capitolo 69

289 10 5
                                    


***Ginevra***

Quando la menzogna vince sulla verità

Mia madre ha sempre sostenuto che un segreto è tale solo se a conoscerlo è una sola persona, una volta che si confida a più di un individuo il rischio che si sappia aumenta in maniera esponenziale.

Nei giorni seguenti alla mia chiacchierata con Adrien e le ragazze, la paura di essere scoperta invece di diminuire aumentò, mi fidavo di Ester e Valentina, ma il modo in cui mio cugino mi evitava mi creava ansia.

Quando qualche giorno dopo andai a cercarlo per chiarirci, mi scontrai contro le sue motivazioni mentre cercavo di spiegargli le mie.

Adrien mi rinfacciò l'infanzia di mia madre, mi ricordò di tutto il dolore che le menzogne le avevano causato, di quanto ancora adesso lei soffra per non aver avuto una madre amorevole. Tentai di ribattere sostenendo che quella era una situazione differente, ma lui restò fermo sulla sua posizione, voleva che chiamassi Alessandro e confessassi di aver mentito.

Inutile dire che con lui la storia del prendere tempo non funzionò, anzi, lo fece adirare ancora di più. Decisi di lasciarlo sbollire e andai avanti lo stesso, immergendomi nuovamente nel lavoro.

Passai le mie giornate evitando di pensare ad Alessandro e alla mia famiglia, ma non ottenni buoni risultati. Anche Roberto si accorse che ero distratta e preoccupata e alla fine divenne paranoico, così decisi di confessare.

Fui rapida quando glielo dissi, usai la stessa velocità con cui si tira una striscia depilatoria e l'espressione che fece fu la stessa di chi si ritrova meno peli sulla pelle ma un dolore immenso da smaltire. Quelle due parole << Sono incinta>> misero a dura prova il mio amico, lo zittirono, cosa che capita raramente e lo costrinsero a rimettersi seduto sulla sua sedia a rotelle. Stavo assistendo alla sua seduta di fisioterapia e approfittando dell'assenza del medico avevo sputato il rospo, dopo giorni in cui lui mi dava il tormento per sapere cosa avevo.

"Sei seria?" Mi chiese quando ebbe recuperato l'uso della parola.

"Non sto mentendo, lo sono veramente."

I suoi occhi radiografarono il mio corpo oramai all'undicesima settimana per poi soffermarsi sul mio viso, li sentii scavarmi fin dentro l'anima e la delusione che lessi nella sua espressione mi fece male.

"Di quanti mesi sei?"

"Due e mezzo, circa."

"Perché me lo dici solo ora? Lo sai quante cose mi sono passate per la testa negli ultimi giorni? Ho pensato di tutto, perfino che potessi essere malata. Credevo ti fidassi di me, che non ci fossero segreti tra noi, evidentemente mi sbagliavo."

"Assolutamente no, non è per mancanza di fiducia che non ti ho detto nulla, ma per non caricarti di altre preoccupazioni e perché a saperlo sono in pochi, neanche la mia famiglia sa nulla."

Il suo sguardo si fece più penetrante e avvicinandosi pose la domanda che nessuno finora aveva avuto il coraggio di farmi.

"Hai paura che la tua famiglia ti giudichi per essere rimasta incinta?"

"Sì, anche perché per il momento non avranno nessuno da accusare di questo pasticcio oltre me."

"Che vuoi dire?"

Presi tempo allontanandomi da lui e avvicinandomi a una finestra, guardai il cielo limpido di agosto e riflettei sugli ultimi mesi, da quando avevo saputo di essere incinta, ogni volta che dicevo a qualcuno del bambino, non facevo altro che mentire per giustificare le mie decisioni.

L'ultimo RoundDove le storie prendono vita. Scoprilo ora