capitolo 68

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*****Ginevra*****

VIII Comandamento

Non dire falsa testimonianza...

Lunedì, 23 luglio

Guardo il paesaggio scorrere veloce sotto i miei occhi mentre Emma guida verso casa, ripenso alla discussione di ieri con Alessandro, alle emozioni che rivedendolo il mio cuore ha provato, alla rabbia che ho letto nel suo sguardo e al sollievo che ho scorto in esso quando ho mentito sulla paternità del mio bambino.

Una parte di me, forse quella ferita dal suo atteggiamento o quella spaventata da un eventuale abbandono, ha preso il sopravvento, conducendomi su un terreno lastricato di menzogne.

Ho scelto di mentire e con il senno di poi non so più se ho fatto bene, anche se lui non ha negato di essersi sentito sollevato quando ha saputo che non era suo, non ha ribattuto neanche quando l'ho accusato che non sarebbe stato un buon padre e questo, in un certo senso, giustifica le mie azioni.

Ho usato parole dure, riportando a galla sentimenti che so per certo che lo fanno soffrire, perché in fondo alla sua anima lui resta sempre il bambino che sentiva i genitori litigare e rinfacciarsi di stare insieme solo per lui. È proprio questo che io voglio evitare a mio figlio, non permetterò che lui cresca in una famiglia basata sul rancore, anche perché io stessa non potrei sopportarlo.

Non accetterei mai che lui mi restasse accanto solo per obbligo, come potrei dividere la mia vita con un uomo che amo, ma che mi accusa di averlo incastrato? La sua prima reazione è stata quella di incolparmi di non aver preso la pillola e quando poi le cose si faranno difficili di cosa mi riterrà responsabile? Ed io come farò a sopportare tutto?

Ho creduto per tutta la mia vita che l'amore desse la forza di superare ogni cosa, ma oggi ho capito che non è così. I miei sentimenti per Alessandro mi rendono debole, vulnerabile e mi spingono a proteggermi, a tenerlo lontano; annebbiano il mio raziocinio e mi inducono a mentirgli senza neanche provare a scoprire come potrebbe essere dirgli la verità.

"Ginevra, su cosa stai rimuginando?" Emma interrompe i miei ragionamenti. Lei sostiene che ho sbagliato, che avrei dovuto dargli il beneficio del dubbio e che dovevo stare a sentire il perché fosse venuto a cercarmi.

"Su ciò che è successo ieri."

"Ci hai ripensato."

"Sono ancora convinta che per il momento non dire la verità sia la cosa giusta."

"Per il momento?"

"Sì, forse dopo che il piccolo sarà nato sarò abbastanza forte da dire la verità e per sopportarne le conseguenze. Riuscirò a lasciare libero suo padre di decidere di far parte o meno della sua vita e sarò capace di accettare la sua presenza qualora volesse restargli accanto. Adesso però, questo non è possibile, lo amo ancora troppo per vedermi sbattere la porta in faccia o per accettare di averlo attorno con l'espressione di chi si sente obbligato a restare."

"Parli come se l'eventualità che lui resti perché è ciò che desidera non potesse esistere. Io sono certa che Alessandro prova per te dei sentimenti sinceri e lo so che è uno stronzo e che ti ha fatto soffrire, ma Ginevra l'amore non è perfetto, il perdono è stato inventato per questo. Concedigli la possibilità di espiare le sue pene, digli la verità e mettilo alla prova, sono certa che non ti deluderà di nuovo e anche se dovesse succedere, pazienza, almeno tu potrai guardare negli occhi il tuo bambino senza la certezza di averlo nascosto a suo padre. Se questa storia venisse fuori, anche tra quindici anni, rischieresti di perdere tuo figlio Ginevra, sia perché lui si sentirebbe tradito, sia perché Alessandro potrebbe portartelo via avendo dalla sua la legge."

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