• Capitolo XXXVII •

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Blake aspettò che il portellone scorresse prima di scattare in avanti. Entrò in salotto, stanco e con la testa che pulsava da almeno mezz'ora. Si accorse subito di Skyler, rannicchiata sul divano, singhiozzante.
"Merda..." sussurrò tra sé e sé, rendendosi conto che la ragazza aveva visto le immagini trasmesse alla tv.
Sfilò, allora, la pistola dalla cinta, adagiandola sul davanzale d'ingresso, e si avvicinò lentamente a lei.
"No, non ho alcuna intenzione di ascoltare la tua voce..." gli disse, alzando il busto.
Non riusciva a rivolgergli lo sguardo, era come se osservarlo avrebbe suscitato in lei un'immagine distorta di quel ragazzo: la figura di quel balancer che, qualche ora prima, aveva ammazzato degli uomini innocenti entrava in interferenza con quella del sensibile amante che l'aveva accarezzata la stessa mattina.
"Non devo giustificarmi sul mio lavoro, Skyler. Hai sempre saputo quello che faccio." rispose lui, mantenendosi davanti al bianco sofà.
La ragazza si lasciò andare ad un sorriso isterico, incontrollato
"Credevo che volessi diventare migliore! Pensa a quanto io possa essere ingenua..."
Blake strinse i denti, la rabbia iniziava a risalire a galla, "Migliore?!... Migliore rispetto a cosa?! Rispetto ai miei doveri?! Rispetto alla divisa che indosso?!!" fece due passi verso lei,
"Cosa pensi che faccia... credi che abbandonerò il mio lavoro?! Per fare cosa... COSA POTREI FARE, SKYLER."
La ragazza si alzò, incurante del viso ancora arrossato per il forte pianto, "QUALSIASI COSA, CAZZO! QUALSIASI COSA CHE NON IMPLICHI GIUSTIZIARE LA GENTE!!!"
Si portò davanti al suo viso, "QUESTA È L'UNICA COSA CHE SO FARE!!!" urlò, con le vene che pulsavano abbondanti sul collo.
"...SEI MOSTRUOSO!!!" replicò lei, istintivamente.

