Capitolo 46- Dove sei?

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- Scommetto che é una cessa- asserí il mio coinquilino con tono alquanto irritante, facendomi salire alle stelle la voglia di mollargli una sberla

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- Scommetto che é una cessa- asserí il mio coinquilino con tono alquanto irritante, facendomi salire alle stelle la voglia di mollargli una sberla.

-Ma vai a fanculo, Harry- sbottai di tutta risposta, guardando il cellulare e cercando subito dopo una bottiglia di Coca Cola dal frigo, mettendomi seduto sul letto.

-Per darti attenzione deve essere sicuramente una dagli standard bassi... E le ragazze con gli standard bassi sono sempre quelle brutte. Insomma, i penosi si attirano a vicenda. Brutta con brutto. Bella con bello.-

-Se continui a parlare, giuro che inizio a prepararmi a prendere a calci quel tuo orrendo culo fino a farti arrivare sulla luna-

- Questo orrendo culo sarebbe capace di sedurre la tua 'cotta' in meno di due ore- disse piccato, accendendo la televisione e buttandosi sul divano letto su cui lui dorme.

Masticai così tanti insulti che decisamente feci indigestione, guardando parecchio male il ragazzo a me davanti.

Harry aveva capelli neri, rasatura, faccia da spaccone e vestiti interamente in pelle, coperto da scritte tatuate e con incisioni a filo spinato: era quel tipico cattivo ragazzo che tutte volevano, ovvio ...e che, altrettanto ovviamente, odiavo per questo.

Era invidia? In parte.

Era il fatto che mi dispiaceva osservare le ragazze che si lamentavano per il cuore spezzato? Anche, soprattutto perché sapevo come ci si sentiva.

-Bro', dovresti scoparti quella tipa prima che scappi- continuò -Anche perché sono sicuro che ce lo hai piccolo e che, brutta  o meno brutta, vedendomi, si pentirà di aver ceduto la sua probabile prima volta ad un anoressico-

A questo punto mi alzai in piedi, particolarmente scazzato, andando in bagno, ascoltando le sue risate stupide e fastidiose, cercando un secchio e riempiendolo d'acqua, nascondendolo dietro alla schiena.

Una volta rientrato in stanza, mi avvicinai particolarmente di soppiatto.

Avevo un passo leggero, forse per il mio essere "anoressico", cosa che non era affatto vera, anche se, okay, magari un po' sottopeso lo ero.

Arrivavo ai cinquanta chili a vent'anni, non ero esattamente l'esemplare più muscoloso ed in carne sulla faccia della terra.

Nel frattempo che io avanzavo, Harry stava ancora guardando la televisione, ridacchiando tra sé e sé, cosa che mi portò a alzare entrambe le sopracciglia per la seccatura.

Smise ben presto, grazie al cielo, nel momento in cui una secchiata d'acqua fredda gli finí addosso, portandolo a saltare in aria come un gatto spaventato.

-Ma che cazzo fai?!- urlò, guardandomi con espressione da ebete, gocciolante dalla testa ai piedi, con una pozza d'acqua che si allargava sul divano.

- Qualcosa che nettamente ti meritavi- asserii con una netta punta di soddisfazione -Dopotutto avresti dovuto stare zitto, ma hai continuato a parlare. Ora ne paghi le conseguenze. Fammi la cortesia di tacere o sono pronto a passare a gesti ancora meno simpatici-

Lui mise su un espressione alquanto stupida, cercando di mollarmi un calcio, ma senza centrarmi per il semplice fatto che guizzai fuori portata, girandomi e prendendo il telefono nuovamente in mano, afferrando anche la bibita.

-Torno tra le sei e le sette. Se ti azzardi a vendicarti, saprai bene che sono capace di infilare qualcosa nel tuo shampoo e a farti diventare calvo-

-Cretino- mi insultò

-Mi sa che stai parlando da solo- cercai le chiavi e le cuffie nel buco al centro della parete che io e Harry utilizzavamo come contenitore per ricordarci sempre dove le piazzavamo.

Avevo intenzione di infiltrarmi in un negozio di elettronica, solo per la curiosità di vedere cosa avrei trovato prima di dover riprendere a lavorare praticamente.

Erano passati quasi sei giorni, sei giorni in cui mi ero messaggiato con Chiara.

Inizialmente nei messaggi mi era sembrata parecchio allegra, soprattutto nel primo giorno, poi... Poi già dal secondo mi era sembrata strana, quasi incerta.

Al terzo era diventata fredda, al quarto parecchio in cerca di affetto.

Non avevo idea se quella ragazza fosse così tutti i giorni, ma iniziavo a preoccuparmi.

Uscii dall'appartamento, mandando un messaggio di saluto alla ragazza, sorseggiando in seguito la Coca dal collo della bottiglia, piazzandomi la musica nelle orecchie, mettendo così qualche canzone dei miei cantanti preferiti e sentendo quasi immediatamente se mi arrivava un messaggio di risposta.

Mi lasciai trasportare dalla canzone, prendendo a camminare quasi a ritmo della batteria, cercando di non sembrare troppo strano ai passanti, ma fregandomene alla fine se qualcuno mi guardava storto.

Lasciai scorrere lo sguardo su varie vetrine, incontrando prima una libreria, poi una gelateria ed infine la mia meta.

Televisori, telefoni, nuovi tablet: decisamente mi persi nel guardarli, studiandoli.

Notavo subito sia i pregi sia i difetti degli apparecchi: forse perché mi ingozzavo di volumi in cui venivano trattati nel dettaglio, libri anche di più case editrici, per cercare se qualcuno avesse scritto qualcosa di sbagliato che andava a contraddire qualcosa detto da un altro e così via.

Tendevo a faticare nel fidarmi a primo impatto, soprattutto della parola degli altri.

Rimasi lì per non seppi quanto, semplicemente lo feci fino a quando , di colpo, percepii il telefono che smetteva di produrre la musica che stavo ascoltando, per inondarmi di una suoneria che mi lasciò abbastanza sorpreso.

Presi in mano il telefono e la scritta che non potei non notare fu una: Chiamata da Chiara

Premendo il tasto, aprii la chiamata.

-Pronto?-

- L-L-Lysa... Lysander- la sentii balbettare dall'altro lato, con un tono che subito allertò la mia preoccupazione.

-Chiara? Cosa succede?-

Un singhiozzo.

Il silenzio che si protrasse fin troppo.

-Sono... Sono tutti morti!-

-Di che parli?- chiesi, letteralmente sbarrando le palpebre.

Iniziavo decisamente a preoccuparmi. E non poco.

Chi era morto?

-Li ho visti- singhiozzò -Nell'ultima. Li hanno uccisi tutti. Volevano uccidere anche me-

Ancora più confuso, cercai di trovare cosa dire, ma la realtà era che più ci provavo e meno capivo qualcosa.

-Dove sei?- chiesi - Chiara, dimmi dove sei.-

Lei singhiozzò ancora per poi sussultare appena quando di sfondo si udí un tonfo.

-Coral... - un verso, non dissimile ad un lamento spaventato - Aiutami!-

La chiamata si chiuse di colpo e l'unica cosa che feci per qualche secondo fu elaborare ciò che avevo sentito, per poi iniziare a correre.

Ventiquattr'oreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora