sì. Non è colpa mia." rispose.
"Ripetilo."
Titubò un instante, "Non è colpa mia."
Zorah impose le mani sulle sue spalle, "Non devi dirlo a me, devi dirlo a te stessa."
Skyler, allora, rivolse distrattamente l'attenzione verso un lieve raggio di luce che, colpendo lo specchio, si rifrangeva sulla sua figura che adesso appariva, ai riflessi di quel vetro, così solenne. Sì, era proprio lei quella sposa coraggiosa che per tutta la vita si era portata sulle spalle un fardello troppo pesante da sopportare. E lo aveva riempito da sola. Fin da ragazzina, aveva relegato a sé stessa la colpa di non essere riuscita a salvare la madre da quel destino infame e vigliacco che gliel'aveva strappata via troppo presto. E, come se non bastasse, il suo percorso su Osmium le aveva lentamente scavato in testa l'idea di essere la causa di tutti i mali di quel mondo. Per un po' aveva provato a rifiutare la vita con tutte le sue forze, come se lasciarsi lentamente spegnere fosse la giusta punizione da autoinfliggersi. Ma l'amore trova sempre il modo di riaffiorare anche nel cuore più arido e riesce a scatenarsi come mille uragani in mezzo ad un oceano di schiuma e tempesta. No, non era colpa sua. Finalmente lo capiva. Era chiaro adesso, proprio come il suo viso illuminato da quello stesso sole da cui spesso era fuggita. Prima di incontrare Blake era necessario farlo: doveva perdonarsi.
"NON È COLPA MIA." ribadì, scandendo bene le parole e ritornando su Zorah, "...Non è colpa mia." sibilò ancora, rendendosene finalmente conto, mentre una lucida commozione le scavava le pupille.
L'amica sorrise, sollevata.
"Adesso possiamo andare." concluse.

OSMIUM - Il pianeta senza amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora