• Capitolo L •

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Non era il silenzio di quelle mura a spaventarla, né l'idea che le giornate passassero per lo più in solitudine, in attesa del rientro di Blake. Era la disarmante e angosciosa consapevolezza che, forse, immersa in quel mondo, lei sarebbe riuscita a trovare il suo posto. Il reset-41 scorreva insieme alle piastrine e, per la prima volta, Skyler si rese conto che non le provocava più lo stesso disagio di una volta. Era forse una consolazione? O, peggio, il cappio intorno al collo della sua condanna?

Erano appena passate le due del pomeriggio e Peter era rimasto per tutta la mattinata chiuso in camera. Skyler, allora, attraversò lentamente il corridoio fino alla porta, che aprì avendo cura di non fare troppo rumore.
Il ragazzino sembrava dormire su un fianco se non fosse stato per i suoi occhi, sbarrati e puntati contro il muro.
"Hey..." gli disse la giovane, rimanendo sull'uscio, "...perché non vieni a farmi compagnia in cucina? Stavo preparando qualcosa da mangiare."
"Stamattina volevo andare a cercare mia madre..." esordì lui, con un tono monocorde, "Ma poi mi è passata la voglia."
La ragazza corrugò la fronte, "Peter, cosa è successo."
"Ho preso il farmaco. Voglio andare nel Sottosuolo, Skyler. Quando mi ci porterai."
Entrò, allora, nella stanza, dirigendosi velocemente verso lui, "Peter...", lo alzò dalle spalle, facendolo mettere seduto.
"Quando mi ci porti. Io voglio andare... Il Sottosuolo... Quando andremo..."
"PETER!!!" disse a voce alta, scuotendolo energeticamente.
Il ragazzo si zittì e i suoi iridi smisero di essere dilatati contro il vuoto.
Osservò Skyler, come se solo in quell'attimo si fosse accorto della sua presenza.
"Stai bene?!"
Sembrava scosso e disorientato, "Sì... sì. Io sto bene. Cosa sta succedendo."
"Credo proprio tu abbia avuto un incubo ad occhi aperti, Peter." replicò lei, "Non preoccupartene. Succede spesso quando si assume il reset."
Riprese fiato, accorgendosi di aver provato un certo timore: evidentemente l'effetto del farmaco stava iniziando a esaurirsi.
"Vieni a mangiare, adesso. Dopo il tramonto prenderemo la seconda fialetta."

***

Era già buio quando Skyler schiuse gli occhi. Si era appisolata subito dopo pranzo, sul divano in salotto, annerita dal fumo grigio della noia. Probabilmente aveva dormito più di quanto si aspettasse, ma riusciva a darsi una spiegazione considerando che, quando l'organismo smaltiva del tutto il reset-41, il corpo accusava come una ricaduta: le energie venivano meno e, solitamente, il metabolismo rallentava.
"Merda... la dose delle 18." si lasciò scappare, ancora scombussolata.
Vagò goffamente in salotto, addentrandosi nel corridoio. La penombra disegnava figure distorte contro il freddo pavimento, anche Peter doveva essersi addormentato probabilmente. Giunta nella camera matrimoniale, aguzzò la vista, cercando di individuare il dispositivo del reset-41.
Il rumore di un cigolìo arrivò improvvisamente al suo orecchio.
Skyler si voltò di scatto, per poi guardarsi intorno, abbastanza smarrita.
Il silenzio si distese di nuovo come un telo sull'appartamento. La ragazza, allora, pensò per un attimo di essere stata una sciocca, si sentiva così vulnerabile quando Blake non era con lei, quasi come un pettirosso in gabbia.
Raggiunse la scrivania: la sua scatolina in latta giaceva in mezzo a una marea di fogli e documenti che il balancer aveva disseminato prima di andare alla Red Tower.
Un altro rumore, stavolta più intenso, quasi come se qualcosa fosse sbattuto contro una parete.
La scatola cadde dalle mani della ragazza che, stavolta, ritornò lentamente sul corridoio.
"...Blake?!" disse, poggiando un palmo sull'intonaco, "Blake... sei tu?!"
Avanzò di qualche passo, intimorita "Blake... non è divertente." proseguì, iniziando a rendersi conto che qualcosa non andasse.
Riusciva a percepirlo nell'aria, c'era un silenzio diverso, un'atmosfera strana in quella casa.
Girò a sinistra verso la stanza di Peter, per accettarsi che non fosse stato lui: il giovane riposava serenamente, stringendo in mano una catenina donatagli dalla madre scomparsa.

