•Capitolo ventidue•

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La appoggiai delicatamente sul sedile e chiusi la portella, per poi entrare dall'altro lato della macchina.
La guardai prima di mettere in moto.
Aveva la testa appoggiata al bracciolo sinistro, con le labbra leggermente socchiuse, i capelli mossi davanti al viso e la mano sotto il mento. Sorrisi a quella scena dolcissima.

Abbassai il volume della radio per non svegliarla e proseguì verso l'hotel.
Mi sentivo così bene con lei, e mi era capitato solo una volta nella vita ma poi era andata male.
Al solo ripensamento mi saliva lo schifo e la rabbia si impossessava di me. Strinsi forte il manubrio e cercai di distogliere quel pensiero tirando un grosso sospiro.
Mi aveva distrutto, e se ci ripensavo lo faceva ancora. E io non dovevo essere così stupido da cadere in quella trappola. Ora stavo bene veramente dopo anni, e non potevo distruggere tutto per il passato che ormai è passato.

In questo momento dovevo pensare a lei, lei che mi rendeva felice e che ogni volta che la guardavo, che la toccavo, che la baciavo, mi provocava strane sensazioni. Sapevo benissimo cos'era, e sapevo anche a cosa stavo andando incontro, ma in quel momento ero troppo stupido, orgoglioso e ingenuo da accorgermene o tantomeno da ammetterlo a me stesso.

«Filo» sentì un sussurrò dalla ragazza affianco a me. Sussultai. Non mi aveva mai chiamato così! Ma mi piaceva tanto quel nome pronunciato da lei. La guardai con la coda dell'occhio accennando un sorriso.
Era ancora in quella posizione, con gli occhi color nocciola fissi sulla mia figura.
«Mh» voltai il mio sguardo su di lei, fissandola velocemente e intrecciando i miei occhi ai suoi per poi ritornare a guardare la strada davanti a me.

«Quanto manca?» mi domandò con una voce flebile per poi sbadigliare subito dopo. Quanto era tenera!
«Una mezz'oretta all'incirca» le risposi non distogliendo lo sguardo dalla strada. Era piuttosto buia quel giorno e non potevo permettermi distrazioni.
Si sistemò meglio sul sedile, guardando fuori dal finestrino.
«Filo» mi chiamò ancora questa volta non guardandomi.
«Dimmi»

Seguì qualche minuto di silenzio prima che lei mi rispondesse.
«Ri... rimani con me stanotte?» mi domandò imbarazzata tenendo ancora lo sguardo fuori dal finestrino e nascondendo il viso sotto il suo braccio.
Rimasi sorpreso da quella domanda. Non me l'aspetto, ma ero davvero felice che lei me l'avesse chiesto.
«Certo» dissi sorridendole. La vidi sorridere per poi chiudere di nuovo gli occhi.

~~~~

Era ormai la terza notte che dormivamo insieme e non mi dispiaceva affatto, ma come ogni mattina alzarmi dal suo letto e staccarmi da lei era un vero trauma.
Nella stanza non c'era nessuno, c'eravamo solo noi due. E non era un caso, assolutamente. L'avevano fatto apposta. Luridi stronzi.
Abbassai lo sguardo sulla ragazza con la testa appoggiata sul mio petto nudo.
Era così bella quando dormiva!
Le accarezzai i capelli, sorridendo leggermente.
«Che ore sono?» domandò con gli occhi socchiusi.
«Ma ti svegli sempre e solo per chiedermi l'orario?» le chiesi io alzando un sopracciglio, facendola ridacchiare. Alzò lo sguardo e mi diede un bacio sulla mascella, per poi alzarsi dal mio petto.

«Sono quasi le sette comunque, dovremmo andare in studio ed io dovrei alzarmi» dissi stiracchiandomi con la voglia di vivere pari a zero.
«E dovresti anche vestirti» continuò lei fissando il mio petto nudo, la guardai di sottecchi.
«Ma so che tu mi preferisci così» la provocai maliziosamente.
Arrossì e mi lanciò un cuscino.
«Cretino» si abbassò per prendere qualcosa da atterra, dandomi una  bellissima visuale del suo sedere.

«Si ma così mi provochi tu» le dissi, facendola subito alzare più rossa di prima. Cambiò subito atteggiamento e si diresse verso di me. Alzai la testa dalle braccia incrociate dietro esse per vedere meglio ciò che stava facendo.
Salì sopra il letto e si avvicinò al mio corpo sensualmente gattonando.
Cosa aveva intenzione di fare? Se continuava così non avrei risposto delle mie azioni. Ero pur sempre un ragazzo, e questi pensieri ci frullavano nella testa molto spesso.

Salì a cavalcioni sopra il mio corpo e la guardai, mentre mi guardava maliziosa. Sorrisi.
«Sara non ti conviene. Ti avviso se continui ancora non risponderò delle mie azioni e non so cosa potrei...» lasciai in sospeso la frase perché avvicinò pericolosamente il suo viso al mio. Ingoiai rumorosamente, leccandomi il labbro.
Sfiorò le sue labbra con le mie. Merda, mi stava facendo impazzire.
Lasciò una scia di baci sulla guancia fino ad arrivare all'orecchio, dove mi provocò una serie di brividi.
«Sara, porca puttana» quasi ansimai posando le mani sopra i suo fianchi.

«Questo significa provocare» sussurrò lentamente con il suo respiro caldo sopra il mio collo. Mi guardò negli occhi con un sorriso malizioso. Stavo sudando freddo, nel vero senso della parola. Non so ancora per quanto avrei resistito.
A un certo punto la porta della stanza si aprì e Sara scese velocemente dal mio corpo, posizionandosi affianco a me, palesemente imbarazzata.
Le sue amiche ci guardarono con la bocca aperta e poi ridacchiarono.
«Abbiamo interrotto qualcosa?» domandò Emma.

Che figura. Mi alzai velocemente dal letto e presi la maglia, infilandomela subito dopo.
«Ehm, no stavo... stavo giusto per uscire» dissi imbarazzato più che mai indicando la porta.
«Già se ne stava per andare» proseguì Sara non sapendo più dove mettere la faccia.
Uscì dalla stanza sentendo le risate delle ragazze. Povera Sara!

