{ sεcοnδα sτοrια }
Cuore di pietra.
Volontà di ferro.
Lei é l'ultima Falconiera .
La piccola e giovane Clarissa ha vissuto di tutto. Ha visto cose orribili in ogni angolo. Cose che nessun essere umano dovrebbe vedere. É sopravvissuta ad ogni sera...
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Nella stanza riecheggia solo il lieve ticchettare dell'orologio e il rumore che produce Michael mentre mangia. Quest'ultima cosa, tra l'altro, mi sta dando i nervi. Sbatto il bicchiere di vetro sul bancone della cucina. Lancio uno sguardo a Michael, seduto dall'altra parte del bancone. Alzo un sopracciglio e lui butta giù l'ultimo boccone del panino. << Sei assurdo! >>, sbotto tirando le maniche della felpa sulle mani. << Sono le due di notte e mangi. Cos'hai al posto dello stomaco, un buco nero?>> Lui, in risposta, si alza dallo sgabello e posa il piatto nel lavandino. E tutto ricade di nuovo nel silenzio. Il ticchettio dell'orologio diventa insopportabile a ogni minuto che passa. Poso il mento nel palmo della mano e inizio ad osservare Michael. Lui mi restituisce lo sguardo dopo aver mandato giù l'intero bicchiere di latte. Sospira e si passa una mano nei suoi capelli corvini. Delle ciocche gli ricadono sulla fronte pallida e quasi coprono gli occhi turchesi. Si appoggia alla base della cucina e incrocia le braccia. Imito il suo gesto e mi lascio cadere all'indietro contro lo schienale dello sgabello. << Allora, mi vuoi spiegare perché siamo qui? >>, chiedo interrompendo quel silenzio inquietante. << Bè, io soffro di insonnia, tu urli in piena notte e siamo entrambi svegli. Quindi, ho pensato che potresti sfruttare questo tempo per spiegarmi cosa succede >>, replica con calma. Incrocia le gambe e mi osserva. Mi stringo nelle spalle e incrocio il suo sguardo. << Che vuoi che ti dica? >> << Che cosa ti terrorizza. Perché credo che non sia normale urlare così forte >>. << Non ho poi urlato così tanto forte, Monica e Marco stanno ancora dormendo >>, obietto alzando gli occhi. << Questo perché loro dormono con i tappi. Mi meraviglio che i vicini non abbiano chiamato la polizia: sembrava che ti stessero scuoiando viva >>, ribatte avanzando verso di me. Scosta lo sgabello al mio fianco e si lascia cadere sopra. Gli lancio uno sguardo di traverso, ma lui lo ignora. << Allora, cosa ti terrorizza? >> Mi stringo nelle spalle e aggrotto le sopracciglia. << Ultimamente? Tutto >>, sospiro. << Credevo che non avessi paura di niente >>, commenta. << Tutti hanno paura di qualcosa, in fondo >>. << E di cosa hai paura, allora? >> << Non l'ho ancora capito >>, mi lascio sfuggire. Volto la testa verso di lui. Lo sorprendo ad osservarmi. La luce soffusa, che entra dalla porta finestra alle mie spalle, gli illumina appena il viso. Tutto, come lui, é in penombra. Dalla finestra sopra il lavandino entra un lieve odore di terra umida. Le ultime gocce di pioggia ticchettano sulle foglie secche, riempiendo il silenzio della cucina. Lui é il primo che distoglie lo sguardo dal mio. Poggia i gomiti sulla base in legno della penisola. Si passa le mani tra i capelli, spettinandoli ancora di più. << Non é per nulla facile, vero? >>, sussurra a voce così bassa che sembra me lo sia immaginato. << Almeno per me non é facile essere un Veggente. Immagino che lo stesso sia per te >>. << Lo puoi dire forte >>, sospiro.
Michael ha scoperto di essere un Veggente quando aveva tredici anni. Io, all'epoca, ne avevo quasi dodici. Non dimenticherò mai quel giorno. Fin da piccolo, Michael soffriva di una malattia rara. Non ne ricordo il nome, ma quello che ricordo é che tutti temevano che potesse morire da un momento all'altro. Entrava e usciva dagli ospedali quasi ogni giorno. Questa era una delle ragioni per cui ci siamo trasferiti così tante volte: speravano che qualcuno ne trovasse la cura. Nessuno ci riuscì. Eravamo in Scozia quando Michael morì. Monica lo scoprì la mattina quando andò nella sua stanza a svegliarlo. Io e Marco eravamo in cucina a fare colazione quando sentimmo le urla. Ci precipitammo di sopra e lì scoprimmo anche noi la cruda realtà. Eravamo tutti sotto shock. Non conoscevo bene Michael, ma qualcosa dentro di me si era rotto. Mi avvicinai a quel pallido corpo smilzo. Aveva le labbra aperte in un grido e gli occhi erano chiusi, sigillati. Aveva fatto un altro dei suoi incubi. Ultimamente, Michael vedeva cose che non esistevano e faceva continuamente incubi. Monica credeva che fossero i medicinali, che in qualche modo gli provocavano delle allucinazioni. Ma, io sapevo, o almeno credevo di sapere. Un giorno mi sono fatta spiegare cosa vedeva e, indovinate : fate. Ha visto quegli esseri orrendi nelle sue ultime settimane di vita. Ad un certo punto, Marco era entrato nella stanza e aveva preso il figlio tra le braccia. Lo aveva stretto al petto. Lo aveva stretto così forte che, credevo che da un momento all'altro quel corpicino così minuto si potesse spezzare da un momento all'altro. E poi, senza sapere il come, Michael aveva ricominciato a respirare. Il suo viso, a poco a poco, stava riprendendo il suo solito colorito. Con una smorfia si staccò dalla braccia del padre, ma poi si ritrovò stretto tra le mie. Ero così contenta che fosse di nuovo tra di noi. I suoi genitori erano increduli quanto me e Michael. I medici altrettanto. Tutti sapevamo che quel ragazzo non sarebbe dovuto sopravvivere fino ai quattordici anni, invece ora ha diciannove anni ed é qui seduto al mio fianco sano e salvo. Dopo quell'esperienza premorte é risultato sano, niente traccia della malattia. Per tutti era un miracolo, ma solo in seguito scoprimmo che era solo l'inizio di una orrenda maledizione. Solo quando incontrammo Derrick.