TRENTACINQUE

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LA RESA DEI CONTI

Tamburello con la matita sul foglio da ormai due ore

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Tamburello con la matita sul foglio da ormai due ore. Ho la mente annebbiata da pensieri e conversazioni. Sembra che stiano costruendo un tunnel nel mio cranio.
Che dolore!
Lancio uno sguardo fuori dalla finestra. Le gocce di pioggia ticchettano ritmicamente sul vetro appannato. Passo la manica del maglione sul vetro e ritorno ad osservare quel cielo scuro che viene attraversato da lampi violacei. Sembra che sia notte fonda, invece sono solo le sei. E sono due ore che sono chiusa qui dentro senza fare niente. Appena sono salita in camera, dopo la conversazione avuta con Marco, ho preso automaticamente il blocco degli schizzi. Ho preso una matita, ma non riuscivo a disegnare niente. L'unica cosa che sono riuscita a fare é stato strappare tutti fogli. Ogni singolo foglio su cui era disegnata una fata é stato strappato, appalottolato e lanciato dall'altra parte della stanza. Il letto é stato bombardato da palle di carta e urla. È stata una meravigliosa distrazione. Ma, ora mi sento svuotata di ogni cosa. Sembra che ogni azione che io abbia fatto non sia servita a niente. Niente. Devo ricominciare daccapo. Devo pianificare tutto daccapo.
Lancio uno sguardo al foglio sguarcito che ho attaccato sul blocco. Lancio uno sguardo di traverso a quell'orribile creatura. Tutte le altre fate mi sembrano insignificanti ora. Ora mi interessa lei. Solo lei. Perché ora so chi é. So di che fata si tratta.
Poggio la schiena contro il muro e resto a guardare quel disegno. Quello schizzo fatto da Marco.
Marco, che ha tenuto nascosto tutto questo a suo figlio e a sua moglie, sapeva tutto da tanto tempo. Troppo tempo. Potevo scoprire tutto questo tanto tempo fa. Potevo evitare morti e colpe. Invece...

Non potrò mai dimenticare la sua espressione quando ha detto che é per colpa mia se Michael vede quello che vede. Colpa mia?!
Avrei voluto urlare che é lui quello che ha mentito sul fatto di essere un Veggente, é lui che mi ha catalogata come assassina quando sapeva cos'ero e cosa vedevo, é che ha mentito a sua moglie e a suo figlio.
La colpa é sua non mia!
Ho già la mia maledizione a cui badare, non posso occuparmi anche delle altre.
Ha fatto finta di non vedere Derrick, invece ne stava premeditando la morte. Lui odia Derrick, odia il fatto che io abbia fatto entrare una fata qui dentro... Pardon, due fate qui dentro. Perché a quanto pare ha visto Alec che usciva da qui stamattina.
Non potrò mai dimenticare la sua faccia quando ha detto che quel bestiario era il suo. Non mi sono riuscita a trattenere dal urlargli in faccia che quel bestiario era della mia famiglia. Era dei miei genitori. Ho rivisto davanti ai miei occhi la sera in cui l'ho recuperato. La sera in cui sono entrata nella mia casa ridotta in cenere. La sera in cui, le mie speranze sul fatto che stessi vivendo un incubo sono state infrante. La realtà mi si é presentata davanti in cenere e puzzo di bruciato.

Quella sera mi ero diretta al piano superiore e avevo raccattato le cose che non erano finite in cenere come: una fotografia della mia famiglia, la fotografia di mia madre è mio padre al ballo di fine anno, il libro che presi con mamma a Venice ( il mio unico libro all'epoca ) e il blocco che mi era stato regalato da mio padre ( all'epoca ancora bianco ). Stavo per andarmene, avevo le orecchie ben tese per sentire eventuali rumori. Ricordo ancora che il cuore mi batteva forte nel petto. Credevo che potesse esplodere da un momento all'altro. Appena posai il piede sul primo gradino, sentii un rumore. Puntai la torcia verso la direzione di quel suono. Le orecchie ben tese. Feci un passo indietro e il fascio di luce illuminò una scala. La scala che portava in soffitta. Ero certa che non era aperta prima, me ne sarei accorta se fosse stato il contrario. Ma, nonostante ciò, salii comunque in soffitta. All'epoca, doveva ancora iniziare la serata film horror con Michael.

THE FALCONER 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora