•Capitolo quarantasette•

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«Sara, svegliati, Sara!» urlò Nicole mentre io mi drizzai dal letto tutta sudata e col respiro fin troppo accelerato.
«Va tutto bene, piccolina, è passato» mi strinse fra le braccia Jessica mentre io fissavo un punto davanti a me non ancora completamente cosciente.

Erano passati giorni. Giorni in cui non mangiavo, giorni in cui non dormivo tormentata da quei incubi infernali, giorni in cui l'unica ragione per cui mi alzavo la mattina era cantare, giorni in cui avevo completamente smesso di esistere...

Era l'ennesimo incubo, in cui rivivevo tutto quello che per anni avevo cercato di dimenticare, ma questa volta era più doloroso, più straziante! Perché la persona a cui avevo dato tutto, a cui avevo donato il mio cuore, l'aveva spezzato in una frazione di secondo, distruggendo tutti i miei principi, distruggendomi.

Jessica non faceva che dormire da noi per stare più vicina a me, Emma rinunciava alle sue uscite con Simone per tenermi compagnia, anche se nella maggior parte delle volte ci rimaneva anche lui, Nicole cercava di strapparmi come meglio poteva un sorriso e Carmen cercava in tutti i modi di farmi distrarre. Le ero eternamente grate per questo!

Forse se non ci sarebbero state loro, sarei ufficialmente entrata sotto shock e sarai impazzita.

«Sara basta davvero, hai bisogno di parlarne» sbottò a un certo punto Carmen, facendomi alzare gli occhi stanchi su di lei, mentre io ero ancora stretta tra le braccia di Jessica.
Scossi la testa e cercai di deviare continuamente il suo sguardo.
«Stai scoppiando, guardati! Ti stai autodistruggendo! Sei pallida, magrissima e non dormi bene da tre giorni senza fare continuamente incubi. Non puoi continuare così...» continuò.

«Ha ragione, non faremo che aiutarti» intervenne Emma, rifacendomi alzare gli occhi su di lei.
«Si, Sara, tenere tutto dentro fa male, dovresti parlarne ti sentirai un pochino meglio vedrai» disse infine Jessica.
Forse avevano ragione, forse dovevo parlarne con qualcuno anche se tutto questo faceva tremendamente male.

«Avevo sedici anni...» iniziai stupendo le ragazza, che mi guardarono in silenzio. «era il mio compleanno, e avevo organizzato una festa a casa mia con tutti i miei compagni di scuola, una di quelle feste da liceali, no? Stava andando tutto bene, io col mio vestito nuovo, una grande festa a cui vi partecipavano i ragazzi più popolari della scuola, alcol e musica, non desideravo altro! Ero così felice di festeggiare, ballai come non mai con le mie amiche, bevendo forse fin troppo, fin quando un ragazzo non mi si avvicinò. Ero poco sobria e accecata dalla sua bellezza. Alla fine mi faccio sempre fregare...» sospirai amaramente mentre la voce mi si incrinava sempre di più.

«e senza rendermene conto sciolse nel mio drink una pasticca. In poche parole mi drogò! Mi portò nella mia camera al piano di sopra mentre io ero completamente sballata, e mi buttò sul mio letto, stavo per perdere i sensi! Iniziò a spogliarmi, a toccarmi ovunque mentre io ero impotente, non riuscivo a muovere nulla, né tanto meno a parlare, subivo e basta! Abusò di me, in casa mia, nel mio letto...» gli occhi mi si riempirono di lacrime e iniziai a tremare. «Mi lasciò poi lì incosciente, finché una mia amica non mi trovò. Il giorno dopo non ricordavo niente. Le settimane passavano e nessuno fece parola di quello che era accaduto, poi un ragazzo mi raccontò tutto, probabilmente mandato da qualcuno, e rimasi sotto shock per lunghi mesi. Ci sono voluti anni per eliminare o tantomeno dimenticare quel brutto ricordo e ora...» iniziai a piangere e le ragazze mi abbracciarono forte.

