TRENTASETTE

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UN BACIO

La prima settimana passò in un battito di ciglia

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La prima settimana passò in un battito di ciglia. Ogni giorno ci avvicinava al giorno dello scontro e mi saliva l'ansia ogni volta che ci pensavo. Una morsa mi prendeva ni0lo stomaco e me lo stritolava. Mi svegliavo annaspando in cerca d'aria. I miei incubi non erano più affollati dai miei genitori, ma da lei. Ogni volta che chiudevo gli occhi vedevo la Glaistig che mi tagliava la gola o che mi toglieva il cuore dal petto con un ghigno malefico sulle labbra. Una volta sognai che uccideva Alec. Quella sera strillai così forte che il giorno dopo mi svegliai senza voce. Arabella mi guardava come se da un momento all'altro potessi spezzarmi. Mi faceva domande in continuazione su cosa mi stesse succedendo, ma io evitovo sempre di risponderle. Lei ha fatto di tutto per non dormire nella stessa stanza con me. Come biasimarla, io stessa non voglio dormire con me. Ogni giorno che passava cercavo di non chiudere gli occhi. Cercavo di non pensarci. Con Meghan ed Alec era semplice fingere che era tutto okay. Fare un sorriso di troppo, una risata più lunga. Anche se, una parte di me, credeva che Alec non la stava bevendo. Credeva che lui mi stesse semplicemente reggendo il gioco. Lo vedevo da come mi guardava, da come mi parlava. Sembrava sempre scegliere le parole giuste o i movimenti giusti. Sembrava che tutti mi trattassero come una bambola di porcellana. Derrick era l'unico che fa eccezione, era l'unico che sapeva quanto me la faccessi sotto. Ma, nonostante ciò, non parlava mai dello scontro. Non l'ha mai nominato da quando glielo dissi. Avevo iniziato a chiamare regolarmente a casa. Non ho mai parlato con Marco, però. L'unica persona che poteva darmi una mano. Avevo così tante domande da fargli, ma lui non voleva mai parlare con me. Così affrontavo le domande frenetiche di Monica cercando di essere raggiante e evitavo le domande che mi faceva Michael su Alec. Cercavo di evitare di nominare lo scontro, cercavo di evitare di nominare la mia morte. Avevo il cuore che batteva all'impazzata, sembrava volermi uscire dal petto.
Ogni sera mi incontravo con Alec in palestra. Ultimamente aveva nevicato, ma questo non ci impediva di allenarci. Ci scontravamo finché uno dei due, di solito io, cadeva a terra distrutto. E a volte, anche se ero piena di lividi e dolorante, evitavo di fermarmi. Ignoravo le parole di Alec e continuavo a tirare pugni e calci. Quando avevo del tempo libero, perfezionavo le mie armi. Volevo che erano pronte e che non mi dessero problemi. Costruii altre bombe e subii le urla di Derrick riguardo al fatto che stavo sprecando troppo cardo. Subii le paure di Meghan. Una volta mi disse che sentiva che stava per accadere qualcosa di brutto. Non le ho svelato cosa stava per accadere. Avevo parlato con Alec riguardo quello che sapeva Meghan. Era restio nel rivelarle che lui era una fata. Non ho mai fatto incontrare Meghan con Derrick, anche se lei sapeva della sua esistenza, non ho mai ritenuto che era il momento adatto. Continuavo a fare ricerche. A scoprire un qualsiasi punto debole dove mirare. Ma, le mie ricerche non hanno mai dato frutti. Mi sfogavo la sera con Alec. Lui non mi colpiva mai con forza, mentre io speravo di vedere comparire un livido sulla sua pelle perfetta. Non mi ero mai resa conto quanto avessi paura della morte come in quelle settimane. Ricominciai ad andare dal dottor Morris. Nel suo ufficio lui mi faceva le solite domande e io risponde, quando potevo, a monosillabi. Non riuscivo a stare ferma un secondo. Accavallavo e distendevo le gambe freneticamente. Un giorno, il dottor Morris mi chiese cosa avevo. Non potei trattenermi dal rispondere che avevo paura di morire. Quella frase mi uscii frammentata. Non mi ero accorta che battevo i denti. Aspettavo, su quella poltrona scomodissima, che lui mi tranquillizzasse e che pronunciasse uno dei suoi soliti pensieri filosofici. Invece, mi rispose così : << Ti comprendo molto più di quanto tu possa pensare >>.
Una semplice frase che mi fece dubitare anche di lui. Sembrava che volesse dirmi di più, ma per qualche oscuro motivo non parlava. In quei giorni i miei dubbi su chi potesse essere la Glaistig aumentavano giorno per giorno. Ma avevo un punto fisso. Una persona che sospettavo più di ogni altra al mondo. Ogni volta che incrociavo il suo sguardo, la tensione mi stringeva la bocca dello stomaco e mi toglieva l'aria dai polmoni. A inizio della seconda settimana, mi recai dal dottor Morris. Ero intenzionata a sapere cosa nascondeva. Volevo toglierlo dalla mia lista dei sospettati. Quando aprii la porta, l'ormai familiare sapore di ferro e ruggine si impossessò della mia bocca. Aprii la porta molto lentamente, sperando che era solo frutto della mia immaginazione. Invece, trovai il dottor Morris a terra. Un profondo buco al petto e gli occhi velati puntati su di me. Tra le mani stringeva un libricino di pelle nera. Feci un grosso sospiro e attraversai la stanza evitando la pozza di sangue che si era raccolta sul pavimento. Tolsi il libricino dalla sue dita rigide e gli chiusi gli occhi mormorando una muta preghiera. Mi lasciai il suo corpo alle spalle, aspettando che fosse qualcun altro a dare l'allarme. Nel tragitto del ritorno, mi asciugai svelta una lacrima. Da quel giorno, le voci sul mio conto si espansero a macchia d'olio. Chi conosceva la verità scuoteva semplicemente il capo e chi, come Arabella, non la conosceva ma conosceva me, anche se di poco, faceva di tutto per smentire. Tolsi subito il dottor Morris dalla mia lista e più tardi capii anche quello che voleva dirmi. Quel libricino era un bestiario. Il dottor Morris, l'unico degli adulti che mi credeva innocente, altro non era che un Veggente. Trovai trascritta la stessa visione di Marco con la stessa data. Lui sapeva chi ero, sapeva cosa fossi e sapeva cosa stava per accadere.
Perché non ha mai detto niente?
Quella scoperta lasciò senza parole sia me che Alec. Lasciare senza parole Derrick era una faccenda un po' complicata. L'unica notizia che portò un po' di gioia in quella settimana fu che, finalmente, avevamo trovato un punto debole della Glaistig. Sapevo come ucciderla. Una parte della tensione che mi toglieva il fiato si allentò.

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