"Forse sto impazzendo..." rimuginò tra sé e sé, mentre ritornava sul corridoio principale.
Ma non fece in tempo a raggiungere nuovamente la sua stanza che venne subito catturata da dietro, in una morsa che le bloccò le spalle.
"Oh, no... sei sana come un pesce. Non preoccuparti, bambolina." le sussurrò ad un orecchio Alan, tappandole la bocca.
La ragazza tentò di sganciarsi da quella presa, ma pensare di battere la sua veemenza risultò un tentativo più che vano.
"Sta buona..." disse lui, quasi divertito, "Adesso entriamo in camera e ci facciamo una bella chiacchierata."
E così fecero: Alan la spinse in stanza e tirò via dal giubbino una Beretta 34, che puntò dritto in faccia a Skyler.
"Se provi a urlare giuro che farò schizzare il tuo cervello su queste belle e candide pareti bianche." la avvertì, in un misto di rabbia repressa e follia.
Con gli occhi sbarrati e il cuore che incespicava, la giovane si limitò ad annuire nervosamente.
"Come... come hai fatto ad entrare?! COME SAPEVI DOVE TROVARMI?!!"
"Tu mi credi troppo stupido, bambolina..." accennò un sorriso.
"Non chiamarmi mai più così, Alan. Dimmi cosa sei venuto a fare e poi vattene." rispose, stringendo i denti, "Lui fra poco tornerà."
"Lui chi? Oh... intendi dire il tuo fidanzatino?! O meglio... IL MOSTRO?!" diede un'occhiata superficiale al mobilio.
"Dimmi cosa vuoi e vattene." ribadì, con voce tremante, lei.
"E chi ti ha detto che io voglia qualcosa?"
Skyler continuò a osservarlo, rimanendo inerme di fronte la pistola puntata.
"Sai, bambolina, l'ultima volta che ci siamo visti non è stato molto piacevole." si avvicinò a lei, la canna dell'arma si poggiò sul suo collo "Le mie palle ricordano ancora quel calcio..." proseguì, strusciando la pistola in su, fino al mento.
"Prova a farmi qualcosa e te lo faccio riassaggiare." rispose lei, senza distogliere lo sguardo, nel tentativo di nascondere la paura.
Alan sorrise e, subito, si distanziò.
"Tanto non mi importa più." esordì, "Ci hai tradito nel più meschino dei modi. Non hai solo voltato le spalle a tutti noi... ma anche a te stessa, al tuo sangue, alle tue radici."
"Le radici sono fatte per essere estirpate quando diventano marce." replicò, quindi, lei.
Al giovane scappò una smorfia di smacco, "Parli di marcio proprio tu... TU CHE TI SEI VENDUTA AL SISTEMA!"
Tornò vicino, "Lo vuoi capire che sei solo la sua puttana? Cosa pensi che farà... chiederti in moglie?! Comprarti una casa col giardino in una periferia tranquilla?! Magari anche un bel cagnolino! Come quello che mi ha accolto appena sono arrivato..."
Abbassò lo sguardo, sistemandosi una manica "A proposito. Non credo che potrà più abbaiare. L'ho zittito. Più o meno... per l'eternità."
"BRUTTO BASTARDO!!!" con uno scatto in avanti, Skyler si fiondò quasi su di lui, furente.
"Ehi, ehi, ehi..." Alan tese di nuovo il braccio, "Ti ricordo che tra i due sono io quello armato." disse, con estrema sicurezza.
"Sei mostruoso..." gli disse, scoppiando poi in lacrime.
"Oh, no. Qui l'unico mostro ad esistere è quello che ti scopi tutte le notti su questo letto." andò a sedercisi sopra, quasi giocando in modo crudele, "Comodo, non trovi?"

