Capitolo 43- Non farlo

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Le mie braccia vanno da sole, prendono a far scivolare ogni cenno di benda, mostrando le ferite più gravi che fortunatamente hanno smesso di sanguinare

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Le mie braccia vanno da sole, prendono a far scivolare ogni cenno di benda, mostrando le ferite più gravi che fortunatamente hanno smesso di sanguinare.

Mi guardo attorno, trovando la doccia ed uno specchio poco lontano in cui mi ritrovo a fissarmi.

"Sembro uno spaventapasseri" penso, andando poi a levarmi la maschera davanti alla bocca, ma senza guardarmi più.

Sono completamente nudo dalla testa ai piedi e la sensazione di freddo mi si insinua nelle ossa come un pugnale gelido che toglie il respiro.

Mi avvicino alla doccia: é da un bel po' che non ne ho vista una dal vivo.

Mi limito ad aprire il rubinetto e a tirare la tenda una volta entrato, mettendomi seduto sul fondo di essa.

Non mi piace stare in piedi nella doccia: mi fa sentire scoperto.

Se me ne sto invece in basso, posso sentirmi già più al sicuro, per quanto poi risulti complicato rimettermi in piedi.

Prendo sia lo shampoo, sia il docciaschiuma semplicemente allungando la mano verso quella sorta di muretto a cui sono appoggiati e mi ritrovo a strofinare a destra e manca, partendo prima dalle spalle, rabbrividendo ad ogni tocco.

Dopo aver proceduto con tutto il corpo, passo ai capelli e lo shampoo mi scivola negli occhi che, all'istante iniziano a bruciare e a lacrimare leggermente per il fastidio.

Impreco, andando a cercare il muretto per tirarmi su, sperando di trovare rapidamente anche il rubinetto seppur con gli occhi chiusi.

Fatico per non so quanto prima di trovarlo e finalmente l'acqua si interrompe.

Seguo il muro, cercando di visualizzare mentalmente l'immagine della stanza in cui sono per poter trovare l'asciugamano.

Lo trovo e subito me lo piazzo in faccia, strofinandolo contro le palpebre per rimuovere la sensazione aspra all'interno.

Quando accade, torno a cercare la mascherina e a piazzarmela sulla bocca.

Cerco delle bende nuove, ma in questo bagno non ce ne sono.

"Acc... Neppure un cerotto o due? Non faranno molto con questi mostri ma sempre meglio di niente. Proprio no?"

Apro diversi mobili, ma tutto ciò che trovo é un phon, una piastra, dei pettini di varie dimensioni, altri asciugamani e... Decisamente altra roba inutile che non  c'entra nulla con un maledetto kit di pronto soccorso.

Mi arrotolo l'asciugamano alla vita, facendo sporgere leggermente la testa nel momento esatto in cui sento la rossa uscire dall'altro bagno.

Nel momento in cui mi nota, lei sobbalza leggermente, dettaglio che mi fa roteare gli occhi.

-Scusami- dico con voce piatta -Potresti per favore allungarmi delle bende o dei cerotti? Qui non ce ne sono-

-Uhm. Eh. Okay- risponde lei, quasi tra degli scatti che mi ricordano dei saltelli.

Lei torna di nuovo nel bagno, facendone capolino dopo un po' con in mano un grosso contenitore marrone leggermente aperto che mi fa vedere la scritta 'disinfettante'.

Apro la porta di più, permettendole di darmelo.

Mentre lo faccio, vedo che lei sta cercando di non guardarmi, ma che allo stesso tempo finisce con il farlo, probabilmente dopo aver visto il brutto ematoma che ho sul braccio.

-Quello...- inizia, facendo per allungare leggermente la mano, cosa a cui mi ritraggo immediatamente.

-Non- cerco di trovare la maniera più educata per dirle di non toccarmi, non tanto perché la odi o robe del genere, ma perché essere sfiorato non fa altro che aumentare la tensione e fare un salto in questo momento, con le ferite tutte scoperte , non sarebbe il massimo: magari ne riaprebbe pure qualcuna -... Farlo- concludo, prendendo fiato.

Lei si riprende, appoggiando dunque il kit davanti a me e girandosi in fretta e furia, scivolando nella stanza dell' incontro che mi aveva indicato in precedenza.

Sollevo dunque il kit, tornando a chiudere la porta e aprendo per vedere il contenuto.

"Tutto quello che potrei sperare" penso, vedendo una scorta di materiali di cura che decisamente sono ciò di cui in questo momento non potrei fare a meno.

Prendo le prime bende e subito inizio ad avvolgerle alla mia vita in maniera parecchio stretta, talmente tanto da irrigidirmi e farmi respirare a malapena.

Passo al medicarmi le braccia, lasciando che la stoffa particolare cancelli dalla vista ogni centimetro di pelle in esse, piazzandomele perfino sulle mani.

Avvolgo perfino qualche parte delle gambe e poi chiudo il kit, andando a caccia di maglia, jeans, intimo e stivali.

Mi rivesto completamente, scivolando fuori dal bagno ed entrando nella stanza in cui vi é la rossa.

Lei è lì, ad aspettarmi con le braccia incrociate e lo sguardo puntato al terreno, con le dita che battono sulla pelle con un ritmo disperso e poco regolare.

Mi avvicino, seppur non di troppo, guardandomi attorno.

"Non mi sembra di vedere niente di sospetto... Che voglia davvero ascoltarmi? Mi sarei aspettato che nel tempo della scusa da hai bisogno di un bagno si mettesse a tirare fuori un piano. Davvero niente?..." Continuo ad osservare, mordicchiandomi l'interno della guancia "Che io abbia sospettato troppo di lei? Che voglia ascoltarmi? O c'è altro sotto? Cosa devo pensare?"

-Mettiti pure seduto- mi dice lei, improvvisamente guardandomi di nuovo, cosa che mi turba parecchio -Devi iniziare col tuo racconto e tutto-

La osservo, ma poi, sospirando, annuisco, mettendomi sulla superficie di quel divano che subito mi fa sentire a disagio.

Morbido.

Troppo morbido per i miei standard.

-Quindi vuoi davvero ascoltare- dico, risultando parecchio scettico, per poi vederla annuire senza dare cenni di negatività.

"Cosa diavolo é successo nel mentre che facevo la doccia? É così diversa tutta di colpo. Non ha senso"

Inizio a sentirmi nervoso, ma prendo un respiro ed inizio a parlare.

-Mi avevi detto che era impossibile che una persona venisse intrappolata in un gioco... Beh, posso assicurarti che invece è possibile. Questo perché i creatori del gioco, quattro anni fa, poco dopo aver finito di sviluppare l'idea del videogame e la realtà aumentata in sé, crearono una macchina che permetteva loro di entrare interamente in questo gioco, non con un casco che ti coinvolge solo la mente, ma con l'intero corpo- faccio una pausa, guardando la ragazza che mi osserva, ascoltando attentamente -Se la domanda ti sale sul 'come fai a sapere di questa costruzione', la risposta è ovvia. Sono uno dei lavoratori che ha partecipato alla costruzione del videogame.-

Ventiquattr'oreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora