Capitolo 139- Pare

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Ero andata a visitare i miei

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Ero andata a visitare i miei.

Lo avevo fatto per due motivi :

Uno, lo avevo promesso a loro ed avevo già tardato la cosa per via della situazione ospedale, quindi in un certo senso dovevo per forza.

Due, sarebbe stato un buon modo per non pensare a Lys ogni stramaledetto secondo e a sentirmi perciò preoccupata da fare schifo, siccome era dallo psicologo per via di ciò che era accaduto - che tra parentesi, all'inizio mi aveva fatto venire un vero e proprio accidente, anche perché non me lo sarei mai aspettata... Ed in seguito non ero riuscita a non insultare me stessa perché non avevo notato nulla prima dell'avvenimento -.

Parzialmente sapevo che non era colpa mia, ma allo stesso tempo, solo ricordare l'espressione quasi vuota del corvino dopo il ribaltamento mi aveva parecchio scombussolata... E perfino di più lo aveva fatto il semplice dettaglio che era rimasto in completo silenzio per praticamente tutto il giorno.

Non riuscivo ad approcciare il motivo, mentalmente : avrei voluto capirlo al volo, ma anche solo una piccola idea, un minuscolo indizio... Era a mille miglia dal mio cervello... E questo mi disturbava.

Lo faceva perché non potevo aiutarlo, non in questo argomento, perché se lui non ne parlava, io non potevo averne la più pallida idea.

Certo, poiché era una persona che sapeva essere parecchio melodrammatica, vi era una percentuale che mi diceva che appunto doveva avere un tipo di pensiero contro se stesso, ma, in ogni caso, il suo cervello ed il mio parevano funzionare in maniera totalmente diversa per moltissime cose, quindi non avevo assolutamente delle certezze base.

E dunque sì, mi ritrovavo dai miei, cercando di concentrarmi su di loro e non su Lys, fallendo praticamente ogni tre per due.

Certo, apprezzavo vedere mamma di buon umore, di ascoltarla parlare, di sentire i suoi affettuosi abbracci, quelli che mi mancavano da tempo, nonostante non me ne fossi mai davvero resa conto, di vedere i suoi occhi castani illuminarsi e brillare mentre sorrideva.

Apprezzavo le battute scherzose di mio padre e delle mezze critiche nei confronti della cucina americana - dopotutto era lui l'italiano e lui quello che mi aveva fin dall'infanzia acculturata su quale fosse la vera pizza - e ruotavo gli occhi al cielo, ridacchiando , ogni volta che gettava fuori una delle sue freddure - erano più o meno sempre le stesse, poco spesso ne cacciava una nuova fuori .  A tratti me le ricordavo a memoria, perfino -.

Sul serio, era come se la distanza avesse riaperto positivamente le nostre relazioni . Ero felicissima di rivederli, sembrava quasi passata un eternità dall'ultima volta.

Eppure... Era come se il mio cervello stesso complottasse contro di me, cacciando fuori il corvino ogni qual volta che posavo lo sguardo su qualcosa o che magari un discorso si interrompeva.

Era normale, come cosa, almeno?

Forse sì, forse no.

In ogni caso stava diventando una cosa comune per la mia testa, rielaborando scene come appunto quella in cui mi aveva praticamente accarezzato per spostarmi una ciocca di capelli.

Un po' per la vicinanza, un po' per il tocco, la sequenza era letteralmente impossibile da rimuovere e... Più si ripeteva nella mia testa, più mi imbarazzava ed in contemporanea mi invitava a chiedere un altro contatto del genere.

Ma ovviamente, seppur vi sperassi, seppur il mio istinto mi dicesse, quasi suggerendolo, che avrei potuto averne un secondo se soltanto lo avessi chiesto a voce, sentivo che avevamo fatto un passo all'indietro in quel qualunque tipo di rapporto che avevamo.

Ed ovviamente vi era stata la domanda di mia madre a spaccare tutta la rete dei miei pensieri che si formava e si distruggeva per poi ricomporsi altrettanto velocemente , una domanda che all'istante mi aveva messo a disagio, facendomi arrossire più di un peperoncino maturo, tanto da coprirmi la faccia con le mani, le guance che mi andavano a fuoco.

-In ogni caso, Natty... Hai trovato un fidanzato?-

La domanda mi aveva quasi fatto sputare l'acqua perfino - poiché ovviamente mi avevano offerto di tutto e di più, ma io avevo accettato soltanto un bicchiere d'acqua o due, sennò di sicuro avrebbero aperto bottiglie chiuse solo per l'occasione e me la avrebbero fatta portare a casa -.

Già, quasi sputare, ma di certo era riuscita a farmela andare di traverso, tanto da soffocarmi e tossire per buoni cinque minuti di fila.

La mia risposta era stata una negazione tramite scuotere di capo ed un cercare di ignorare la vaga tristezza generale di mamma.

E della mia, di tristezza.

Soprattutto la mia, contando la mia netta attrazione per Lysander e la corrente difficoltà, più la paura di sembrare strana se avessi provato anche solo ad annunciare tale sentimento.

Magari lo avrebbe infastidito, in qualche modo, spaccando totalmente il possibile accenno di rapporto?

Si sarebbe sentito a disagio a vivere sotto lo stesso tetto con una persona che provava sentimenti per lui? - perché poteva anche essere, dopotutto. Come poteva essere che tutti i pensieri che mi ruotavano per il cervello fossero semplicemente delle stramaledette pare, di quelle che mi facevo costantemente su specifiche situazioni -

O magari li ricambiava, questi miei sentimenti?

Sì? No? Forse? Cinquanta e cinquanta ?

Dall'atteggiamento che aveva avuto nella scena della carezza, mi faceva sperare in qualche cosa, anche perché un gesto simile era di certo affettuoso, non era una cosa che si faceva ad una persona come tante... Ma che tipo di affetto era?

Fraterno, quasi? Di amicizia? Connessione per il sentirsi debitore per il fatto che lo avevo salvato? O del mio stesso tipo di affetto?

Temevo di star correndo con l'immaginazione e questa paura mi stringeva lo stomaco senza limiti.

"Non ho mai voluto così tanto poter staccare il cervello, dannazione. Non c'è un tasto on-off da qualche parte? "

Il pensiero dell'on-off mi fece pensare ai computer. Il computer mi fece pensare ai videogame. Ed ovviamente ormai a pensare anche solo ai giochi elettronici mi saliva una vaga sensazione di nausea - non più di vera e propria eccitazione, come invece mi sarebbe capitato quattro mesi fa - e soprattutto di rabbia, mista alla voglia ancora accesa di mollare una sberla a Maximilian Grimm.

Nella mia immaginazione, lo avevo fatto così tante volte da perdere il conto, sul serio.

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