"MALEDETTO!" Skyler, esausta, si scagliò su di lui che, con insolenza, la bloccò sul materasso.
"Ti avevo detto di non fare la bambina capricciosa..."
"Dimmi cosa cazzo vuoi e VATTENE!" ribadì lei, ansimante e completamente imprigionata.
Il giovane posò, allora, la Beretta dentro il giubbino e, dal taschino dei pantaloni, tirò fuori un coltellino.
Skyler spalancò gli occhi, atterrita, mentre Alan le mostrava la lucentezza della lama, a un pelo dal naso.
"Sono solo venuto per lasciare al tuo fidanzatino un messaggio..." rispose, con lo stesso tono di voce di un pazzo omicida.
A quel punto, la ragazza gettò via un urlo e, per un attimo, riuscì a fuggire dalla sua morsa, scivolando giù dal letto e strisciando per qualche metro verso la porta, prima che Alan la prendesse dalle caviglie.
"Fa la brava..." le disse, sadico, fermandole con forza la faccia sulla moquette.
"Ravviviamo questo viso che tanto ama..." fece scorrere lentamente la lama sul suo zigomo, la pelle si aprì come creta morbida.
"AAAAAAHHH!!!" urlò in modo straziante Skyler.

D'un tratto, Peter entrò in camera, puntando verso Alan una delle pistole di servizio del balancer.
"LASCIALA STARE!" gli gridò, con le mani che tremavano vistosamente.
Il ragazzo alzò lo sguardo e gettò via il coltellino insanguinato. Skyler rimase sdraiata, immobile, congelata in uno stato di shock.
"E tu che cazzo ci fai qui?" chiese Alan, stranito, rimettendosi cautamente in piedi.
"Non importa la mira, cioè che conta è la prontezza... Non importa la mira, ciò che conta è la prontezza..." continuava a ripetere tra sé e sé l'adolescente, mentre il respiro si faceva sempre più ritmico e il dito esitava sul grilletto.
"Adesso mi avvicinerò e tu mi darai l'arma..." disse lui, facendo qualche passo verso Peter e superando Skyler.
Stirò un braccio verso la canna del giovane, "Dammela."
"Non importa la mira, ciò che conta è la prontezza..." il petto di Peter si gonfiò.
Partì un colpo che bucò il soffitto: Alan era riuscito a deviare il braccio dell'adolescente.
"PETER SCAPPA!!!" urlò Skyler, che da dietro, cercò di aggrapparsi ad Alan, nel tentativo di arrestare la colluttazione col ragazzino.

***

L'orologio segnò le venti quando Blake fece rientro. Il salotto era vuoto ed un silenzio tombale imperava su tutta la casa.
Il balancer posò lentamente la valigia sul divano, osservando la stanza con una strana percezione.
Avanzò, poi, di qualche passo e subito notò piccole goccioline di sangue sul parquet.
Una scossa elettrica gli attraversò le vertebre ma, stavolta, non era il solito dolore alla schiena, bensì una campanella d'allarme che si era improvvisamente accesa: il piccolo Black giaceva, inerme, in una pozza di sangue.
Le pupille di Blake si dilatarono e, immediatamente, si precipitò in camera. Quello che i suoi occhi trovarono di fronte fu uno scenario che gli provocò un tonfo al cuore.
A pochi metri dal letto, Skyler era riversata sul pavimento, col viso completamente ricoperto di sangue, mentre Peter seduto sulla moquette, con le spalle al muro, sembrava aver perso conoscenza già da parecchio tempo.
"NO!!!" il ragazzo si fiondò sulla giovane, alzandole la testa.
Skyler era sveglia, in uno stato di semi-coscienza.
"Guardami..." le sue dita si sporcarono di sangue.
"Peter... Peter è svenuto... gli ha dato... un colpo in testa..." abbozzò lei.
"LUI CHI?! DOVE È." incalzò Blake, stringendo i denti.
Una lacrima fuggì via dal viso sfigurato della giovane, "Finirà male... non... non farlo."
"SKYLER... DOVE SI TROVA." insistette fermamente lui.
La ragazza esitò ancora qualche attimo, disperandosi.
"...Ha detto che ti aspetta alla locanda di Connor..." sibilò.
Blake, allora, scattò immediatamente in piedi, caricando come una furia la sua pistola.
"TI PREGO NON ANDARE!!! VI AMMAZZERETE A VICENDA!!!" gli gridò, alzando la schiena.
"Tornerò presto. TU NON MUOVERTI."
"Blake..." lo esortò, stendendo un braccio, "...ti prego, lui vuole solo provocarti!"
"Ci è riuscito." rispose, con le fiamme dentro agli occhi, inserendo l'arma dentro il fodero della sua cintura.
Sparì quindi verso il corridoio, cieco di rabbia.
"BLAKE!!!" urlò, sfinita, invano, poggiando il viso sul piumone ed iniziando a singhiozzare, mentre il sangue macchiava le lenzuola.

OSMIUM - Il pianeta senza amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora