Capitolo 27- Non ho parole

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Il sangue

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Il sangue.

Vedevo solo e soltanto sangue davanti a me.

Scorreva dalla sua bocca, dalla ferita spalancata attorno all'asta metallica che lo attraversava da parte a parte, crollando a terra, mentre tutto sfarfallava ancora una volta.

Mi ritrovai a tremare, mentre il sapore di vomito mi saliva lungo la gola, impossibile da frenare.

-Ni... Nicho...-

E la scritta del Game Over riapparve, tremendamente distruttiva, così tanto che mi lasciai cadere a terra, ritrovandomi di nuovo alla schermata delle route.

Una sedia delle cinque presenti era nuovamente attraversata dalla X rossa.

Mi portai le mani al volto, faticando perfino, sentendo il mio stomaco piegato su se stesso.

Un moto di rabbia, di irritazione pura, insieme a dolore, di nuovo.

-Chi...-

Mi tremò la voce e non solo.

Decisamente non solo la voce mi tremò.

Il mio corpo non stava fermo.

-Chi cazzo ti ha detto che mentivo?! - urlai, trovandomi a fissare il vuoto, mentre il respiro mi usciva e mi entrava dai polmoni come fuoco.

Non c'era soffitto sulla mia testa.

Solo il nulla più assoluto, un niente tremendo che era anche peggio di uno spazio ristretto e con poco ossigeno.

Mi sentivo piccola rispetto a quel nulla, inerte, fragile e ferita.

-Chi? Eh? Rispondimi! Pretendi di essere nella mia testa? Pretendi di sentire quello che sento?!-

Mi strinsi le braccia attorno al petto, cercando di non gettarmi in un pianto a dirotto.

-Cosa ho sbagliato? Eh? Dimmelo, porca puttana!-

Lanciai la borsa a terra, stringendo i pugni, mentre gli occhi bruciavano ancora come non mai, andando a ripiegarmi su me stessa, appoggiando la testa al terreno e tentando di trattenere i singhiozzi che, dispettosi e disperati, premevano per uscire insieme a quelle stupide lacrime che non riuscivo assolutamente a ricacciare.

-Scegli la prossima route-

-Fanculo, voce robotica di merda, dammi delle spiegazioni! Non giocherò ancora se non... Se non mi dirai cosa ho fatto di sbagliato!- altre lacrime presero a crollarmi sulle mani, silenziose, mentre tutto sembrava sbagliato, dannatamente sbagliato.

Non giunse nessuna risposta di quelle che io volevo, nessuna, solo un ennesimo -Scegli la prossima route- che mi portò ad urlare.

Urlare tutto il fiato che avevo nei miei polmoni.

Urlare fino a essere come un peso morto, sdraiato a terra, sentendo la freddezza del pavimento sotto di me e una sorta di buco nel petto che non si chiudeva, non si chiudeva affatto, per nulla sistemato dalle mie lacrime e soprattutto non dalle mie grida di disperazione.

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