capitolo 10

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****Ginevra****

Giornate da dimenticare

Entro come una furia nell'infermeria, non posso crederci che quella sottospecie di culturista mi abbia dato della stronza, non so a quale parte della mia lezione ha assistito ma tutto quello che ho fatto oggi con Rita e le altre non mi ha riempito di gioia, mi è costato fatica e sofferenza, perché guardarle negli occhi e vedere il loro inferno mi fa ammattire, ma so che era necessario.

Cerco il disinfettante e il ghiaccio secco per medicare Tierry che mi osserva immobile in un angolo della stanza, credo che stia aspettando che io dia di matto o almeno è quello che il suo sguardo diffidente mi trasmette in questo momento.

Chiudo gli occhi e decido di mettere da parte la rabbia verso Alessandro per potermi dedicare al mio pronto soccorso, Rita ha spaccato il labbro inferiore del mio aiutante e va disinfettato.

"Vieni, siediti qui." Gli indico una sedia e dopo avergli fatto divaricare le gambe, mi ci piazzo in mezzo per ripulirgli il labbro.

"Ahia, mi fai male Ginevra."

"Grande e grosso come sei ti lamenti per un taglietto, vergognati."

"E tu sii più delicata, capisco che mister Muscolo ti ha fatto infuriare, ma io non c'entro niente, guarda come mi sono fatto ridurre per te."

"Non ti lamentare, avrai qualcosa da raccontare agli amici stasera. E non sono arrabbiata, sono offesa. Come si permette quell'idiota di giudicarmi, non mi conosce, non sa niente di me e del lavoro che faccio con quelle donne. Ha guardato si e no dieci minuti di lezione e si permette di dare sentenza, sono convinta che gli steroidi gli hanno fritto il cervello. Questa giornata è iniziata di merda per colpa di quel cavolo d'appuntamento di stasera e sta proseguendo peggio, non vedo l'ora che finisca."

Mi sfogo con Tierry e lo vedo guardarmi a bocca aperta, non era mai capitato che io gli parlassi cosi tanto. In passato ha provato molte volte a instaurare un dialogo con me, uno che andasse oltre il sì, il no e i grugniti vari, ma non c'era mai riuscito, quindi adesso ci sta che sia sorpreso.

"Se bastava darti della stronza per farti aprire bocca giuro che ti avrei insultata la prima volta che ti ho visto." Mi dice sorridendo e facendomi infuriare di più.

"Sai che c'è, arrangiati, io torno di là, ho una lezione da fare." Gli sbatto il ghiaccio contro il petto e provo ad andarmene, ma lui mi blocca per un polso.

"Aspetta Furia Nera, stai calma. Scusami, non volevo peggiorare la situazione e sai che non penso che tu sia stronza, anzi nessuno può capire meglio di me quello che stai facendo, sono io che le prendo tutte le volte, ma devi ammettere che quel poco che ha visto Alessandro poteva essere facilmente frainteso. E la mia battuta per quanto infelice, mirava a farti capire che sono contento che tu mi abbia detto qualcosa di te, era tanto che cercavo di tirarti fuori una frase completa."

Mentre parla, la sua mano lascia il mio polso e raggiunge le mie dita mettendosi a giocherellare con esse, un gesto di conforto, come quando accarezzi un bambino per calmare il suo pianto. Resto zitta un attimo, lascio che la pace che trasmettono i suoi occhi invada la mia anima e ripenso a tutte le volte in cui mi ha ripetuto che le persone non sono tutte malvagie, che ci sono quelli che si avvicinano agli altri senza alcun secondo fine, ma è sempre stato difficile fidarmi e non so neanche io perché stavolta mi sono fatta sfuggire di bocca tutte quelle parole.

"Primo non chiamarmi con quello stupido nomignolo, secondo grazie di essere sempre la voce della ragione, se non fossi un uomo sarebbe bellissimo averti per amico, ma lo sei e questo ti rende sospetto a priori. Tieni ancora il ghiaccio e poi metti la crema che ti ho lasciato sul lettino, il labbro si sta gonfiando."

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