Capitolo 50.

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"Welcome to Philadelphia.. enjoy our past, experience our future." Cita il cartello di benvenuto.
Allyson dopo essersi calmata data la sua nuova passione per la corsa sfrenata, si è addormentata con la testa appoggiata alla mia spalla.
Non so come faccia a stare comoda e come non le faccia male il collo, ma se sta bene, sto bene anche io.
Prendo dalla tasca il bigliettino che mi aveva dato suo padre e leggo la zona scritta: Manayunk.
Dovrebbe essere qui nei dintorni, ma per evitare di girare a vuoto, preferisco fare le cose fatte bene.
Apro l'applicazione "google maps" e digito la via.
In pochi secondi mi calcola il percorso più breve da fare.
Philadelphia è caotica, ma non quanto New York.
Spero che questa sia la volta buona per poter ricominciare da zero, dimenticandoci il passato.
Parcheggio nel cortile di una casetta color sabbia, vista da fuori sembra molto grande.
Allyson non mi ha mai parlato di avere altre case in giro per il paese, mi aveva raccontato solo di qualche viaggio fatto fuori dall'America.

"Piccola siamo arrivati" le dico accarezzandole il mento.

Si stropiccia gli occhi e dopo essersi stiracchiata con tanto di sbadiglio prepotente, apre lo sportello.

"Quindi questa sarà la nostra nuova casa?" Dice perplessa guardandosi attorno, qualcosa non la convince, lo riconosco dalla sua espressione.

"Non sei mai stata qui?"  Le domando andando verso di lei.

"No, forse è la casa in cui abitavano i miei nonni prima di trasferirsi a New York, entriamo così ci sistemiamo un po'."

Prende dai sedili posteriori il suo zaino rosa e avanza verso la porta principale. Le passo le chiavi e dopo averle provato quasi tutte, la quinta entra nella serratura. Con un solo giro si apre ed entriamo.

"Non male dai" dice ironicamente accedendo con un solo interruttore tutte le luci del primo piano, illuminandolo.

Adesso posso confermare che la famiglia Fairchild non ha problemi economici a differenza della Harondale, la mia.
Questa casa è ancora meglio di quella in cui vivono loro.
Nell'ingresso c'è una cassettiera di legno ad angolo, sormontata da uno specchio contornato da delle lucine bianche.
Più avanti c'è una grande arcata che contiene il salotto. Lo stile antico mi trasmette una sensazione di disagio. Le poltrone al centro della sala sono rivestite da della stoffa color oro, ed il tavolino presente fra loro è decorato con un centrino ricamato bianco.
Il pavimento nero è talmente lucido chi ci si può specchiare, per poco non scivolavo da quanto è liscio.
Le tende delle finestre sono di un giallo ocra con dei disegnini marroncini che formano delle piccole foglioline.
Se si aprono, ci si affaccia sul giardino maestoso.
Sulle pareti ci sono tanti quadri, ed anche una televisione fissata nel muro. Strano, dato che un tempo era usanza metterle sopra un mobile. Poco distante da essa c'è un orologio a pendolo alto circa un metro e mezzo.
Lo fisso per pochi secondi, il rumore che produce mi irrita. Tic-toc-tic-toc.

"Vorresti spaccarlo vero?"

"Lascia perdere, non ho mai sopportato quei così"  confesso tappandomi le orecchie.

"Possiamo spostarlo da un'altra parte, è fastidioso sentirlo dopo un po'"

Prova a sollevarlo e per poco non lo fa cadere per terra.
Ridacchio divertito e l'aiuto.
Non è per niente pesante, riesco a tenerlo sotto un solo braccio.

"È inutile che fai il macho, ce la facevo anche da sola" dice mettendosi a braccia conserte.

"Ahssi? Allora tieni, lo metto giù così lo prendi e lo portiamo di sopra."
Faccio finta di abbassarmi per rimetterlo al suo posto e lei mi ferma.

Salvata dalla strada - un destino a due facce.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora