QUATTORDICI

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IL FRASTUONO DEL SILENZIO

Libera dei vestiti impregnati del sangue degli sluagh, della fanghiglia, del mio sangue e della puzza di sudore, mi avvio verso la mensa

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Libera dei vestiti impregnati del sangue degli sluagh, della fanghiglia, del mio sangue e della puzza di sudore, mi avvio verso la mensa.

Appeno arrivo, l'ormai familiare caos mi avvolge come una coperta calda. Quando passo davanti ad ogni tavolo, il brusio  che li caratterizza cessa. Con indifferenza,  mi dirigo verso il solito tavolo di ferro con il solito vassoio blu stretto nelle mani.

Faccio dei respiri profondi quando mi ritrovo davanti il mio solito posto alla mensa. Prego che Meghan non faccia scenate davanti ad Ethan. Giro intorno alla sedia della ragazza e non posso far a meno di portare lo sguardo sul tavolo di Alec. La fata mi lancia uno sguardo di traverso per poi borbottare qualcosa verso il suo amico con i dread. Il ragazzo, mi sembra che si chiami Blaze, si volta verso di me e strizza l'occhio. Una sensazione più viscita del potere di uno sluagh mi scorre sul corpo.

Sospiro e poso il vassoio sul piano. Allontano una sedia e mi ci lascio cadere sopra in modo scomposto. Porto lo sguardo su Ethan, non ho il coraggio di incontrare lo sguardo di Meghan, e il ragazzo mi rivolge uno dei suoi soliti sorrisi affettuosi anche se un po' forzato. Ricambio il sorriso e poso la schiena contro lo schienale freddo e duro. Non porto lo sguardo su Meghan, non ne ho il coraggio. Ho paura di rivedere del disgusto nel suo sguardo. Oggi mi ha vista in panni che non avrei mai voluto mostrarle. Non volevo che mi vedesse completamente coperta di sangue o che mi vedesse uccidere esseri che non dovrebbero esistere. Quando anche il sorriso sul viso di Ethan scompare, io abbasso lo sguardo sul triste pranzo.
Sento la sedia alla mia sinistra stridere contro il pavimento : Meghan se n'è andata.

Chiudo gli occhi e butto fuori l'aria dai polmoni, esausta. Inizio ad arrotolare un filo del maglione grigio intorno al dito senza mostrare nessuna emozione. Non so cosa succederà in questi giorni.
<< É successo qualcosa tra te e lei? >>, mi chiede con voce rauca. Non oso alzare lo sguardo, ma posso dedurre che stia mangiando. Cosa che dovrei fare anch'io se non sentissi lo stomaco sottosopra. Lascio stare il filo e, sbuffando, afferro la forchetta. Titubante, inizio a spostare le patate dalla pasta.
<< Non lo so >>, rispondo confusa. Poso la testa sul palmo della mano libera e osservo un pezzo di patata che galleggia nel sugo. Isolata da tutti i suoi simili.
In questo momento é come se il mio corpo non mi appartenesse. Mi sento distaccata, come se una parte di me é rimasta al cimitero ad osservare quella carneficina. Non mi rendo ancora conto di quello che riesco a fare quando il loro potere mi pervade. Prima era molto più semplice. Uscivo di nascosto dalla finestra della mia stanza e andavo a caccia di fate. Le uccidevo, ritornavo a casa piena di sangue e ferite, ma finiva lì. Prima riuscivo a distaccare meglio la vita di una qualsiasi adolescente che tutti credono svitata dalla vita di una spietata assassina che cerca vendetta.
Quando sono arrivata qui si é complicato tutto. Sto vivendo un unico grande casino.
Taglio a metà il pezzettino pallido e osservo le due metà galleggiare.

THE FALCONER 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora