Capitolo 3.

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Arrivata al secondo piano dove c'era la mia camera, entrai e mi buttai di peso nel letto sprofondando la testa sul cuscino. Sapevo che al mondo ci fossero dei lavori del genere ma mai credevo di vederne uno dal vivo, a pochi passi da me.
Mia madre aveva sempre evitato di parlarmi di certi discorsi, come il sesso, la prostituzione e perfino dell'amore. Diceva che erano argomenti per persone adulte e che una volta grande avrei capito tutto da sola. Secondo me, parlarmene la imbarazzava dato i trascorsi con mio padre.
Mio padre invece non parlava d'altro che del suo lavoro, di quanto fosse importante e gratificante fare il docente universitario.
Per lui esisteva solo quello, io non contavo niente e mia madre veniva considerata perché praticava lo stesso mestiere e forse, anche perchè gli preparava tutto ciò che lui desiderava, senza esitare.
Non ho mai capito se loro due nel profondo si amassero, non ho mai visto nessuna forma d'affetto.
Solo qualche sorriso forzato quando ero piccolina, per farmi credere che eravamo una famiglia felice e senza problemi. Dormivano anche in letti separati.
Io non ho mai trovato l'amore, né una persona che dimostrasse di volermi bene.
Non so cosa significhi amare davvero qualcuno e temere di perderlo o perdersi fra le sue braccia e sentirsi a casa, io non so nulla dell'amore e di questo un po' me ne vergogno.
Fin da quando ero bambina non avevo molti amici, all'asilo mi prendevano in giro perché ero cicciottella, per cui mi piaceva starmene per i fatti miei nella mia cameretta a giocare con le barbie e con i pony.
Almeno li, sapevo che nessuno si sarebbe preso gioco di me, e potevo stare serena e tranquilla.

Sentii bussare alla porta, mi sistemai un attimo il trucco ormai colato, e i capelli scompigliati per poi dirigermi verso essa.

"Chi è?" Chiesi con un fil di voce per far finta che mi fossi addormentata, alla fine erano passate circa due ore da quando ero corsa via dal night, se ripenso a quel postaccio vorrei vomitare.

"Sono Isabèl ti andrebbe di farmi entrare per parlare un po'?" Domandò gentilmente con la sua tenera voce.

Esitai, ma poi le aprii la porta, in fondo, nessuno mi aveva fatto niente di male, men che meno lei.

"Ciao..accomodati pure" le risposi un po' turbata ma anche felice di vederla facendole spazio sul mio letto.

"Allyson spero tu non ti sia spaventata alla visione del locale notturno. Non sei obbligata a fare le cose che fanno Nicole o le altre ragazze. Puoi semplicemente ballare, e se vuoi delle mance, ballare in modo più spinto con dei clienti come faccio io. Potrai scegliere tu come salire sul palco, vestita, in costume, nuda o addirittura mascherata. Lucas non decide su queste cose, ci lascia la libertà di scegliere la nostra arte. Ma una volta entrata qui dentro, non puoi più andartene". Si rattristò.

Non riuscivo a capire, cosa intendeva dire? Che una volta presa una stanza non potevo più andare via? Che dovevo rimanere qua per sempre?

"In che senso una volta entrata non posso più andare via?" Chiesi, forse avevo capito male, come al mio solito.

Mi guardò con lo stesso sguardo dispiaciuto di poche ore prima.. "adesso che sei qui, Lucas non ti farà andare via, anche io sono scappata di casa proprio come te e sono in questo posto da sei anni. I bodyguard che hai visto prima servono per non farci scappare o per non farci portare via dai clienti. Le porte sono tutte chiuse a chiave, per questo durante il pomeriggio ci ho messo un po' di tempo per aprirti il portone, lui doveva controllare che fossi realmente tu."

Non sapevo cosa dire, mi sentivo in trappola.
Come faceva ad andare avanti questo posto?
Nessuno si era mai fatto delle domande sul perché delle ragazze non tornavano a casa? Come facevano a tenere tutto nascosto? Troppe domande iniziavano a martellarmi in testa.

"Isabèl nessuno è mai venuto a cercarti in sei anni?"

Si spostò i capelli tutti in un lato e con voce triste e rauca mi disse: "No, nessuno. La mia famiglia non mi voleva bene, era come se non mi volessero. Ero stufa di quella situazione, così a sedici anni decisi di andarmene via.
Lucas fa delle indagini su ognuna di noi e riesce a portarci in questo posto tramite degli annunci messi in internet di posti economici e accoglienti. Lui sa tutto di tutte quante.Ormai io mi sono abituata a stare qui, i primi tempi sono stati duri, ma adesso è come se fossi a casa mia, le ragazze che sono qui, sono la mia famiglia."

Si fermò per un breve istante e poi ricominciò a parlare.

"Forse mi hanno anche cercata, sai, i miei amici, mio fratello o il mio ragazzo, o devo dire ex ragazzo? non lo so più; ma io non posso saperlo. Alcuni programmi televisivi, come il telegiornale, ci sono vietati tramite un blocco, e quindi, ciò che mi rimane è solo il dubbio. " si rimise i capelli dietro la schiena aspettando una mia risposta.

Non riuscivo a credere a quanto fosse astuto il capo, tutto mi tornava chiaro.
Ecco perché l'annuncio offriva una promozione speciale per pochi minuti, e appena dopo la mia prenotazione era sparita.
Ecco perché nessuno sapeva di questo posto, le ragazze erano tutte delle "orfane" non volute dai propri cari e provenienti da famiglie ricche e senza sentimenti, troppo occupate a viaggiare e procurarsi benessere senza pensare a quello delle proprie figlie. Anche i miei genitori sono così, so perfettamente cosa si prova ad essere un peso che si vorrebbe solo gettare in mare per alleggerirsi.

" Io voglio inseguire i miei sogni. Non voglio essere obbligata a restare qui. Voglio diventare una pittrice, trovare l'amore, essere felice!". Risposi tutto d'un fiato con le lacrime che pizzicavano per uscire.
"Devo andarmene via adesso, chiama Lucas fai qualcosa, voglio uscire da questo posto schifoso anche a costo di tornarmene a casa mia." Strinsi le coperte portandomi le ginocchia al petto.

Iniziarono a scendere le lacrime sul mio viso ininterrottamente, in che guaio mi ero cacciata?
Tutto mi sembrava così grande, un mondo che non mi apparteneva. Isabèl continuava a guardarmi senza dire una parola, sapevo che anche lei aveva provato ciò che stavo provando io adesso e poi si era rassegnata all'idea di dover rimanere in questo posto per sempre.

"Allyson, non possiamo scappare. Se solo ci provassimo verremmo punite una ad una. E le punizioni, non sono come quelle che ci davano da piccole i nostri genitori. Sono ripercussioni fisiche."

Sbiancai. Ripercussioni fisiche? Cosa significava? Che Lucas ci avrebbe picchiate se non avessimo obbedito?

"Ma lui non può costringerci a rimanere qui" dissi piano, quasi come un sussurro. La voce stava tornando a spezzarsi. Un nodo in gola iniziava a farsi troppo grosso.

"Siamo tutte nella tua stessa situazione. Se hai bisogno di conforto, puoi contare su di noi." Mise una mano sulla mia spalla e dopo due colpetti se ne andò.

Nessuna parola poteva confortarmi, nessuno poteva farmi sentire meglio. Un macigno nel petto stava iniziando a schiacciarmi.

Ero stata imprigionata da un maniaco depravato.

Salvata dalla strada - un destino a due facce.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora