capitolo 36

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Nella foto Emma

*****Ginevra*****

E poi... ricominciare

Lunedì, 23 Aprile

Apro gli occhi e respiro, immetto aria nei polmoni e la butto fuori, lascio che il mio corpo si risvegli dal torpore del sonno e analizzo le emozioni che mi gravano sul petto. Sa di amaro questo giorno e il cielo limpido e privo di nuvole stride con l'oscurità che mi avvolge il cuore.

Ho dormito aggrappata al braccio di Adrien, rassicurata dal suo profumo che sa di casa, di presente e passato, di famiglia. Non ho fatto sogni, né mi sono svegliata in lacrime, ma il mio cuore è come se fosse avvolto da un velo che gli impedisce di battere in maniera normale, si sente oppresso, spaventato. Spengo la sveglia qualche minuto prima che suoni, vado a fare la doccia e mangio una fetta della torta che ci ha portato Silvia, esco da casa senza svegliare i ragazzi e vado a prendere Emma.

Tento di tenere a bada l'ansia concentrandomi sulla strada e arrivo a destinazione in un baleno. Stranamente il treno e puntuale e lei è la prima a scendere dal vagone.

Gli occhi gonfi, il viso stanco di chi non ha proprio dormito e l'espressione smarrita di chi non sa dove andare. Eppure questa è casa sua, il posto in cui è cresciuta. La chiamo, ad alta voce e lei si gira subito nella mia direzione. Lascia cadere il trolley per terra e incapace di fare un solo passo resta immobile a fissarmi con le lacrime che ricominciano a bagnarle il volto.

Mi avvicino velocemente e quando ormai sono ad un passo da lei, si lancia letteralmente tra le mie braccia rischiando di farci cadere entrambe.

"Perdonami, scusami Ginevra, per essere scappata, per avervi lasciate."

Le sue parole sono piene di rimorso, ma non ha lei tutte le colpe e questo non è comunque il momento per parlare del passato.

"Calmati Emma, ci aspetta una giornata difficile è meglio lasciare da parte le questioni in sospeso."

Le massaggio la schiena cercando di calmarla e quando riprende il controllo di sé, la porto all'auto.

"Che fine ha fatto la tua macchina? Questa è di Adrien, giusto?"

"È dal carrozziere."

"Hai avuto un incidente?"

"Non io, Daniel."

"Sta bene?"

"Sì, è in Francia adesso, mio padre l'ha spedito là a espiare."

Il resto del viaggio procede silenzioso o almeno fino a quando Emma non si accorge che non è in villa che la sto portando.

"Dove andiamo?"

"Sto in città da una settimana." Le rispondo senza dare ulteriori informazioni, per quanto mi sia mancata, non riesco a fare finta che questi due anni non siano esistiti. Una parte di me si chiede se potremo mai tornare amiche come prima, se riusciremo a superare l'imbarazzo, e un'altra si domanda come Bea avrebbe risolto la situazione.

"Hai avuto problemi con i tuoi?"

"Diciamo che avevo voglia di dimostrare a me stessa di poter essere autosufficiente. Quanto resti?" Domando per evitare che vada avanti con il suo piccolo interrogatorio.

"Al dire il vero non lo so, ho pensato solo ad arrivare il prima possibile."

"Ti va di fermarti da me?"

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