Qualche secondo di silenzio prese dominio dei centimetri di distanza tra i loro volti.
Blake, allora, indietreggiò "Questa, forse, è la prima cosa sincera che ti sento dire dopo tutti questi mesi." esordì, lucido.
Skyler passò una mano sulla fronte, salendo fino all'attaccatura dei capelli, che tirò all'indietro. Buttò fuori un po' d'aria dalle narici, guardando il pavimento.
"Credevo di conoscerti più di quanto il tempo mi avesse concesso di fare... ma, a volte, mi sembra di trovarmi di fronte ad un completo sconosciuto." sibilò, continuando a fissare le venature del parquet, "Chi... chi sei?! TU CHI DIAVOLO SEI."
B-273 corrugò la fronte, con l'espressione di chi non ha più voglia di dimostrare nulla.
"Chi sono?!..." ritornò ad un palmo dal suo naso, in un'eterna frenesia "Sono la stessa persona con cui hai fatto l'amore ieri notte. La stessa persona che stringevi a te, che graffiavi e che mordevi. La stessa persona a cui sussurravi all'orecchio di non smettere per nulla al mondo. ECCO CHI SONO." sancì, spietato, guardandola con insistenza.
Il petto di Skyler si gonfiò.
"E adesso guardami negli occhi e dimmi che non è vero, se hai il coraggio." aggiunse, netto.
La ragazza alzò lo sguardo, fulminandolo e stringendo i denti.
"Sei un grandissimo stronzo, Blake. E non dirmi che è l'effetto del farmaco a renderti così, perché sappiamo benissimo entrambi che è una cazzata."
"Forse è vero, lo sono. Ma questo stronzo ti ha salvato la vita decine di volte ed ha rischiato la sua per tutelarti. Questo stronzo si farebbe piantare cento pallottole in petto pur di proteggerti. Eppure tu continui a dare per scontato tutto ciò, senza considerare CHE NON LO È AFFATTO. E non solo pretendi che io sia un'altra persona, ma mi giudichi un mostro. Beh, lasciatelo dire... ma credo che fino a ieri ti sia piaciuto parecchio stare insieme al mostro. Per cui non venirmi a dire che non mi riconosci. Perché tu lo hai sempre saputo che sarebbe stato così."
"...Forse credevo che sarebbe stato più facile." disse lei, con un filo di voce.
"STRONZATE!" replicò immediatamente Blake, trapassando come una lama i suoi iridi, "Nulla è facile!... Sii onesta con me. E sii soprattutto onesta con te stessa, maledizione!"
"Cosa vuoi sentirti dire?!..."
"La verità! E cioè che hai paura! E NON PERCHÉ IO SIA UN MOSTRO, MA PERCHÉ NONOSTANTE QUESTO TU TI OSTINI A STARMI ACCANTO!..." sbottò.
Il balancer abbassò leggermente il viso, rimpossessandosi di un tono più lieve, "...Perché tu continui ad esserci. È questo quello che fai. Non sono io... è di te stessa che hai paura, adesso."
Il cuore della giovane ebbe un sussulto, che le fece quasi male al petto.
Non sopportava l'idea che, ancora una volta, quel ragazzo fosse riuscito a capirla prima ancora che lei stessa ci arrivasse. E non lo sopportava soprattutto ora che conosceva la sua vera origine. Come poteva farlo? Come.
Deglutì, tentando di trattenere le lacrime.
"Ho... ho bisogno di riflettere. Ho bisogno di stare... stare da sola, per qualche giorno." disse, infine.
Blake annuì, accennando un'espressione confusa e a tratti scossa.
"Non sarò di certo io a costringerti a restare." disse, poi, a bassa voce.
Osservò le pareti della stanza, muovendo velocemente le pupille e andò via dal salotto, scattando in gran fretta verso il corridoio.
"...Blake!" la ragazza gli corse dietro, seguendolo fino al bagno.
B-273 afferrò le confezioni di farmaco che aveva ritirato per il mese, ancora in parte imballate. Strappò la carta con veemenza, in balìa di una furia cieca.
"Che... che stai facendo!" gli disse Skyler, rimanendo impalata all'ingresso.
Blake, allora, prese nel pugno un'abbondante manciata di fialette e, senza pensarci, le scagliò contro lo specchio antistante il suo viso, poi altre verso le pareti in piastrelle. Il rumore acuto di vetro infranto rimbalzò tra l'intonaco ed il soffitto.
"È QUESTO CHE VUOI?!!" urlò alla ragazza, mentre il liquido giallastro colava sul lavabo.
"Smettila!!!" lo esortò piangendo, ponendo la testa tra le mani, nel vano tentativo di attutire il frastuono.
"POSSO FARE A MENO DI QUESTA MERDA!"
Gettò a terra lo scatolo ed iniziò a calpestarlo con tutta l'energia che aveva in corpo.
"Basta!!!... FERMATI!" ribadì, afferrandolo da un braccio e scuotendolo con forza.
Il ragazzo la guardò con occhi spaesati, terrorizzati, arrestandosi.
Skyler gli strinse il polso, "Basta... basta..." sibilò, mentre le lacrime fluivano spietate.
Continuando a serrare la presa, le sue gambe persero improvvisamente sostegno e la fecero cedere. Il balancer, allora, la trattenne tra le braccia, per non farla crollare sul pavimento pieno di cocci, e le fece appoggiare la schiena contro al muro.
"Mi dispiace... mi dispiace tanto..." sussurrò lui, affondando il viso nella clavicola di Skyler, esausta e svinita.
La giovane gli prese il mento, costringendolo a guardarla dritto in volto, "...Perché non mi uccidi e basta. La pistola è di là. Prendila... prendila e sparami un colpo in testa, così come hai fatto con quelle persone."
Il balancer fece lentamente segno di no con la testa, mentre una lacrima scivolava via.
"Mi renderebbe tutto più facile... credimi, Blake..." proseguì, con poco fiato.
Il ragazzo strizzò gli occhi al sentire una tale assurda richiesta.
"Credimi..." ribadì, guardandolo intensamente, senza quasi emettere più alcun suono.
"Non..." deglutì, tremando "...non ci riesco. Non potrei... non potrei mai farlo."
"Verrà il giorno in cui ci sarà un altro a farlo al posto tuo..."
B-273 reclinò leggermente la testa, continuando a sorreggerla "Perché mi dici questo..."
Skyler, allora, gli accarezzò la guancia, colma di sconforto "...Perché appena ti ho visto premere quel grilletto, la prima cosa che mi è balenata in testa è stato il pensare che anche io sarei potuta essere in mezzo a quelle persone. Non c'è alcuna differenza tra me e gli uomini che hai giustiziato stamani, Blake. Nessuna."
Quella carezza provocò un brivido che si estese lungo tutta la colonna vertebrale del ragazzo e sapeva di dolore.
"Io non ti ucciderò, Skyler. Sai che non lo farò." replicò, con estrema fermezza, "Non provarci nemmeno."
"Invece dovresti." rispose lei, con tono incerto, "Perché se nessuno dei due cederà, allora finiremo per ammazzarci a vicenda..."
La lasciò andare e si allontanò di qualche passo, "Smettila, Skyler."
"Sai che sto dicendo il vero..."
"VAI VIA DA QUESTA CASA. ADESSO."
Blake si poggiò al lavandino, stringendo i pugni contro la ceramica.
La ragazza, allora, gli lanciò un ultimo sguardo e, lentamente, lasciò l'abitazione.

***

Mentre si lanciava in strada, tra le strisce pedonali ed i clacson che le suonavano addosso, qualche goccia salina fuggì via dal suo viso, sorpresa dal vento che avvolgeva ogni cosa. Era il cuore, l'anima a piangere. Perché sapeva esattamente dove stesse andando e sapeva esattamente che stava per porre fine a quell'eterno incespicare tra i dubbi e le domande che, da giorni, alimentavano la lotta nel suo cuore.
Raggiunse il Sottosuolo, mentre i pensieri le urlavano in testa e attraversò la piazza principale, facendosi coraggio. Spalancò le porte del palazzo della Resistenza, una ad una, con sguardo assente ma, ad una vista più superficiale, serio e determinato.
Gli uomini e le donne del congresso alzarono i loro visi, osservando la ragazza che prendeva posizione al centro dell'enorme sala.
Secondi di solenne silenzio si anteposero alle prime parole che Skyler pronunciò, con labbra tremanti.
"...Ditemi cosa volete che faccia."

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