~~~~

«Ehi playboy» sentì Biondo urlarmi dietro dandomi successivamente una manata dietro la spalla. Una delle tante cose che Biondo non possedeva? La delicatezza.
Non ci eravamo visti per niente quel giorno, quando ero ritornato in camera per cambiarmi lui era già giù a fare colazione e nello studio eravamo troppo impegnati con le prove del sabato successivo per parlare.
Mi mise un braccio attorno al collo.
«Com'è andata bro? Le ragazze mi hanno detto ciò che stavate facendo in camera... maiali» continuò dandomi un pugno leggero, si fa per dire, al lato dello stomaco.

«Zio hai finito di massacrarmi?» gli domandai levandogli il braccio dal collo e facendolo ridere.
«Era un diversivo, vero? Voglio sapere se è brava o meno, se le hai fatto male, se ha preso lei l'iniziativa...» disse contando tutto ciò che mi stava chiedendo sulle dita.
«We, Biò sei peggio di una ragazza. Non starai mica diventando...» esclamai toccandomi l'orecchio destro. Mi diede uno schiaffo sul braccio, ancora. Mi stava letteralmente distruggendo.

«A zio stai ancora deviando la domanda» pronunciò con il suo solito accento romano.
«Non abbiamo fatto niente, piuttosto tu con Emma» lo guardai ammiccando dandogli una spallata. «Adesso li voglio io i dettagli» continuai alzando le sopracciglia.
A un certo punto Einar si mise tra noi con le braccia attorno ai nostri colli.
«Peggio delle ragazze, sembrate due comare in menopausa» scoppiammo a ridere.

«Comunque sul serio, non abbiamo fatto niente ma se le ragazze non sarebbero entrate...» lasciai la frase in sospeso dando spazio alla loro immaginazione, con uno sguardo non poco perverso.
«An vedi il porco» esclamò Biondo con l'accento romano.
«Se mi provocano non rimango mica indifferente» risposi gesticolando e leccandomi il labbro.
«Tu non rimani indifferente a lei, è diverso zio» ribatté Biondo, trattenendo una risata.
«Colpito e affondato» disse Einar, dando ragione al ragazzo affianco a lui.
«Sta zitto Probstar, pensa alla tua Emmina» pronunciai.
«Sta zitto Prettypiuma»

•Spazio autrice•
Okay, forse questo è uno dei capitoli peggiori che abbia scritto, perché non ha proprio senso ma era di passaggio e come tutti i capitoli di passaggio sono un po' noiosi e monotoni.
Comunque volevo ringraziarvi per le cinque mila visualizzazioni, siete davvero in tantissimi e sono contentissima che il mio libro vi piaccia.
Vi adoro!

Voglio solo te//Irama//Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora