Capitolo 63.

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Jace's pov.

"Dai Allyson cristo santo! Tira più forte quel pugno!" La sgrido per l'ennesimo pugnetto debole che mi sta tirando.

"Ma sono stanca Jace, facciamo una pausa dai" Fa una faccia buffa ed io non posso fare a meno di sorridere.

"Va bene, ti lascio cinque minuti per riposarti e prendere fiato, alle 10:05 ti voglio qui."

Non ho nemmeno il tempo di finire la frase che lei scappa dentro casa, forse a bere un sorso d'acqua o forse a rinchiudersi in camera per cercare di sfuggire agli allenamenti.
L'ho svegliata alle nove e trenta per iniziare una sessione di autodifesa che potrebbe servirle in caso di pericolo.
Non voglio che non sappia come gestire una brutta situazione, voglio che tiri fuori le palle e spacchi la faccia a chiunque provi a sfiorarla con un dito. Solo perché è donna non significa che non debba sapere come tirare un bel calcio o un bel destro in grado di storcere una mascella.
Deve solo impegnarsi un po' di più ed il gioco è fatto.
Deve cacciare fuori tutta la rabbia che freme nel suo cuore per vincere.
È partita carica sferrandomi un sinistro sulla guancia che ho schivato facendola rimanere male, di certo non voglio che mi colpisca rovinando il mio bel viso perfetto.
Poi a lungo andare ha cominciato a tirare dei pugni scarsi, pugni che neanche un bambino sarebbe capace di dare così debolmente, non avrebbero fatto male nemmeno ad una mosca, non avrebbero ammaccato neanche una bottiglietta di plastica, ed  allora ho capito che ha bisogno di un duro allenamento. Potrei cercare una palestra in zona ed iscrivere entrambi.

"Eccomi, puntale come un orologio svizzero." Squittisce con un asciugamano viola attorno al collo.

Si è cambiata i vestiti, ha messo un paio di leggings grigi attillatissimi e una maglietta semplice di cotone bianca.
Ammetto che così è uno schianto, ma anche prima con quella vecchia tuta rovinata non stava male. È sempre bellissima.

"Perché gli orologi svizzeri sono puntuali?" Domando innocuamente, non me ne intendo di queste cose.

"A dire il vero non lo so, però è un modo di dire che si usa spesso quindi volevo utilizzarlo anche io." Ridacchia dolcemente e si toglie quel mini asciugamano dal collo appoggiandolo sull'erba.

"Ah, beh sei pronta?"

"Prontissima. Adesso vedrai cosa ti combino."

"Mi piace la tua grinta, spero che ricomincerai a tirarmi dei bei colpi e non quelle schifezze di prima." Dico con tono serio e divertito allo stesso tempo, non voglio metterla sotto pressione.

Lei non risponde alla mia provocazione, sta zitta e mi guarda.
Sta studiando il mio corpo, le mosse che potrei farle per confonderla.
Rimango fermo immobile, lei inizia a saltellare come le ho insegnato e piano si avvicina a me.

"Dai attaccami!" Con la mano mi istiga, mi fa segno di andare verso di lei.

Faccio come ha detto e lei indietreggia ridendo. Non so cos'ha in mente ma questa cosa mi piace.

"Dai! Prendimi!" 

"Devo prenderti?" Chiedo ironicamente, lei capisce la battuta e ride di gusto.

"Scemo non in quel senso! Fammi vedere ciò che sai fare."

"Adesso sono io ciò che devo far vedere cosa so fare? Allora ti accontento."

Mi scaglio su di lei velocemente ma a mia sorpresa lei si scansa un attimo prima che io posso prenderla fra le mie braccia.
Mi ha sempre detto di essere lenta, soprattutto nell'attività fisica, ma contro di me è veloce.

Salvata dalla strada - un destino a due facce.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora