Disegnai per due intere ore.
Amavo disegnare e in quel momento non c'era niente che potesse farmi stare meglio e distrarmi da tutti i pensieri che avevo in testa.
L'idea che quel viscido figlio di puttana mi avesse tolto il fiore più importante per una donna, mi faceva rabbrividire. Delle emozioni contrastanti lottavano nella mia mente. La rabbia che provavo quando chiudevo gli occhi e sentivo il suo tocco sulla mia pelle, ed il suo fiato impastato d'alcool sull'incavo del mio collo, era talmente forte che avrei voluto urlare a squarciagola tutto il dolore che mi era stato inflitto, ma rimasi in silenzio, con il mio bellissimo e falso sorriso sulle labbra che nessuno poteva vedere. Non poteva farmi crollare con così poco, dovevo resistere. Dovevo lottare per me stessa, perchè nessuno poteva salvarmi, se non io. Avevo bisogno di dimenticare per un attimo ciò che mi era accaduto, smettendola di colpevolizzarmi e di rimuginare ogni più piccolo comportamento che magari poteva essersi frainteso.
Dipinsi un occhio che rifletteva al suo interno ciò che mi era accaduto.
Dipingerlo mi aveva riportato alla scena subita, ma non in modo pensieroso come poche ore prima. Anche se ad essere onesta qualche lacrima colma d'ira era sfuggita al mio controllo.
Mi soffermavo soprattutto a pensare ai dettagli, alle sfumature, alle forme corrette. Mi sentivo più leggera, distante da quelle morbose scene che mi si continuavo a ripetere nella mente come un film.
Come secondo disegno, feci un ritratto di Isabèl, non rendeva tutta la bellezza che vedevo guardandola, ma almeno ci provai, e devo dire che non era neanche venuta male. E poi, come ultimo schizzo, feci una fenice che risorgeva dalle ceneri, perchè era così che doveva essere. Dovevo rinascere dalle ceneri e dalle macerie del mio cuore. Niente poteva abbattermi, tantomeno un depravato come Lucas.
Dopo aver disegnato, mi addormentai sul letto sfatto senza neanche accorgermene e dormii fino alle otto meno un quarto, ero davvero stanca e per fortuna il mal di testa mi aveva abbandonata.
Nicole entrò in camera mia con la chiave che le avevo dato prima che se ne andasse e mi diede un panino con dei wurstel e della coca-cola per farmi riprendere e rimettere in forze.
Era dalla sera precedente che non toccavo cibo e avevo lo stomaco che continuava a brontolare facendomi avere anche dei forti conati di vomito per la fame.
La ringraziai e mi disse che era questo il dovere delle amiche, esserci in qualunque situazione.
Le chiesi se Lucas avesse chiesto di me o avesse raccontato qualcosa e mi rispose con tono turbato che in realtà, non era ancora sceso dal suo ufficio e che infatti sembrava strano a tutte quante, perfino allo chef che lo aveva chiamato più volte.
Non mi preoccupai di come stesse lui o del perchè non voleva scendere. Non mi avrebbe fatto pena, poteva anche essersi rotto un braccio e non avrei mosso un dito per aiutarlo. Anzi, gli avrei rotto pure quell'altro.
Lo odiavo, lo schifavo, un essere del genere non meritava niente da parte mia. Non dopo ciò che aveva osato farmi. Decisi quindi insieme a Nicole, di darmi una sistemata con trucco e parrucco e di scendere per stare insieme alle altre per poi andare al night, visto che ormai mancavano ancora pochi minuti prima dell'inizio della serata.
Nicole mi diede un bikini in pelle blu elettrico e una maschera color oro che copriva soltanto gli occhi e il naso, in modo tale da non mostrare le occhiaie e il volto gonfio di chi aveva pianto fino ad avere un calo fisico.
Non provavo niente, non mi sentivo bella, non sentivo l'ansia scorrermi nelle vene.
Era come se questo lavoro lo facevo da un'eternità, mentre invece, era solamente il mio secondo giorno di prigionia.
Mi piaceva provare a pensare che quello, era solo un brutto sogno dalla quale prima o poi mi sarei svegliata.Scendemmo al primo piano e le ragazze mi guardarono senza proferire parola sull'accaduto, fecero finta di niente e commentarono il mio bikini chiedendomi poi consigli sulle loro acconciature.
Apprezzai molto il loro gesto, non volevano interferire e continuare a spaccarmi il cuore con le mille domande e preoccupazioni.
Se una cosa del genere fosse successa a casa mia, a meno che non si interessassero, mia madre e mio padre mi avrebbero tartassata di domande e fatto pressione finché non avessi raccontato almeno sessanta volte cosa fosse accaduto, e poi, come se non bastasse, mi avrebbero sicuramente incolpata sostenendo che ero io troppo provocante a causa dei miei lunghi capelli rossi che attiravano l'attenzione di chiunque.
Ma per fortuna, se così si può dire, non mi trovavo a casa mia.
Anche se a dire il vero, forse, se non fossi scappata da li, non sarebbe capitato niente.
Ma non importava, non aveva senso straziarsi.
Bisognava accettare la realtà dei fatti e prendersi le proprie responsabilità senza andare a rivangare o pensare a come sarebbe potuta andare in circostanze diverse.
STAI LEGGENDO
Salvata dalla strada - un destino a due facce.
Storie d'amoreCOMPLETA ///// NON GIUDICATE DAL TITOLO. Allyson ha una vita infernale, scappa di casa a quasi 18 anni per l'ennesimo litigio con la madre alcolizzata e il padre completamente assente. In cerca di un alloggio in cui stare, cerca su internet qualche...