Capitolo 75- Sembravamo dei calzini bagnati

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Un respiro

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Un respiro.

Un altro.

Un altro ancora, accompagnato da un leggero ansimare.

Erano i miei, di respiri?

Forse sì, forse no, strano ma vero ero davvero incapace di capirlo.

C'erano solo quelli, o almeno, quasi solo quelli.

Quasi, siccome mi ritrovai a fissare un immagine precisa: un soffitto.

Un soffitto che sembrava venire costituito da dei pixel, i quali si sommavano gli uni con gli altri, aggiungendosi frettolosamente come in uno strano mosaico.

Per un attimo mi sembrò che uno dei piccoli quadrati fosse di un colore diverso: se alcuni erano marroni, quello era bianco... e subito dopo averlo visualizzato con sicurezza ed in maniera abbastanza chiara, ricevetti una sottospecie di scarica elettrica, la quale mi corse lungo la spina dorsale in maniera terrificante, tanto che se avessi avuto la forza o la capacità di urlare, lo avrei fatto.

Era come se avessi visto troppo, come se quel quadrato fosse altrove e in partenza avrei dovuto evitare di posarvi sopra lo sguardo.

Il perché era sicuramente una bella domanda, ma la risposta non era destinata a raggiungere la mia mente.

E di nuovo il nero ad occupare la mia testa, di nuovo quello strano, inquietante respirare che procedeva lento e vago.

Incombeva, si concludeva per qualche istante, riprendeva, ritornava a finire, con quell'ansito rantolante che sapeva di vuoto che lo accompagnava, spezzando il silenzio.

Per qualche motivo, sapeva anche di metallico, come se avessi qualcosa di tale sostanza ficcato in gola, che mi premeva contro il pomo d'Adamo.

Un conato salí spontaneo, dipinto da una nausea che, spiacevole, andava ad aggrapparmisi allo stomaco, senza mollare la presa e che lo rivoltava, non dando però la piú piccola possibilità di buttare fuori, rimanendo così lì, incastrato nel ventre, risultando dannatamente opprimente.

Ed il freddo che mi assaliva, arrampicandosi lungo il mio corpo, percorrendolo da testa a piedi, semplicemente si aggiungeva, tremendo in ogni sua sfumatura.

Sembrava quasi che mi scuoiasse, che irrigidisse e annullasse ogni sensazione, praticamente congelando tutte le precedenti e svuotandomi, neanche stessero utilizzando un cucchiaio.

Tra buio, freddo e metallo, a tratti mi sembrava di essere morto o, comunque, siccome ero ancora capace di pensare, anche se non lucidamente come avrei voluto, mi pareva di esserci molto vicino.

Troppo vicino, quasi ad un passo dal burrone.

Mi immersi per l'ennesima volta nell'acqua, ma purtroppo non riuscivo a vedere nulla al di sotto del liquido trasparente, il quale ci aveva ormai raggiunto il petto

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Mi immersi per l'ennesima volta nell'acqua, ma purtroppo non riuscivo a vedere nulla al di sotto del liquido trasparente, il quale ci aveva ormai raggiunto il petto.

Lysander aveva ripreso a sbttere la spalla e a mollare calci alla porta, inoltrandosi a volte insieme a me per cercare ancora il tubo, ma più o meno con gli stessi risultati.

Zero.

Zero era il numero di cose che avevamo ottenuto nei tentativi, fino ad ora.

Ogni volta che uno dei due finiva la propria azione, l'altro chiedeva qualcosa ed il primo vi rispondeva rapidamente: era un modo particolare per non sentire la tensione che pareva salire insieme all'acqua, procedendo sempre più veloce.

Un attimo prima era in un punto, un attimo dopo aveva finito col salire di almeno mezzo centimetro.

Ciò che ci chiedevamo potevano essere anche domande stupide, erano le prime cose che ci passavano per la testa, domande come 'hai un secondo nome' o 'in quale materia andavi meglio a scuola' , ma oltre al fatto che occupavano sia la sua mente che la mia, scacciando i brutti pensieri o la incessante preoccupazione che, altrimenti, mi avrebbe annegato lo stomaco, riuscivano anche ad aumentare la mia determinazione.

Forse era dovuto al fatto che volessi conoscerlo maggiormente, anche perché più lati di lui scoprivo e più volevo scoprirne, forse al fatto che non volevo accettare l'idea di vederlo morire...

Non avevo idea del motivo originale, insomma, ma non importava... non quando entrambi sembravamo dei calzini bagnati e cercavamo uno stramaledetto modo per sfuggire a quella situazione che, a breve, sarebbe diventata disperata a dir poco.

In quelle domande che ci eravamo fatti, avevo imparato qualcosa in più su di lui: a quanto pareva, diversamente da tantissime persone, odiava il sushi e in generale quasi tutti i cibi crudi, il suo reale colore preferito era l'indaco, gli sarebbe piaciuto fare scherma, anche se non ci aveva mai provato, ed era allergico al polline.

Uscii dall'ormai lago formatasi attorno a noi, riprendendo fiato, rispondendo alla domanda che in seguito lui mi porse.

In seguito alla sua richiesta, il corvino diede un ennesima spallata alla porta, provocando un tonfo e quasi perdendo l'equilibrio nel frattempo.

-Tutto ok?- feci subito, vedendolo appoggiarsi di schiena alla porta.

Lui annuí in maniera quasi non distinguibile, inizialmente boccheggiando come un pesce fuor d'acqua -Devo solo... Riprendere un po' di aria. Mi fa male ovunque-

-Tra tutti gli sbattere, i calci e le ferite, mi sorprenderei se non fosse così-

-Beh, alle ferite ci sono abituato- concluse lui, rimettendosi in posizione eretta, mentre io tornavo ad andare al di sotto del livello dell'acqua, seguita da lui.

Vi era buio pesto, a malapena scorgevo il leggero brillare del metallo, così leggero che mi veniva spontaneo chiedermi come facessi a vederlo.

Cercavo delle bolle, anche solo un accenno di corso che poteva sbucare da qualche parte, però... Seppur avessi cercato in lungo e largo, da dove uscisse il liquido rimaneva un plateale punto di domanda che decisamente non sembrava disposto a risolversi facilmente.

A guardare in quel nero seppia che mi circondava, più che osservarmi attorno, mi sembrava quasi di star dormendo ad occhi aperti.

Ritornai con la testa al di fuori solo quando l'ossigeno prese a mancare, proprio come tutte le volte in cui lo avevo fatto in precedenza.

Lysander salí non troppo tempo dopo, sbuffando contro i suoi stessi capelli che erano tornati ad attaccarsi ai suoi occhi nel momento in cui era uscito dal liquido cristallino.

Per qualche strano motivo, nessuno dei due si mosse dopo quel momento, furono dei secondi in cui semplicemente rimanemmo  a guardarci in silenzio, lui che alzava la testa in direzione del soffitto per poi riguardarmi, io che mi mordicchiavo il labbro per il nervosismo, strappandomi pellicine fino a farmelo sanguinare.

L'acqua non voleva rallentare nel suo salire e questo era più che evidente, anche perché dal livello petto, ci aveva raggiunto le spalle.

L'acqua non voleva rallentare nel suo salire e questo era più che evidente, anche perché dal livello petto, ci aveva raggiunto le spalle

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