{ sεcοnδα sτοrια }
Cuore di pietra.
Volontà di ferro.
Lei é l'ultima Falconiera .
La piccola e giovane Clarissa ha vissuto di tutto. Ha visto cose orribili in ogni angolo. Cose che nessun essere umano dovrebbe vedere. É sopravvissuta ad ogni sera...
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Lancio uno sguardo da sopra la spalla alla ragazza che mi segue. Lei si guarda intorno, come se non fosse mai salita al terzo piano. Fa scivolare le dita sulla vernice scrostata dal muro, facendo quel gesto fa cadere altri pezzi di vernice al suolo. Riporto lo sguardo sul pavimento, non so che dire e questo silenzio mi sta uccidendo. Giro la maniglia della mia stanza e spalanco la porta. Mi volto verso la mia ospite e le faccio cenno di entrare. Lei mi supera senza incrociare il mio sguardo. Alzo gli occhi al cielo e mi chiudo la porta alle spalle. Sarà una lunga conversazione.
Mi tolgo il berretto dalla testa e mi faccio scivolare il parka dalle spalle. Mi guardo intorno, constatando che Derrick non c'è. Chissà dove si é cacciato. Che guai sta combinando, ora? Stringo la maniglia del borsone. Me ne occuperò dopo. Lo troverò. Starà sicuramente minacciando Alec o incasinando il mondo con la sua vivacità. Non voglio nemmeno immaginare a come lo ritroverò. Chissà se ha fatto il pieno di miele. O mio Dio, sarà sicuramente ubriaco di miele!
Scuoto la testa e ricopro la poca distanza che mi separa dal mio letto. Di sottecchi, osservo Meghan vagare per la stanza. Butto il borsone e il parka sul letto e faccio scorrere la zip. << E così condividi questa stanza con Arabella >>, sussurra incrociando le braccia al petto. Alzo lo sguardo sul letto accanto al mio. Sospiro. << L'hai notato dalla trapunta rosa perfettamente piegata ai piedi del letto o dalla collezione di smalti esposti sul comò? >>, chiedo con la voce completamente distaccata. Butto le tre felpe che mi ero portata dietro sul letto. Le lancio uno sguardo con le sopracciglia inarcate e mi sposto davanti all'armadio. << Beh, grazie per avermelo detto >>, commenta appena afferro una cruccia. Annuisco in un sarcastico " prego, non c'è di che ". << Grazie di avermi detto anche che la tua stanza è al terzo piano o che sei un' assassina psicopatica >>, sibila a denti stretti. Sussulto per quelle parole. Quelle parole che ho sentito un miliardo di volte. Quelle parole che hanno ancora il potere di ferirmi. " Beh, chi si abitua a sentirsi dire che é un'assassina psicopatica? Semplice, nessuno. Anche il più malato è mentalmente instabile dei serial killer!" Meghan deve essersene accorta perché trattiene il respiro. Io mi volto verso di lei e le sorrido, dimostrandole che quello che ha detto non mi ha ferita. Non é colpa sua, é colpa di quel maledetto fascicolo e di quelle voci stupide e fastidiose. Lei annuisce, la cosa deve darle fastidio perché continua. << Devo ringraziarti anche di avermi detto degli esseri che circolano in questo Istituto >>, aggiunge allargando le braccia per indicare tutto l'edificio. Mi volto e appendo l'indumento alla cruccia. << Mi sembra di impazzire >>, commenta con un sonoro sospiro. Mi volto verso di lei e chiudo l'anta dell'armadio. << Vedo quelle cose dappertutto. Le rivedo qui >>, sibila portandosi un dito sulla tempia. Annuisco, facendole capire che so cosa sta passando. So che le sogna, che le rivede nella sua testa. Vedendo che non rispondo, aggiunge : << Mamma lo diceva sempre che la psiche umana é debole. Basta un minuscolo avvenimento e boom! Tutto il tuo cervello é fregato >>. Mima l'esplosione con le mani, come se l'avesse vista con i suoi occhi. Sono in debito con lei. L'ho trascinata in questo casino senza alcuna spiegazione. Le devo delle risposte. Mi scosto dall'armadio e le vado incontro. Lei smette per un attimo di fare avanti e dietro e mi lancia uno sguardo carico di ansia e paura. << Non stai impazzendo >>, sussurro. Meghan si porta l'unghia del pollice alle labbra e inizia a mangiarla. << Non per il momento, almeno >>, aggiungo ad un tono di voce più basso. Poso il fondoschiena contro la testiera in ferro battuto del letto di Arabella e poso le mani sulle cosce. Meghan mi guarda un secondo e poi ricomincia a fare avanti e dietro. << Cos'erano? >> mi chiede con la voce che trema. Inizia a giocare con il pezzo di cardo che porta ancora legato al polso. È agitata, lo capisco. Lo ero anch'io quando scoprii cos'ero, Derrick quel giorno si fece delle grosse e grasse risate. A volte, imita ancora la mia voce balbettante e tremolante e io ci rido su. Ci rido su perché, pensandoci, non é il giorno peggiore della mia vita. << Fate >>, rispondo in un sussurro,ma lei sembra sentirmi lo stesso. Si ferma e si volta verso di me. << Fate? >>, ripete con una voce più stridula. << Cosa? Stai scherzando, spero >>. Scuto la testa e lei sgrana gli occhi. << Ti sembra la faccia di una che scherza? >>, le chiedo inarcando un sopracciglio. Lei mi osserva per un po' e poi, rendendosi conto che non scherzo affatto, scuote la testa. << Erano fate, ma non quelle fate che sono protagoniste nelle fiabe. Sono fate orribili e assassine >>, continuo. << Fate che hanno massacrato milioni e milioni di umani >>. Lei si siede per terra, come una bambina che é pronta ad ascoltare una fiaba dalla voce rassicurante della nonna. Mi incita a continuare. Tortura ancora quel bracciale, ignara che se tutto questo é iniziato é solo colpa di quel cardo. È solo colpa mia. << Diciamo che le fate più gentili sono le più piccole. Non perché non siano incapaci di uccidere, ma perché odiano farlo >>, aggiungo pensando a Derrick. Pensando al nostro buffo incontro. << Come quell'esserino che ti porti dietro? L'ho visto a volte seduto sulla tua spalla nei corridoi o seduto sul tavolo a mensa. C'era anche prima, vero? >>, mi chiede. La voce carica di curiosità. Famelica delle novità. Annuisco e le sorrido. << Sembra un tipino abbastanza vivace >>, commenta emettendo una piccola risata. << Lo é, credimi >>, rido pensando a quel pixie insolente. A quel pixie che mi ha salvato la vita parecchie volte. Che mi ha insegnato ad essere quello che sono. Derrick, che mi ha sempre protetto. A volte in modi stupidi e superflui, come quando mi ha mentito sui redcap, ma le intenzioni erano buone. Sono sempre state buone. Scambio un breve sguardo con Meghan e mi lascio cadere a terra. Incrocio le gambe e poso i gomiti sulle cosce. Lei prende il mio silenzio come un via per iniziare a riempirmi di domande. << Cosa sei? Non sei umana, vero? Hai ucciso quegli esseri, quel giorno, con una tale tranquillità. Non avevi alcuna esitazione >>, bisbiglia incrociando le gambe. << Non puoi essere umana. Qualunque umano se la sarebbe fatta sotto dalla paura >>, aggiunge. Mi mordo le labbra. " Senza esitazione", mi ripeto nella mente. " Eppure me la faccio sotto ogni volta che vedo una fata. Ogni volta che ne affronto una. Questo vuol dire che sono umana, giusto?"