• Capitolo LXXXI •

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La puzza di muffa era una costante nel Sottosuolo, ma bastavano poche ore passate laggiù per abituarsi a quel fetore che grattava la gola.
Blake camminava con fare circospetto, mantenendo sempre il cappuccio ben steso sul capo. Si addentrò nel frenetico labirinto di sentieri e stradine che si aggrovigliavano diramandosi a partire dalla piccola piazza circolare, e chiese più volte indicazioni riguardo al quartiere in cui era segnato l'indirizzo della donna. Il borsone iniziava a pesare parecchio e la cinghia di pelle strofinava con forza sulla spalla. Camminò ancora per una ventina di minuti, senza accorgersi di essere giunto in uno dei mercati più affollati e chiassosi del Sottosuolo. Il frastuono della gente era davvero assordante ma, fortunatamente, la destinazione era adesso vicina. Il balancer tirò fuori dalla tasca il biglietto e ne rilesse per l'ennesima volta il contenuto: sì, era proprio quello il luogo. Osservò gli edifici circostanti, le abitazioni erano senza dubbio molto umili e certe facciate sembravano essere sul punto di crollare e divenire cumuli di macerie indistinte.
Gli parve dapprima strano che proprio una di quelle catapecchie coincidesse col suo indirizzo, ma mise da parte il foglio e si avviò con una certa decisione verso la porticina arrugginita, allontanandosi dalla folla.
Bussò due o tre volte ma l'abitazione sembrava essere abbandonata. Fece per girare le spalle, persuaso di aver sbagliato zona, ma un attimo dopo la porta si schiuse e dalla fessura si affacciò metà volto di una robusta donna afroamericana. Il suo aspetto non era neanche lontanamente simile a quello immaginato da Blake. Rimase in silenzio, provando a resettare le aspettative che la sua testa aveva costruito durante il tragitto, e si limitò a fissarla, mentre il fastidioso brusìo del mercato riempiva il vuoto creatosi.
"Che cosa vuoi, ragazzo? Ti hanno tagliato la lingua?!" disse la donna, impaziente.
"Sto cercando Dana."
Lo squadrò dalla testa ai piedi, con una certa diffidenza, "Ce l'hai davanti. Entra."

***

Due righe parallele di schiuma si formarono sulla superficie del caffè. Skyler le osservò con attenzione e, smuovendo la tazza, si confusero velocemente in una nuvoletta nocciola.
"Il signor Vincent ci porterà altra legna nel pomeriggio." le fece Zorah, avviandosi verso la finestra, "Mi chiedo se ci basterà per tutto l'inverno..." osservò gli alberi in lontananza, sempre più scarni di foglie.
"Riusciremo a cavarcela, come abbiamo sempre fatto." rispose lei, piantando gli iridi sull'anello.
"Beh... tu avrai il tuo camino ed io il mio, stavolta." la donna si voltò a guardarla, sorridendo lievemente.
Soffriva terribilmente l'idea di separarsi da Skyler, ma cercava di non darlo a vedere perché riteneva fosse fortunata ad aver trovato un uomo disposto a prendersi cura di lei in un mondo oramai violento e barbaro.
La ragazza deglutì, "Pensi che ci sarà un camino?"
"Ma certo. E anche un bel giardino e un dondolo sotto al portico."
"Ho sempre desiderato una casa in collina, dalla quale si potesse scorgere cielo e mare al medesimo tempo. Superare il cortile e stendersi sopra il prato, magari accanto a una betulla... e sapere di essere al sicuro." toccò l'anulare, irrigidendosi.
Zorah si avvicinò al tavolo, mettendosi seduta, "...Ti va di parlare di ieri sera?"
Abbassò lo sguardo, "È stato solo uno sfogo. Credo... credo di aver accumulato parecchia tensione nell'ultimo periodo."
"Chi odi?"
Skyler serrò la mandibola, "...Cosa?"
La donna bagnò le labbra, "Ieri ti ho sentita urlare di odiare qualcuno. A chi ti stavi riferendo?"
Le sue palpebre tremarono per un attimo senza controllo, tradendo non poco nervosismo, "Il... il governo." rispose, non troppo convinta, "Mr. Peace e tutto quello che..."
"Lui non tornerà, Skyler." Zorah le prese una mano e la osservò con estrema decisione e serietà, "Non tornerà mai più. E tu lo sai."
La ragazza rimase immobile e ricambiò quello sguardo.
"Abbiamo passato tre anni infernali... e se siamo ancora qui è solo per merito nostro, tuo e mio. Non c'era nessun altro. Siamo state noi a salvarci. Da sole."
Skyler annuì lentamente.
"Io non lo so che cosa ti stia passando per la testa in questi mesi, ma mi sembra di rivedere la Skyler impaurita e fragile del primo periodo. Ricordi?" pose anche l'altro palmo sulla sua mano, stringendola "Io ho bisogno di ritrovare quella ragazza forte e decisa che mi ha sempre tolto dai guai. Quella che si sveglia all'alba per andare a caccia di quaglie e torna trascinando un enorme cervo dalle zampe. Quella che mi fa sempre ridere nei momenti meno opportuni e soprattutto quella che ha capito che nella vita possiamo contare solo su noi stessi e che certi uomini è meglio pensarli morti anziché vivi. Sono parole tue queste, Skyler. Non è così?"
La giovane allargò le narici, gonfiando il petto, "Sì. È vero."
"E allora pensi ancora di odiare qualcuno?" incalzò, Zorah.
Distolse gli occhi dalla donna e si rivolse verso la finestra, "No. Non ha senso odiare i morti."

OSMIUM - Il pianeta senza amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora