capitolo 66

304 12 4
                                    


*****Ginevra*****

Tra le braccia di un amico

Quando il mio aereo è atterrato il panico ha avvolto ogni centimetro del mio essere, perché quando sono sola e mi rendo conto che non è necessario fingere, il carico d'emozioni represso spinge contro le mie protezioni.

E non c'è muro che tiene quando il cuore sanguina, non esiste cura che possa aiutare le cicatrici a rimarginarsi in fretta, solo la distanza e il tempo danno un minimo di sollievo e insieme con loro, l'affetto per le persone care.

Recuperata la mia auto, non ho avuto dubbi sulla mia destinazione, ho raggiunto Roberto in ospedale, ho pregato l'infermiere di guardia di farmelo vedere e sono rimasta in silenzio a guardarlo riposare con la madre accanto. Un gesto egoistico fatto per me, per rendermi conto che in fondo al tunnel stavolta si vede la luce, Roberto non è Beatrice, lui ce la farà.

Uscendo dalla clinica sono andata a casa e dopo una bella doccia ho controllato le mie mail. Ho cestinato quelle di Alessandro senza leggerle e mi sono concentrata su quelle di lavoro, programmata la giornata nei minimi dettagli, mi sono concessa un po' di riposo prima di uscire, ma quando i miei sogni sono stati infestati da due occhi verdi, ho preferito svegliarmi e correre fuori.

A metà mattina la telefonata di Roberto mi ha restituito un po' di buon umore, ma più si avvicinava l'ora in cui avrei dovuto recarmi da lui, più l'ansia mi attanagliava le viscere. Quando ho capito che non sarei mai riuscita a uscire da casa senza la certezza di non trovare Alessandro in ospedale, ho sbloccato il suo contatto e gli ho inviato un messaggio breve e conciso.

"Sto andando da Roberto, preferirei non trovarti."

Una parte di me gli è stata grata per aver rispettato il mio desiderio, l'altra ha vacillato di fronte alla sua arrendevolezza.

Lui che per vivere ha scelto di fare un mestiere in cui la lotta è la base di tutto, non è stato capace di battersi per noi. A parte provare a chiamarmi e mandare qualche stupido messaggio di scuse non ha fatto altro, ha accettato la mia fuga, ha rispettato la mia decisione, senza provare a riconquistarmi, senza spendersi per riavermi e questa è l'ennesima dimostrazione di quanto volubile sia il suo cuore. Chi mai ti pregherebbe in ginocchio di restare e poi ti farebbe fuggire dopo solo qualche giorno?

Quando ero già nel parcheggio dell'ospedale ho ricevuto un' altra chiamata da Roberto.

"Ciao, che succede?" 

"Se non trascini il tuo sedere qui immediatamente ti farò venire a prelevare con la forza. Ho visto tutti tranne te, ti sembra normale?."

"Sto arrivando, sono in corridoio."

"Ottimo, dobbiamo parlare e spero tu mi abbia portato la cena."

"Non mi avevi detto di volerla!"

"Pensavo sapessi quanto fa schifo il cibo in ospedale, certo che sei proprio una pessima amica."

"Sono quella che ti sei scelto!" Entro nella sua stanza e sollevo il sacchetto con un pasto decente.

Porgo la busta alla madre, ancora al suo fianco, dopo averla salutata e afferro la mano che lui allunga verso di me.

Mi chino su di lui per baciargli la fronte con le lacrime pronte a straripare dai miei occhi e vedo la stessa emozione nei suoi. Ho la gola serrata da un misto di sentimenti contrastanti, c'è il sollievo per averlo trovato cosciente e lucido, la pena per i dolori che sicuramente starà sopportando, la paura che non sia abbastanza forte da sostenere questa grande prova che lo aspetta e l'enorme affetto che provo per lui.

L'ultimo RoundDove le storie prendono vita. Scoprilo ora