Capitolo 23

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I due fratelli si misero vicino alla porta, comunque lontani da orecchie indiscrete. Jonathan si appoggiò appena alla porta, incrociando le braccia al petto e fregandosene delle pieghe che quei vestiti avrebbero potuto prendere; al contrario di come aveva fatto per tutta sera. Era il massimo con cui avrebbe potuto fare trasparire la sua rabbia e incuranza di tutto, in quel momento.

<Ho notato e sentito il discorso che hai avuto con Ylenia... ne hai cantate quattro a quella gallina...> iniziò Emma, lodandolo, cercando così di renderlo più invogliato al parlare. In quel caso, però, era sinceramente dalla parte del fratello: sapeva che era successo e odiava a sua volta quella stupida modella.
<Di che vuoi parlare, sul serio?> chiese il castano diretto, fissando la sorella con quello sguardo assottigliato che faceva rabbrividire tanti, ma non lei.
La donna, scoperta in quel senso, ma ricoperta dal suo lungo vestito nero, mise le mani sui fianchi, parandosi meglio davanti al fratello; appoggiando di più il peso sulla gamba destra e perciò era più sporta con il bacino verso quel lato.
<Era da sei mesi che non ci vedevano e non ci parlavamo. Ancora una volta hai ignorato tutte le mie chiamate, i miei messaggi e le mie email in questo periodo di tempo.> puntualizzò lei.
<Te l'ho detto anni fa e te l'ho ripetuto tutte le volte che è capitato questo discorso. Cosa non capisci della frase "D'ora in poi per me non esisterai nella mia vita, per me non sei più mia sorella. Forse in società lo accetterò contro voglia."? Cosa è difficile capire?! Il messaggio è chiaro: non ti voglio.> fece acido il castano, alzando gli occhi al cielo.

Ogni volta che capitavano occasioni del genere era la stessa storia. La sorella provava a ricreare un rapporto ma lui lo impediva: all'inizio era solamente perché era convinto che fosse la cosa giusta dopo quello capitato, ma mano a mano negli anni quel senso di "è giusto così" si era affievolito, facendo entrare in gioco l'orgoglio e l'abitudine di comportarsi così. Piuttosto che rischiare qualcosa ed esporsi, preferiva rimanere nella situazione di stallo nella quale era. Lo sapeva pure lui che non era un atteggiamento maturo ma gli andava bene così... perché cambiarlo?

<Jonathan... siamo ancora a quei livelli?> quasi si esasperò lei mettendo il pollice e il medio della mano sinistra sulle due tempie, appoggiando la parte di mano compresa fra le due dita sulla fronte, facendo una sorta di visiera con il resto delle dita. Sembrava quasi sul limite di un crollo. Però si riprese subito, ricordandosi dove fosse e con chi, rimettendo la mano sul fianco.
<Stanca, mia cara sorellona?> ridacchiò in scherno il cacciatore, mentre fissava la situazione poco più in là.

Ancora qualche minuto e sarebbe arrivato i cappotti suo e del suo kitten e di sicuro, appena sarebbero arrivati, sarebbe voluto andarsene. Fece vagare un attimo lo sguardo sulle persone e sul suo sottomesso, mentre la sorella provava a ribattere qualcosa di sicuramente futile.
E sentì la rabbia invaderlo vedere Thomas conversare e tenere un leggero sorriso sincero sulle labbra mentre parlava con una kitten dai capelli neri e gli occhi scuri, per quanto vedeva. Voleva quasi andare lì ed interromperli: Thomas era solo suo e nessuno che non tollerava aveva il diritto di anche solo rivolgergli un ciao.
Scosse la testa mentre la sorella gli schioccava le dita davanti agli occhi, richiamando la sua attenzione. Si disse che era un cretino: come mai si era arrabbiato per quella sciocchezza? Perché avrebbe voluto quei sorrisi sinceri un pochino anche per sè?

<Mi sono distratto per la noiosità dei tuoi discorsi, sorella. Comunque sbrigati a dirmi quello che devi e finiamola qua.> sbuffò il cacciatore, decidendosi a volgere lo sguardo altrove dal moro.
Gli occhi castano scuro di lei seguirono quel suo movimento e decretò, senza giri di parole: <Tieni a quel kitten e gli vuoi una certa sorta di affetto, o almeno gli dai interesse.>
Jonathan per poco non si strozzò con la propria saliva. <Cosa staresti insinuando, scusa?!> levando stupidamente la sua stessa corazza. Sgranò gli occhi ed espresse quel pensiero con voce leggermente tremante, o comunque con una certa umanità e non semplice freddezza.
Emma si passò una mano fra i capelli ramati, sfoggiando un sorrisetto di vittoria.

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