«Andrà tutto bene! Supererai anche questo» mi sussurrò Emma stringendomi a se.
«Le persone a cui dai l'anima, sono sempre le prima che ti distruggono...» pronunciò poi Nicole.
Ed aveva così fottutamente ragione.
Sapevo di stare sbagliando, ma nonostante tutto avevo continuato a sbagliare, perché pensavo mi facesse stare bene. Ma colui che mi faceva stare bene mi aveva ridotta uno schifo...

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Finite le lezioni, decisi di ritornare in stanza, non mi andava di rimanere in sala relax ripresa costantemente. E inoltre volevo evitare di vedere Filippo. Mi era capitato di notare il suo sguardo su di me, ma non aveva mai provato ad avvicinarsi, si faceva abbastanza schifo da solo pensavo.

Ma anche perché Einar e Simone non gli permettevano di farlo avvicinare a me.
Mi sdraiai sul letto stremata per le continui notte insonne, ma subito dopo decisi di darmi una rinfrescata entrando in bagno.
Mi soffermai a guardare la mia figura davanti allo specchio. Ero così dimagrita! Per non parlare del colorito bianco e le enormi occhiaie sotto gli occhi. Facevo davvero impressione!

Mi infilai sotto la doccia e iniziai a sfregarmi il corpo, ma quando passai la spugna sulle braccia, notai i lividi ancora ben evidenti. Rimasi immobile mentre un susseguirsi di scene orribili mi si pararono davanti prima di crollare in un ennesimo pianto liberatorio.

Ma ero più forte! Più forte di tutto questo! L'avevo affrontato una volta, e ci sarei riuscita una seconda, o almeno così credevo, anche se questa volta faceva ancora più male! Cercai di calmarmi e dopo poco uscì dalla doccia, per poi riasciugarmi i capelli e rivestirmi.

Mi sedetti sul letto per poi prendere carta e penna e iniziare a buttarci sopra tutto ciò che mi passava per la testa, dovevo liberare quel grande peso sopra il mio cuore. Avrei scritto tutto ciò che sentivo. Forse in quel momento scrivere e cantare era l'unica cosa che mi avrebbe fatto stare bene.

Sentì bussare. Mi alzai dal letto per poi aprire la porta pensando fossero le ragazze, ma quando mi ritrovai di fronte quegli occhi freddi come il ghiaccio mi mancò il respiro ed iniziai a tremare. Chiusi subito la porta, accasciandomi a terra con la testa tra le mani.

Non doveva minimamente permettersi di venire da me, non aveva il diritto di farmi soffrire ancora! Non poteva farlo!
Sentì la porta sbattere e capì che anche lui era seduto con la schiena contro essa.

Perché non mi lasciava in pace, cazzo? Io ne avevo bisogno, dovevo imparare a stare senza lui ormai...
Sentì un piccolo rumore sotto la porta, e quando abbassai il volto notai un piccolo foglietto.

Con le mani tremanti lo raccolsi e lo aprì:

"Se ho toccato il fondo era solo per stare
con te"

Chiusi gli occhi ormai pieni di lacrime e lo accartocciai sospirando cercando di calmarmi, per poi, dalla rabbia, strapparlo in mille pezzi e passarli sotto la porta.

Dopo poco vidi un altro foglietto leggermente stropicciato passarvi sotto la porta, lo ripresi per poi aprirlo lentamente:

"Mi faccio schifo per tutto questo. Non sono fatto per te, non sono fatto per viverti, lo so. Ma sei tutto per me, sei davvero tutto!"

Lessi quelle parole per poi sorridere amaramente mentre una lacrima cadde sul foglio. Mi alzai per prendere una penna, e una volta girato il foglio ci scrissi sopra.

"Tu prendi la tua strada, io la mia.
L'amore per due come noi è ceco"

Era giusto così! Non potevo continuare a distruggere me stessa e a distruggere la mia dignità, non potevo sopportarlo ancora.
Passai il foglietto sotto la porta e subito dopo lo sentì allontanarsi da me per poi scaraventare un calcio violento contro il muro e poi ancora un pugno.

«Sono uno stronzo, cazzo» urlò con la voce strozzata dalle lacrime mentre non smetteva di prendersela col muro fin quando non sentì la voce di Simone che cercò di calmarlo inutilmente.

«Lasciala andare»
«No, cazzo, io la amo!»

Voglio solo te//Irama//Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora