40. Penso che stia sognando

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Amare è riconoscersi.
Non c'è nessun bisogno di urlarlo,
che tanto l'unico modo per sentire un'anima è poggiare gli occhi sugli occhi
(Emanuele Piccinino)

Un prato verde, pieno di iris fucsia, si stagliava infinito davanti ai suoi occhi. Lì vicino, un ruscello di montagna, scorreva stanco e solitario.
Sembrava proprio il posto in cui andava con i suoi nonni da piccola. Le piaceva tanto passare le estati lassù; fare delle passeggiate lunghissime, dare da mangiare alle caprette e, alla sera, farsi pettinare i capelli per ore da nonna Ines. Era stata così bene in quei momenti, che quando sua nonna se ne era andata non aveva più voluto metterci piede. Era certa che avrebbe vissuto quei luoghi in modo diverso e non voleva rovinare il ricordo che serbava nel suo cuore.

Per questo, si convinse che essere lì fosse sicuramente un sogno. Bea mosse un passo verso quelle acque così fresche e invitanti, ma si accorse, con orrore, di essere paralizzata. I suoi piedi scalzi erano inchiodati al suolo e più si sforzava ad alzarli, più loro la tenevano ancorata a terra.

"Bea" disse qualcuno da un punto imprecisato intorno a lei.

Quella era la voce di Harry, ne era certa. Si guardò freneticamente intorno, ma vide solo l'erba fresca che si godeva il sole tiepido di quella giornata.

"Bea, sono qui" continuò quello che era ormai sicura fosse Harry.

Avrebbe voluto parlare, chiedergli dove fosse, ma le sue corde vocali sembravano incapaci di fare il loro lavoro.

"Torna da me, amore mio" continuava quella voce calda e familiare.

Perché si trovava lì? Perché non riusciva a vederlo? Dove avrebbe dovuto tornare?
Ma ancora nessun segno di vita dai suoi piedi e dalla sua bocca.

Poi, in lontananza, una piccola sagoma iniziò ad avvicinarsi a lei. Il sole le batteva sulla fronte, impedendole di riconoscere chi fosse. Non poteva nemmeno ripararsi dalla luce con le mani, perché anche quelle avevano deciso di non rispondere.

Intanto, quella che doveva essere di sicuro una persona, si stava avvicinando sempre di più. Dai passi lenti e stanchi, sembrava anziana, ma non ne era certa. Forse era malata.

Quando fu a pochi metri da lei, riuscì a riconoscerla.

"Nonna!" aveva quasi urlato lanciandosi al collo della piccola donnina dai capelli argentati. "Cosa ci fai qui?"

Le gambe, le braccia, la voce erano ritornate ad obbedirle.

"La domanda non è cosa ci faccio io qui, ma cosa ci fai tu, piccola mia" le rispose gentilmente, appena la nipote la lasciò andare.

"Io?" chiese interdetta Bea. "Non so perché io sia qui. Ho aperto gli occhi e mi sono ritrovata in questo posto"

Ines le sorrise. "Non ricordi cosa ti è successo?"

Bea scosse la testa; aveva provato a pensarci intensamente, ma non le veniva in mente nulla. L'ultima cosa che ricordava era di essere in auto, diretta a casa di Harry. Poi, il buio.

"Una macchina ti è venuta addosso, fiorellino. Ricordi?"

"Vuoi dire che sono morta e che questo è il Paradiso?" urlò realizzando che quella potesse essere una spiegazione al fatto che si trovasse in quel luogo con lei.

"Non sei morta, Beatrice" le aveva spiegato pazientemente la nonna. "Sei solo in attesa di tornare alla vita"

"E se non ci tornassi? Se non dovessi più riaprire gli occhi? Non ho potuto salutare nessuno, nonna. Harry, la mamma, papà..." si interruppe per colpa di un singhiozzo. "Come farò senza di loro?"

Managing your life ○ hes.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora