UNO

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L' INCUBO RICORRENTE

<< Mamma! >>, urlo in preda al panico

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<< Mamma! >>, urlo in preda al panico. Punto lo sguardo verso le fiamme che divampano nel soggiorno.
<< Papà! >>, urlo quando la sua figura cade a terra. Ingoio a vuoto, un gusto orrendo che mi scivola in gola. Come di ammoniaca mischiata al gusto ferroso del sangue. Mi chino a terra, lo stomaco in preda ai conati di vomito. Guardo mia madre urlare qualcosa in una lingua sconosciuta e saltare sul tavolinetto al centro della stanza. Guardo i suoi capelli, sfuggiti dalla coda, che le incorniciano il volto ovale.
Urlo, quando qualcosa la prende per la gola e la scaraventa contro il camino. Lei sbatte la testa contro il rialzo in marmo.
<< Mamma >>, sussurro guardando il suo corpo immobile, nella speranza che si rialzi. Il puzzo acre del fumo ormai é insopportabile. Mi guardo intorno, cercando la figura di mio fratello, ma quello che vedo sono soltanto fiamme che bruciano tutto quello che intralcia il loro passaggio.
<< Papà >>, lo chiamo, ma lui é troppo impegnato a pugnalare qualcosa che non riesco a vedere. Gattono verso il sottoscala, cercando di nascondermi da quelle fiamme. Sibilo di dolore quando una fiamma mi brucia il collo del pigiama, appena sotto la clavicola.
Guardo oltre quel muro di fiamme, la pelle che brucia. Gemo per il dolore, gli occhi che si riempiono di lacrime. La testa scura di mio fratello entra nel mio campo visivo.

<< Jas... >>, sussurro quando incontro i suoi occhi neri.
Mi porto una mano alla gola, annaspo in cerca d'aria. Una voce maschile urla il mio nome, ma io non riesco a rispondere. Mi accascio sul pavimento pieno di sangue. L'ultima cosa che vedo, prima di chiudere gli occhi, é Jason che si accascia al mio fianco.

Mi sveglio tossendo, come se la saliva mi stesse andando di traverso. La gola inizia a bruciare, come se qualcuno la stesse scartavetrando.
Mi agito nel letto, ritrovandomi improvvisamente al buio. Una mano corre alla gola, dalla bocca escono soltanto respiri strozzati. Mi metto seduta e accendo la lampada sul comodino. La poca luce che libera illumina solo il mio spazio, facendo confondere la mia ombra con quella del letto. Cerco di prendere il controllo sulla mia mente e sul mio corpo. Passo una mano sul viso madido di sudore, sposto i capelli appiccicati alla fronte e mi asciugo gli occhi pieni di lacrime. Inspiro a fondo, cercando di calmare i battiti del mio cuore.
Tre inspirazioni e due espirazioni.

"Era solo un incubo", penso. Stringo le gambe al petto. Inizio a dondolarmi leggermente, cercando di trovare un pò di pace.
"Sempre lo stesso incubo."
Ormai sono passati otto anni, ma la loro morte mi perseguita ancora.
Mi tocco la cicatrice sotto la clavicola. Se mi concentro, posso ancora sentire l'odore acre delle fiamme e quel gusto orrendo che mi scivola in gola, o le fiamme che mi bruciano la carne.
Rabbrividisco al solo pensiero. 

Porto lo sguardo verso la mia destra, dove un leggero russare spezza il silenzio di questa stanza. Derrick, il pixie che mi porto dietro da sei anni, dorme beatamente avvolto nella sua aura dorata.
Scuoto la testa ritrovando il sorriso.
" Figurati se il mio tossire l'avrebbe svegliato", penso infilandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
Intorno a lui ci sono alcune goccioline di miele.
I pixie adorano il miele e le cose dolci in generale. In genere ci si fiondano sopra ogni volta che ne sentono l'odore. La fatina si volta verso la finestra, la cui vista dà sul bosco che circonda la St. Xavier.

La St. Xavier Academy é l'Istituto per "ragazzi difficili" in cui sono stata rinchiusa per ordine del giudice poche settimane fa. É nei suoi dintorni che uccido le mie prede: le fate.
Esseri sovrannaturali spietati di sangue. Sono creature potenti e crudeli divise in due regni: il Regno Seelie, o della luce, e il Regno Unseelie, o dell'ombra.
Le fate del Regno Unseelie sono gli esseri che hanno quasi sterminato il genere umano.
Ed é per questo che li uccido, per evitare che tutto ciò accada di nuovo e, sperando che ciò avvenga presto, per vendicare il massacro della mia famiglia.

Punto lo sguardo nelle tenebre. Da quanto ho scoperto di essere una Falconiera e di essere l'ultima della mia specie, non faccio altro che fare ricerche. Nella biblioteca dell'Istituto ho scoperto, tra quelle infinite file di libri impolverati, che c'è una sezione interamente dedicata ai miti e alle leggende, tra cui un libro sulle leggende scozzesi. Mi si sono illuminati gli occhi appena l'ho visto.
Abbasso lo sguardo sul libro aperto ad una pagina anonima. Il mio blocco da disegno, che funge da segnalibro, é aperto su uno schizzo ancora da finire. Sciolgo l'intreccio di coperte che avvolge il mio corpo e poso i piedi a terra.
Il pavimento gelato mi fa stringere i denti. Prendo i calzini buttati a terra e li infilo, inseguito prendo il libro e lo chiudo con uno scatto che il blocco ovatta. Mi abbasso e allungo una mano sotto al letto.
Il tessuto ruvido della mia sacca da viaggio entra a contatto con le mie dita, più familiare e confortante che mai.
Prendo il bordo e la tiro fuori.

Da quando sono arrivata in questo posto devo ancora trovare un posto adatto dove sistemarla.
Prima di inserire il libro al suo interno alzo il doppio fondo. La poca luce della lampada illumina le lame argentee dei miei coltelli a farfalla e quelle color ardesia dei miei coltelli da lancio.
Alzo lo sguardo verso la sveglia:
00.00 p.m.
Non riuscirò mai a riprendere sonno, tanto vale la pena che esca fuori. Punto di nuovo lo sguardo nella borsa e afferro il mio balestrino.
Stasera non mi va di indossare la cintura delle armi. Prendo il libro lo poso nella borsa e copro tutto. Con una spinta, rispedisco la borsa sotto il letto con un leggero fruscio. Alzo la testa sentendo dei mormorii da parte di Derrick. La fata si gira verso di me, ma continua a dormire beatamente.
Mi lascio sfuggire un sospiro di sollievo.

Se solo sa delle mie ricerche o di quello che ho scoperto non so che cosa direbbe o farebbe. Di sicuro andrebbe fuori di testa, inizierebbe a parlare in gaellico; l'antica lingua delle fate, e poi infine andrebbe da Alec e inizierebbe a minacciarlo di morte.
Mi alzo da terra, posando la mia arma sopra le coperte. Guardo di sfuggita Derrick.
" Forse é meglio che non sappia niente", penso.
Distolgo lo sguardo dalla fata e fisso l'oscurità dall' armadio. Tiro fuori un paio di jeans scuri e il parka. Infilo una felpa nera e gli anfibi ed esco dalla stanza.
La porta si chiude alle mie spalle separandomi dai sospiri trasognati di Derrick.

THE FALCONER 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora