capitolo 14

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****Ginevra****

Sopravvento

Resto immobile, i piedi piantati sul pavimento freddo del box doccia e la sua frase in loop nella mia mente, sento ancora l'intensità del suo sguardo, e odio la mia incapacità di decifrare ciò che in quel momento i suoi occhi stavano trasmettendo. Sembrava rabbia, spero non fosse disgusto, anche se non dovrebbe interessarmi piacergli.

Sento il mio telefono squillare e Alex bussare alla porta dello spogliatoio, mi avvolgo meglio nell'accappatoio e apro mentre la suoneria si ferma.

"Temevo ti fossi sentita male, mi hai fatto prendere un colpo, sono cinque minuti che ti chiamo. Ci sono problemi a casa, vieni ti accompagno."

"Aspetta, che problemi? E poi ho la macchina non serve che mi accompagni."

Alex si porta le mani alle tempie, proprio mentre il mio telefono ricomincia a squillare e il nome di mio padre lampeggia sullo schermo.

"Papà, che sta succedendo?"

"Dov'eri?"

"Sotto la doccia, mi vuoi dire che diavolo succede, hai una voce che fa paura."

"Niente, tuo fratello ne ha combinata una delle sue, è passato a prenderti la macchina mentre ti allenavi ed è andato a sbattere."

"Si è fatto male?" Chiedo con il cuore in subbuglio.

"No, ma ho la forte tentazione di ammazzarlo io stesso. Ti ha distrutto la macchina, non lo so com'è riuscito a uscirne senza un graffio. Ho bisogno di averti qui, puoi tornare a casa per favore?"

"Sto arrivando."

"Daniel ti ha lasciato la moto fuori, le chiavi sono nell'ufficio di Alex, ma preferisco che ti accompagni lui."

"Ascoltami papà, zio ha ancora la palestra piena di gente, non credi sia complicato per lui lasciarla incustodita e farsi trenta minuti d'auto avanti e indietro? Torno da sola e starò attenta, ok?"

"Ginevra!"

"Abbi fiducia in me, sei stato tu a insegnarmi a guidare, sai che sono brava."

"Sii prudente."

Mio padre riattacca, dopo avermi lanciato il solito ordine, e Alex si congeda dandomi il tempo di vestirmi. Lo trovo ad aspettarmi dietro la porta quando esco.

"Fammi chiamare da tuo padre non appena si è calmato, va bene?"

"Sarà fatto. Ci vediamo domani."

Afferro dal borsone una felpa pesante, il mio giubbino era in auto e dubito che Daniel l'abbia lasciato in ufficio, recupero le chiavi della moto di mio fratello e messo il casco parto alla volta di casa.

Appena entrata nella proprietà la prima cosa che vedo è l'auto di nonno Pietro e subito dopo quella di Sergio, amico dei miei genitori, marito di Sonia, zio a onoris, ma soprattutto medico. Sfilando verso la fine del viale, in cerca di un parcheggio, trovo anche quel che resta della mia povera auto. La fiancata destra non esiste più, i vetri anteriore e posteriore sono distrutti, idem il parabrezza. La lamiera degli sportelli e del parafango davanti è torta, o meglio è come se una palla da demolizione l'avesse colpita proprio al centro. Faccio il giro e noto che la parte sinistra è intatta a eccezione di un'enorme bozzo sul paraurti posteriore, credo che l'impatto sia avvenuto solo dal lato destro e questo ha salvato mio fratello, oltre agli airbag che si sono tutti completamente aperti. Quando alzo lo sguardo sulla porta di casa, Daniel mi aspetta con il capo chino, non ci penso un attimo a precipitarmi da lui e stringerlo con attenzione tra le mie braccia, sarà pure tutto intero, ma dubito che non si sia ammaccato a dovere.

L'ultimo RoundDove le storie prendono vita. Scoprilo ora